La sindrome di Stendhal: il malessere artistico

La sindrome di Stendhal è una condizione caratterizzata da sintomi fisici e mentali che si manifestano in presenza di artefatti storici e architettonici e di opere d’arte di straordinaria bellezza. Il soggetto rimane in uno stato di estasi contemplativa di fronte ad opere d’arte dei grandi artisti del passato. Insomma, resta a bocca aperta!

Origini e contesto storico

Marie-Henri Beyle, scrittore francese, pubblicò nel 1817 l’opera “Rome, Naples et Florence“. Il primo lavoro dove l’autore decise di usare lo pseudonimo “Stendhal” e di descrivere il malessere provato durante la visita alle Sibille del Volterrano e agli affreschi di Giotto nella basilica di Santa Croce a Firenze (Figura 1).

Uscendo da Santa Croce ebbi un tuffo al cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”

Storie di San Francesco, Giotto (1317-1325). Affresco situato nella Cappella Bardi della basilica di Santa Croce che Stendhal visitò durante i suoi viaggi in Italia. [Fonte: santacroceopera.it]
Figura 1 – Storie di San Francesco, Giotto (1317-1325). Affresco situato nella Cappella Bardi di Santa Croce che Stendhal visitò durante i suoi viaggi in Italia. [Fonte: santacroceopera.it]

Il nome Stendhal fu attribuito al disturbo per la prima volta grazie alla psichiatra e psicoanalista Graziella Magherini nel suo libro “La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte” (1979). La Magherini studiò 106 casi di pazienti stranieri presso l’Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze, colpiti da sintomi improvvisi e di breve durata come angoscia e malessere. La maggior parte proveniva dall’Europa occidentale e Nord America e prediligeva mete artistiche. I sintomi erano comparsi subito dopo la visita ai musei e alle gallerie d’arte della città fiorentina. Tutti sintomi riconducibili allo stesso stato d’animo descritto nell’opera di Stendhal.

Il disturbo è diffuso anche in altre città come Parigi, Roma, Tokyo e Gerusalemme. Quest’ultima probabilmente perché considerata la “terra santa”, quindi per motivi religiosi più che artistici.

Caratteristiche della sindrome di Stendhal

Come possiamo definire la sindrome e come si manifesta? La sindrome di Stendhal è un disturbo psicosomatico transitorio, i cui sintomi compaiono in seguito alla visione di un’opera d’arte. Il viaggiatore si immedesima in essa e prova emozioni improvvise davanti alla sua bellezza.

Sintomi

Quali sono i sintomi più comuni?

  • Tachicardia
  • Capogiri
  • Confusione
  • Allucinazioni

Possiamo distinguere tre quadri clinici differenti:

  • Il primo è il meno grave: attacchi di panico, palpitazioni, difficoltà respiratorie, dolore toracico e vertigini;
  • Il secondo si manifesta con crisi di pianto accompagnate da stati depressivi, immotivati sensi di colpa e d’angoscia;
  • Il terzo comprende disturbi del pensiero con allucinazioni sonore e visive e si manifesta in persone con problemi psicopatologici.

Solitamente i sintomi sono brevi e passeggeri e tendono ad attenuarsi una volta che la persona si è allontanata dall’opera. Purtroppo in alcuni casi perdurano per giorni o addirittura settimane soprattutto in soggetti con fragilità emotiva.

Trattamento della sindrome

Secondo la Magherini, nella maggior parte dei casi in cui la sindrome di Stendhal si verifica, non è necessario alcun trattamento poiché i sintomi svanisco in un arco di tempo breve.

Tuttavia, in situazioni più gravi è richiesta una terapia farmacologia. La somministrazione di tranquillanti, antidepressivi e ansiolitici può placare lo stato di agitazione e malessere.

Rapporto tra opera d’arte e viaggiatore

Da un punto di vista psicoanalitico, la Magherini sviluppò una teoria che spiegò l’impatto emotivo della bellezza artistica. Precisamente, il rapporto tra opera d’arte e fruitore artistico che comprende:

  • Esperienza estetica primaria madre-figlio;
  • Perturbante;
  • Fatto scelto.

L’esperienza estetica primaria è legata al primo contatto con la bellezza, ossia il contatto visivo e tattile del bambino con la madre. Il perturbante racchiude un’esperienza emotiva molto intensa che torna prepotente davanti al Fatto scelto. Il Fatto scelto è l’opera d’arte che rievoca quei vissuti personali. L’osservatore ne attribuisce un valore emotivo, innescando la sintomatologia psicosomatica.

Di conseguenza, il soggetto si lascia andare alle emozioni e intraprende un viaggio nel tempo verso i propri conflitti interiori. In tal modo, l’arte può offrire un’occasione per esprimere i proprio sentimenti in tutta libertà e in un’ottica socialmente accettata.

Interpretazione neurobiologica della sindrome di Stendhal

E da un punto di vista neurobiologico invece? Si è osservato come i soggetti affetti dalla sindrome di Stendhal sperimentino forti stimolazioni a livello di aree celebrali, ad esempio l’amigdala e l’ipotalamo, deputate alla regolazione dell’umore, al funzionamento della memoria emotiva e della sfera affettiva, e dei neuroni a specchio.

I neuroni a specchio ricoprono un ruolo fondamentale nella percezione delle emozioni oltre che nell’esecuzione delle azioni. Provare un’emozione e osservare la medesima in un’altra persona può innescarli. Stiamo proprio parlando dell’empatia! Allo stesso modo un’opera d’arte. Dinnanzi alla meraviglia, lo spettatore inconsapevole prova forti emozioni che l’autore ha voluto esprimere nella sua opera.

Conclusioni

La bellezza e le opere d’arte sono in grado di coinvolgere gli stati più profondi della mente umana, portando a galla sentimenti nascosti e ormai sconosciuti. I soggetti che soffrono della sindrome di Stendhal non vivono soltanto un’esperienza estetica, ma un’incapacità di gestire i vissuti interiori generati dalla visione artistica. Non riescono a tollerare il legame passionale e sincero dell’arte con l’uomo.

Tuttavia, quello che possiamo dire con certezza è che la sindrome di Stendhal rappresenta un’opportunità per ricostruire se stessi e guardarsi dentro attraverso la bellezza dell’arte, che Stendhal nei suoi scritti ricorda come “la bellezza non è altra cosa che la promessa della felicità”.

Fonti

  • Innocenti, C., Fioravanti, G., Spiti, R., & Faravelli, C. (2014). La sindrome di Stendhal fra psicoanalisi e neuroscienze. Rivista di psichiatria, 49(2), 61-66;
  • Magherini, G. (2003). La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte. Milano: Ponte alle Grazie;
  • Palacios-Sánchez, L., Botero-Meneses, J. S., Pachón, R. P., Hernández, L. B. P., Triana-Melo, J. D. P., & Ramírez-Rodríguez, S. (2018). Stendhal syndrome: a clinical and historical overview. Arquivos de neuro-psiquiatria, 76(2), 120–123. https://doi.org/10.1590/0004-282X20170189.

Crediti immagini

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