I pesci pagliaccio sanno contare

I pesci pagliaccio della specie Amphiprion ocellaris sono in grado di contare fino a tre. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienza e Tecnologia di Okinawa (OIST) in Giappone. Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Experimental Biology, i pesci pagliaccio sanno contare. Infatti, riconoscono il numero di strisce di altri pesci pagliaccio, anche se di specie diverse.

Esistono 28 specie di pesce pagliaccio riconoscibili proprio dal numero di strisce bianche della livrea. Ad oggi, si conoscono specie con un numero di striature bianche che varia da zero a tre. Queste sono importanti per il riconoscimento tra gli individui.

Secondo i ricercatori giapponesi, A. ocellaris (che ha tre strisce bianche) riconosce un altro pesce pagliaccio grazie al numero delle sue strisce. Ma non finisce qui. Infatti, attacca più frequentemente esemplari che hanno il suo stesso numero di strisce bianche e quindi appartenente alla sua stessa specie.

Pesce pagliaccio: il pesciolino più amato dai bambini (e non solo)

Il pesce pagliaccio è sicuramente il pesce più famoso del mondo grazie al film d’animazione ‘Alla ricerca di Nemo’. E si, mi riferisco proprio al pesciolino Nemo. Tutti conoscono la sua livrea arancione con le strisce bianche e nere.

Può arrivare ad una lunghezza di 9 centimetri e il maschio è sempre più piccolo della femmina. È un pesce sedentario. Infatti, ha grandi pinne arrotondate adatte solo a piccoli spostamenti. Si ciba di plancton e alghe e può vivere fino a 12 anni.

È chiamato anche pesce anemone perché vive in simbiosi mutualistica con alcune specie di anemoni di mare, al cui veleno è immune. Grazie al veleno, gli anemoni proteggono i pesci pagliaccio dai predatori e loro li ripuliscono dai parassiti.

I pesci pagliaccio vivono in simbiosi mutualistica con gli anemoni di mare e sanno contare fino a tre.
Figura 1 – I pesci pagliaccio vivono in simbiosi mutualistica con gli anemoni di mare e sanno contare fino a tre. [Fonte: pixabay.com]

In particolare, uno strato di muco esterno protegge il pesce pagliaccio dal liquido urticante secreto dagli anemoni. Tuttavia, non si tratta di una caratteristica ereditaria, presente fin dalla nascita. La resistenza è acquisita pian piano. Questo pesce entra in contatto con il veleno poco per volta finché non ne diventa immune.

Il pesce pagliaccio occidentale (detto anche pesce pagliaccio ocellato o pesce anemone) popola le barriere coralline dell’oceano Pacifico occidentale e dell’oceano Indiano. Preferisce acque calme e per questo motivo si può facilmente avvistare nelle lagune degli atolli.

I pesci pagliaccio acquisiscono la terza striscia quando diventano grandi

I pesci pagliaccio vivono in piccoli gruppi, su anemoni vicini. A capo di ogni gruppo c’è una solo femmina dominante (detta alfa). Ci sono poi un maschio beta (ovvero il compagno della femmina alfa e l’unico sessualmente attivo) e diversi giovani maschi gamma.

Tutti i pesci pagliaccio nascono maschi e possono poi cambiare sesso, ma solo per diventare la femmina alfa del gruppo. Quando la femmina muore, il maschio beta prende il suo posto cambiando sesso. Questo cambiamento è irreversibile. È proprio l’esistenza di una rigida gerarchia che determina quale pesce attacca l’intruso.

La posizione sociale è determinata da minime differenze di dimensioni. Tuttavia, l’acquisizione della terza striscia indica che si è diventati abbastanza grandi per poter assumere il comando della colonia. Per questo motivo, i pesci pagliaccio tendono ad attaccare e allontanare altri esemplari con tre strisce. È questo comportamento che inizialmente ha fatto ipotizzare che i pesci pagliaccio sapessero contare.

L’anemone che funge da casa influenza la comparsa delle strisce bianche

I pesci pagliaccio non nascono già con le strisce bianche. Queste ultime compaiono solo durante la metamorfosi da larve ad adulti. Precisamente, nel momento in cui dal mare aperto arrivano alle barriere coralline per stabilirsi tra gli anemoni.

È proprio il tipo di anemone con cui entrano in simbiosi a determinare la rapidità con cui si formano le striature bianche. Il responsabile della loro formazione è un gene, chiamato duox, coinvolto nella produzione degli ormoni tiroidei. Il tipo di anemone, infatti, influenza proprio l’attività di questo gene. Ad esempio, la specie di anemone Heteractis magnifica fa comparire le strisce più lentamente rispetto all’anemone Stichodactyla gigantea.

Anemoni di mare Heteractis magnifica (a sinistra) e Stichodactyla gigantea (a destra).
Figura 2 – Anemoni di mare Heteractis magnifica (a sinistra) e Stichodactyla gigantea (a destra). [Fonte: Wikipedia.org]

I pesci pagliaccio sanno contare: la ricerca

Cosa accade quando A. ocellaris trova nel suo anemone un pesce intruso? Secondo i ricercatori giapponesi dell’OIST, A. ocellaris nato e cresciuto in acquario attacca più frequentemente la propria specie rispetto alle altre. Come riconosce un esemplare della propria specie? Proprio contando le strisce bianche sulla livrea.

Alcune specie di pesce pagliaccio possono coabitare, cioè condividere il proprio anemone-casa con altri pesci pagliaccio. Non è questo il caso degli A. ocellaris, facilmente riconoscibili grazie alle tre strisce bianche.

Per confermare che i pesci pagliaccio sanno contare, i ricercatori hanno introdotto nell’acquario delle sagome di pesci in pasta polimerica. I finti pesci avevano una livrea con un diverso numero di strisce, da 0 a 3.

Un esemplare di pesce pagliaccio con due strisce bianche appartenente alla specie Amphiprion bicinctus.
Figura 3 – Un esemplare di pesce pagliaccio con due strisce bianche appartenente alla specie Amphiprion bicinctus. [Fonte: pixabay.com]

Hanno poi valutato la frequenza delle interazioni di 120 individui di A. ocellaris con questi modellini. Come con gli esemplari vivi, ci sono state più interazioni con le sagome con tre strisce. Perché? Semplicemente perché erano visti come una potenziale minaccia per la propria casa e il proprio ruolo all’interno del gruppo. I pesci pagliaccio, infatti, riconoscono altri pesciolini della propria specie e della stessa età ovvero possibili avversari da allontanare per mantenere il controllo della propria colonia.

I risultati confermano che i pesci pagliaccio sanno contare. Amphiprion ocellaris utilizza il numero di strisce bianche come segnale visivo per identificare e attaccare possibili nemici che potrebbero stabilirsi nello stesso anemone. I pesci anemone, dunque, usano la matematica per difendersi e proteggere la propria casa.

Bibliografia:

  • Hayashi K, Locke NJM, Laudet V. Counting Nemo: anemonefish Amphiprion ocellaris identify species by number of white bars. J Exp Biol. 2024 Jan 15;227(2):jeb246357. doi: 10.1242/jeb.246357. Epub 2024 Feb 1. PMID: 38301046.

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: https://pixabay.com/it/photos/nemo-clown-pesce-di-mare-arancia-1121564/
  • Figura 1 : https://pixabay.com/it/photos/pesce-pagliaccio-acquario-anfiprione-1496866/
  • Figura 2 : Nhobgood Nick Hobgood – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5752817 (immagine a sinistra) — Michael arvedlund at da.wikipedia – Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6658359 (immagine a destra)
  • Figura 3 : https://pixabay.com/it/photos/pesce-pagliaccio-nemo-pesce-141696/
Foto dell'autore

Elisabetta Cretella

Elisabetta Cretella Dopo la laurea magistrale in Genetica e Biologia molecolare conseguita presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza e l'abilitazione alla professione di biologo, si appassiona alla divulgazione scientifica. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza presso l'Università degli studi di Ferrara e inizia a scrivere per il webmagazine 'Agenda17' del Laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara. Intanto intraprende la strada dell'insegnamento. Ad oggi è docente di Matematica e Scienze presso le Scuole Secondarie di primo grado e di Scienze naturali alle Scuole Secondarie di secondo grado. Nel suo curriculum c'è anche un tirocinio svolto in un laboratorio di ricerca dell'Istituto di Biologia e Patologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBPM-CNR) e due pubblicazioni su riviste scientifiche peer reviewed.

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