Il ruolo della genetica e dello stile di vita nell’invecchiamento

L’invecchiamento è un processo naturale influenzato da una serie di fattori, come le abitudini alimentari o lo stress ossidativo, ma qual è la sua origine? Esiste un modo per posticiparlo o limitarne i danni sull’organismo?

Studi sull’invecchiamento

Dal XX secolo le nostre aspettative di vita sono aumentate grazie al progresso e alle condizioni igienico-sanitarie migliori ma, in parallelo, sono insorte anche le malattie cronico-degenerative. L’Alzheimer colpisce una persona su due a 90 anni, e a 70 anni 1000 su 100000 individui sono affetti dal Parkinson. The genetics of ageing, review pubblicata su Nature nel 2019, riporta diversi studi che hanno cercato di sondarne la genetica. In un’analisi dei dati di 20.000 partecipanti tra 51 e 61 anni della University of Michigan Health e del Retirement Study, seguiti per 18 anni, nei figli di genitori oltre i 65 anni la mortalità calava dal 14% al 19% per ogni decennio. Un altro studio citato nella review ha individuato il ruolo del gene dell’APOE, proteina coinvolta nel metabolismo lipidico e nel mantenimento delle sinapsi.

Confrontando 11.262 partecipanti di età inferiore ai 75 e ai 90 anni, sono stati trovati due aplotipi dominanti (variazioni nella sequenza genica di un cromosoma): l’APOE ɛ2 nei long-lived; e l’APOE ɛ4 negli affetti da Alzheimer e malattie cardiovascolari. Lo stress ossidativo, provocato da un aumento dei livelli di ROS – specie reattive dell’ossigeno che interagiscono con molecole fisiologiche come il nostro DNA – è un altro fattore coinvolto nel processo dell’invecchiamento. L’aumento di queste sostanze danneggia cellule e molecole. Ogni cellula è dotata di sistemi che controllano lo stato di ossidazione, ma fattori ambientali o endogeni possono alterarlo e, per ripristinare l’equilibrio, i meccanismi di difesa antiossidante inducono la morte cellulare. Lo stress ossidativo può essere provocato anche da un’alterazione del sonno, che aumenta con l’età e colpisce soprattutto gli uomini. I disturbi del sonno inducono cambiamenti neurologici che influiscono sulle prestazioni fisiche, intellettuali e psicologiche.

Studio AKEA

Lo studio AKEA condotto dall’Università di Sassari sulle Longevity Blue Zones (LBZ) in Ikaria e in Sardegna, aree geografiche caratterizzate da una popolazione con un’elevata longevità, ci consente di sondare un altro terreno, quello della psicologia e della nutrizione. Nelle LBZ l’autopercezione di essere ottimisti e la presenza di un compagno si associano a una salute migliore e a un rischio cardiovascolare ridotto del 50%. Lo studio sardo, a cui hanno partecipato 150 centenari, ha rilevato un forte consumo di patate, olio d’oliva e frutta fresca, che migliorano le capacità uditiva e visiva. Il 50% della popolazione maschile e il 40% di quella femminile consuma soprattutto carne di pollame, che riduce le malattie, l’indice di massa corporea (BMI) e – insieme all’olio e alla frutta – migliora la performance fisica.

Lo studio AKEA ha riportato una migliore mobilità e capacità uditiva negli uomini, così come una migliore salute percepita. La ricerca dell’Alabama University e della Zhejiang University sostiene invece che, nelle donne, il grasso sottocutaneo assicura loro una maggiore longevità perché, oltre a proteggerle da malattie cardiache e metaboliche, è una riserva energetica. Negli uomini il grasso viscerale (attorno agli organi interni) costituisce un fattore di rischio. Inoltre, all’interno del grasso sottocutaneo sono state individuate cellule staminali (capaci di rigenerazione) denominate ASC in inglese, che si sono dimostrate sicure ed efficaci in numerosi studi clinici. Infatti, l’invecchiamento esaurisce le scorte di staminali ma si è visto che, se messe in vitro, le ASC, come le cellule satelliti del tessuto muscolo-scheletrico, hanno elevate proprietà proliferative. Le ASC secernono sostanze antiinfiammatorie e antiapoptotiche e possono differenziare in cellule della pelle, neuroni, epatociti, ecc. Per ora sono impiegate nel ripristino dei tessuti molli craniofacciali e dell’osso.

La speranza delle staminali

Le staminali gettano dunque una speranza sulla possibilità di fermare il tempo, ma vi sono ancora diversi ostacoli – legati anche alla stessa sperimentazione – affinché possano diventare un’applicazione standard in numerosi campi.

Si ringrazia la dott.ssa Alessandra Romano per la gentile concessione dell’articolo “Il ruolo della genetica e dello stile di vita nell’invecchiamento.

Fonti

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  • https://www.microbiologiaitalia.it/batteriologia/invecchiare-bene-una-questione-di-microbiota/
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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