Caratteristiche
Gli stafilococchi sono cocchi gram-positivi e catalasi-positivi, generalmente disposti in aggregati irregolari, a grappoli (il nome deriva infatti dal greco staphylé, grappolo). L’habitat naturale in cui normalmente vivono gli stafilococchi è costituito dalla cute dei mammiferi. Sono attualmente riconosciute una quarantina di specie stafilococciche ma è chiaro che il loro numero è molto più elevato.
Gli stafilococchi si possono distinguere in due specie, caratterizzate da colonie aurate (Staphylococcus aureus) e una da colonie bianche o non pigmentate (Staphylococcus albus).
Gli stafilococchi sono tradizionalmente considerati parte della famiglia delle Micrococcaceae.
In generale:
- La produzione di catalasi distingue gli stafilococchi da molti altri cocchi gram-positivi (come streptococchi ed enterococchi);
- La produzione di coagulasi differenzia lo S. aureus dalla altre specie stafilococciche umane (stafilococchi coagulasi-negativi, CoNS);
- Gli stafilococchi sono aerobi-anaerobi facoltativi;
- Sono tipicamente alofili, potendo svilupparsi senza problemi in presenza di elevate concentrazioni saline;
- Oltre che fra i più comuni commensali (soprattutto a livello cutaneo), gli stafilococchi sono tra i più frequenti patogeni dell’uomo.
Filogenesi
Dominio | Prokaryota |
---|---|
Regno | Bacteria |
Phylum | Firmicutes |
Classe | Cocchi |
Ordine | Coccaceaes |
Famiglia | Staphylococcaceae |
Genere | Staphylococcus |
Specie | S. aureus |
Morfologia delle colonie
L’aspetto delle colonie su un normale terreno solido di coltura può indirizzare verso una diagnosi appropriata. Le colonie di stafilococchi appaiono generalmente pigmentate, spesso emolitiche. La pigmentazione è dovuta alla produzione, nella maggior parte dei ceppi di S. aureus, di un pigmento carotenoide di colore variabile dal giallo oro al giallo-arancio.
L’esame microscopico evidenzia cocchi gram-positivi tipicamente disposti a grappolo.
Patogenesi
Staphylococcus aureus provoca malattia mediante:
- Produzione di tossine;
- Invasione diretta e distruzione dei tessuti.
S. aureus produce una grande varietà e quantità di sostanze solubili (esotossine, esoenzimi) che libera nell’ambiente extracellulare.
Le esotossine comprendono:
- Citotossine (emolisine alfa, beta, gamma, delta e leucocidina);
- Enterotossina;
- Epidermolisina;
- Tossina dello shock tossico.
Gli esoenzimi comprendono:
- Coagulasi e catalasi;
- Fosfatasi;
- DNasi;
- Lipasi;
- Proteasi;
- Ialuronidasi;
- Stafilochinasi;
- Enzimi batteriologici;
- Beta-lattamasi.
Staphylococcus aureus è un batterio dotato di una potenzialità patogena molto elevata, che deriva dall’insieme di una varietà di componenti strutturali e dalle numerose sostanze solubili, sopracitate, che produce. Sono soprattutto le tossine che, nel loro insieme, contribuiscono in modo marcato all’aggressività di certi ceppi particolarmente virulenti. A queste va aggiunta la capacità di S. aureus di sviluppare antibiotico-resistenze (vedi MRSA), la quale ha un ruolo cruciale nel renderlo un patogeno di successo.
Tra le patologie più importanti causate da S. aureus, ricordiamo:
- Le stafilococcìe, le comuni infezioni di S. aureus. Possono avere sede e gravità variabili, potendo interessare qualsiasi organo ed apparato.
- Le tossinfezioni alimentari, dovute all’ingestione di alimenti contaminati. Le manifestazioni cliniche insorgono di regola bruscamente a poche ore di distanza dall’ingestione degli alimenti contaminati, con sintomi sia generali (febbre) sia locali (vomito, diarrea), che tendono a risolversi spontaneamente in tempi relativamente brevi.
- La sindrome della cute scottata o malattia di Ritter (SSSS), con la quale si comprende una varietà di quadri clinici caratterizzati da eritema, epidermolisi ed esfoliazione degli strati superficiali dell’epidermide.
- La sindrome dello shock tossico (TSS), determinata da una tossina (la TSST-1) che diffonde per via ematogena da un focolaio di partenza. È una sindrome acuta, grave, caratterizzata da febbre, ipotensione, eritrodermia desquamativa e vari sintomi d’organo.
Metodi di identificazione
Per l’esatta identificazione di S. aureus si possono effettuare diverse tipologie di esami di laboratorio:
- Esame microscopico
- Esame colturale
- Test sierologici
- Test biochimici
Attraverso l’esame microscopico, si può identificare S. aureus iniziando con la colorazione di Gram e successivamente attraverso la morfologia delle colonie.
L’esame colturale ci permette un ulteriore identificazione attraverso la morfologia delle colonie su piastra. In particolare, gli stafilococchi crescono rapidamente (in circa 24 ore) su terreni non selettivi sia in condizioni aerobiche che anaerobiche. Formano colonie lisce e grandi ed appaiono dorate soprattutto quando la coltura è eseguita a temperatura ambiente. Normalmente producono emolisi su agar sangue. Questa è dovuta all’azione di citotossine prodotte dai batteri, in particolare la
tossina α.
Se è prelevato un campione che contiene più batteri, può essere isolato su terreni solidi contenenti cloruro di sodio al 7,5% e mannitolo, il quale è fermentato da S. aureus ma non dagli altri stafilococchi.
In alcuni casi si può risalire a S. aureus attraverso test sierologici andando a ricercare la presenza di anticorpi per acidi teicoici della parete cellulare.
Questi però non sono molto affidabili nel caso di infezioni di ferite o osteomielite stafilococcica, poiché le infezioni locali non stimolano una risposa immunitaria umorale.
Per differenziare S. aureus dagli altri stafilococchi si possono usare anche test biochimici come:
- Test della coagulasi
- Proteina A
- Nucleasi termostabile
- Fermentazione del mannitolo
- Test della catalasi
- Gallerie API Staph
Inoltre il test dell’antibiogramma e la biotipizzazione sono utilizzati nella maggior parte dei laboratori per identificare i ceppi batterici.
Terapia
Ad oggi, circa il 30-50% dei ceppi di S. aureus sono ceppi meticillino-resistenti, capaci cioè di resistere alla meticillina, capostipite delle penicilline penicillinasi-resistenti. I ceppi MRSA sono resistenti non solo a quest’ultime ma anche a tutti i β-lattamici.
Fino a poco tempo fa, l’unico antibiotico capace di eludere la resistenza alla meticillina, era la vancomicina. Tuttavia sono stati identificati anche dei ceppi di S. aureus resistenti alla vancomicina, mediante modificazione della densità e della permeabilità della membrana.
Un nuovo approccio al trattamento di malattie da stafilococchi è dato dall’utilizzo di anticorpi monoclinali contro il sito di legame alle proteine di adesione superficiali. Poiché sono determinanti nella colonizzazione, l’inibizione del legame può impedire le adesioni. Nell’uomo, tuttavia, non ne è ancora stata dimostrata la validità.
Fonti:
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- Corso di batteriologia – www.bluejayway.it
- Principi di microbiologia medica di G. Antonelli, M. Clementi, G. Pozzi (a cura di), 2017.
Fonti immagini:
- Bacterial Infections and Immunity
- Riley Lab
- Flickr – Medical Microbiology
- Visiteiffel – smallbutcool
- Biotecnologiesanitarie
- bioMérieux Italia
- Fediel
- IZSalimenTO – Portale Sicurezza Alimentare
Autore: Salvatore Gemmelaro, aggiornato il 27/07/19 da Francesco Centorrino
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