Aprassia

L’aprassia, o sindrome aprassica, è un disturbo neuropsicologico: è un deficit primitivo dell’attività motoria. La sindrome aprassica si manifesta con la difficoltà, da parte di un soggetto, di eseguire un movimento volontario, intenzionale, finalizzato.

Questa problematica è definita aprassica quando non è attribuibile a problematiche di tipo motorio, sensoriale o di coordinazione: quindi a disordini di input o output.

Altra caratteristica che contraddistingue l’aprassia è la dissociazione automatica-volontaria. Il paziente non è in grado di eseguire un gesto in una situazione creata ad hoc, in una condizione artificiale: il soggetto non riesce a riprodurre il movimento richiesto dall’esaminatore.

Oltre a ciò è bene sottolineare come l’aprassia è spesso associata con l’afasia. Ciò è dovuto alla contiguità anatomica delle aree interessate dalle lesioni che generano i due deficit.

Cenni storici

Gli albori

Il primo ad utilizzare il termine aprassia fu il filosofo e filologo tedesco Heymann Steinthal nel 1871. Steinthal utilizzò il suddetto vocabolo per descrivere le difficoltà di utilizzare coltello e forchetta da parte di un paziente afasico. Per Steinthal la sindrome aprassica non riguardava la relazione tra i movimenti e la capacità di manipolarli.

Steinthal
Figura 1 – Heymann Steinthal [fonte wikidata]

Lo studioso tedesco, inoltre, sosteneva che l’aprassia fosse una problematica differente dall’asimbolia. Quest’ultimo termine fu impiegato da Finkelburg nel 1870 per descrivere i disturbi della funzione simbolica cioè l’incapacità che i soggetti affetti da afasia avevano nel riconoscere azioni mimate e simboli convenzionali. Dal punto di vista di Finkelburg il deficit del controllo dei movimenti intenzionali esprimeva un disturbo della comunicazione causato da un insufficienza a livello di riconoscimento dell’azione.

La svolta

E’ con Hugo Liepman, neurologo tedesco, che si ha una svolta nello studio di questa sindrome. Egli arriva a sviluppare (anche grazie agli studi svolti da Arnold Pick, Karl Kleist e Otto Mass) un vero e proprio modello neurofisiologico in cui distingue tre forme di aprassia: ideativa, ideomotoria e melocinetica.

Hugo Liepmann
Figura 2 – Hugo Liepman [fonte wikimedia commons]

Seguendo quanto riportato in questo archetipo, l’aprassia ideativa si risolverebbe nell’incapacità da parte di un paziente di elaborare un programma motorio basato su un immagine visiva della sequenza da eseguire. Il soggetto non sarebbe in grado di svolgere il movimento attraverso una corretta sequenza di gesti.

Per quanto riguarda l’aprassia ideomotoria, invece, abbiamo un paziente che sa quello che deve fare ma non sa come farlo. Secondo Liepman questa difficoltà da parte del soggetto è dovuto al fatto che una lesione dell’emisfero sinistro interrompe le connessioni tra le regioni retro-rolandiche e le aree corticali primarie sensoriali e motorie. Quest’ultime zone sarebbero la sede di quelle che Liepman considera memorie cinestetiche, cioè quelle memorie di comandi motori e delle rispettive sensazioni propriocettive, che il gesto dovrebbe attivare in blocco ma che a causa delle suddette lesioni non è in grado di fare.

Infine, per quanto riguarda l’aprassia melocinetica, abbiamo una lesione delle innervazioni cinestetiche. Questa lesione nelle aree senso-motorie o dell’emisfero destro o di quello sinistro causa la difficoltà, se non la completa incapacità di eseguire movimenti complessi indipendentemente dal compito motorio a cui il paziente deve rispondere.

Spiegazione anatomica

Nel 1965 arriva invece una spiegazione di tipo anatomico della sindrome aprassica. il turno di Norman Geschwind, neurologo americano, di lasciare un apporto per la comprensione di questo deficit. Geschwind nell’articolo Disconnection syndromes in animals and men definisce l’aprassia come una sindrome da disconnessione. Egli individuava nella corteccia premotoria l’approdo ultimo degli ordini che guidano il gesto e non il senso-motorio individuato da Liepman.

Geschwind
Figura 3 – Norman Geschwind [fonte Cambridge University]

Per capire meglio la definizione data da Geschwind pensiamo ad un gesto effettuato su ordine verbale. L’ordine verbale verrà elaborato nell’emisfero sinistro, nell’area di Wernicke, per poi arrivare, passando attraverso il fascicolo arcuato, all’area premotoria omolaterale. Nel momento in cui vi fosse una lesione cortico-sottocorticale posteriore dell’emisfero sinistro potrebbe avvenire la disconnessione tra l’area di Wernicke e la corteccia premotoria causando un interruzione del passaggio dell’informazione uditiva. Questo schema può essere esteso, conseguentemente, anche all’esecuzione di altri tipi di compiti di tipo motorio come, ad esempio, la semplice imitazione di gesti.

Aprassia: le forme principali

sindrome aprassica
Figura 4 – Aprassia [fonte La Girandola]

A seconda delle aree corporee che la sindrome aprassica va ad interessare si può fare una distinzione tra:

  • Aprassia Bucco-facciale (ABF);
  • Aprassia del tronco;
  • Aprassia degli arti;

Aprassia Bucco-facciale

L’aprassia Bucco-facciale (detta anche orale) interessa i muscoli dell’apparato oro-glosso-faringeo. Il disturbo si risolve nella difficoltà del soggetto a protrudere la lingua, fischiare, raschiarsi la gola e in alcuni casi, più gravi, deglutire. L’aprassia orale insorge a seguito di lesioni nelle aree che coinvolgono la corteccia premotoria e della parte anteriore dell’insula dell’emisfero sinistro.

Una delle caratteristiche principali dell’ABF è la dissociazione tra l’incapacità a compiere un gesto in maniera involontaria e l’abilità di eseguirlo automaticamente.

Altra particolarità che la contraddistingue è che, per via della vicinanza delle aree nervose che sono coinvolte, spesso si manifesta insieme con l’Anatria o Aprassia Articolatoria (quest’ultima altro non è che un deficit nella programmazione articolatoria della parola).

Aprassia del tronco

Nel 1975 Geschwind afferma che i movimenti eseguiti con la muscolatura assiale siano preservati in pazienti con aprassia degli arti.

In pratica il soggetto, ad esempio, non sarebbe in grado di sferrare un pugno ma riuscirebbe tranquillamente ad assumere la posizione a guardia alta del pugile.

Tale dissociazione è stata in seguito confermata ma solo da studi su comando verbale ed è associata, il più delle volte, all’aprassia della stazione eretta e della marcia.

Tale deficit è stato riscontrato in presenza di lesioni frontali bilaterali.

Aprassia degli arti

L’aprassia degli arti, generalmente, è soggetta a dissociazione automatica-volontaria e riguarda la compromissione della capacità organizzativa del gesto finalizzato sia degli arti superiori sia di quelli inferiori (in quest’ultimi si riscontra di rado).

Questo deficit viene anche classificato in due variabili a seconda del tipo di funzione compromessa. Conseguentemente avremo: aprassia ideativa (Ai) e aprassia ideomotoria (Aim).

Bisogna sottolineare come questa classificazione non sia stata sempre accettata. Difatti l’Ai è/era considerata una forma grave di Aim. Questa “diffidenza”, questo rifiuto, nei confronti di questa tassonomia deriva dalla difficoltà di stabilire se gli errori prodotti dal soggetto affetto da aprassia grave sono riconducibili alla componente ideomotoria o ideativa.

Nonostante ciò c’è un “evento”, osservato in diversi studi, che permette di rifiutare la suddetta teoria. Tale prova è una disgiunzione tra Ai e Aim definite rispettivamente deficit dell’uso di oggetti e deficit dell’imitazione di azioni.

Aprassia ideativa

L’aprassia ideativa o Ai si esprime in una riduzione della capacità di utilizzare gli oggetti, di uso comune, sia presi singolarmente sia utilizzati in una sequenza complessa.

Il paziente è in grado di riconoscere l’oggetto, sa cos’è, ma non riesce a rievocare il gesto da compiere, omette o inverte l’ordine delle azioni, non sa cosa fare con quel determinato oggetto. Arriva a compiere con un oggetto un movimento proprio di un altro elemento.

Nel corso degli anni molte sono state le spiegazioni dell’Ai. Tra le principali annoveriamo: Moorlas, Poeck/Lehmkul e De Renzi/Lucchelli

Secondo Moorlas (1928) l’Ai sarebbe riconducibile ad un agnosia d’uso: sarebbe un deficit del riconoscimento degli oggetti che comprometterebbe il modo in cui un oggetto dovrebbe essere utilizzato

Poeck e Lehmkul, d’altro canto, affermano che l’aprassia ideativa sarebbe un disturbo della sequenza di azioni che non andrebbe, però, ad intaccare la capacità di utilizzo di singoli oggetti.

Secondo gli studi di De Renzi e Lucchelli, invece, alla base del deficit ci potrebbe essere un’amnesia d’uso. Tale disturbo impedirebbe ai pazienti di accedere al repertorio semantico delle caratteristiche funzionali degli oggetti.

Lesioni e sedi

A livello di danni cerebrali, il quadro del soggetto affetto da aprassia ideativa mostra lesioni prevalentemente posteriori dell’emisfero sinistro: corteccia parietale, corteccia temporale, corteccia occipitale e nuclei della base. In particolar modo, nella maggior parte dei pazienti, risulta coinvolta la corteccia parietale posteriore.

In definitiva l’Ai sembrerebbe essere derivante, principalmente, da danni focali, spesso di eziologia vascolare. Ciò non toglie la possibilità che possa presentarsi anche nelle demenze.

Aprassia ideomotoria

L’aprassia ideomotoria o Aim è un deficit riguardante la capacità del soggetto di imitare gesti o di effettuare una pantomima su ordine verbale o su presentazione visiva degli oggetti.

La difficoltà che il paziente riscontra, risiede nella capacità di trasformare in una corretta sequenza di gesti l’input che gli viene proposto. La persona conosce quali siano i movimenti che compongono il gesto da riprodurre ma non sa come fare ad eseguirli.

Tutto ciò porta la persona ad alterazioni del gesto: il movimento viene sostituito da un altro, la gestualità risulterà goffa e impacciata, l’azione non verrà eseguita secondo una corretta esecuzione di gesti, il soggetto persevererà nel movimento appena eseguito.

Oltre a quello appena descritto è stata documentato un distacco tra anomalie cinematiche e aprassia. Questo nonostante vi siano alcuni studiosi che ritengono sempre alterate le caratteristiche cinematiche del movimento: velocità del movimento, accelerazione ecc…

Detto ciò esistono ulteriori teorie che associano l’aprassia ideomotoria ad una problematica inerente la capacità di immaginare un movimento. Quest’ultime hanno origine da esperimenti nei quali gli esaminati mostravano un deficit aprassico sia nell’esecuzione pratica di un compito sia quando immaginavano di compierlo.

Lesioni e sedi

Nell’Aim le sedi interessate da lesioni sono la corteccia parietale inferiore sinistra, quella premotoria laterale dell’emisfero sinistro e del corpo calloso.

A livello percentuale l’aprassia conseguente ad una lesione parietale è più frequente, e dai risvolti più gravi, rispetto a quella da lesione frontale.

Altre lesioni che vanno ad influire nell’Aim riguardano il talamo, i gangli della base e lesioni dell’area supplementare motoria (quest’ultima è più rara).

Anche l’emisfero destro prende parte alla “caratterizzazione” dell’aprassia ideomotoria. Difatti è stato riscontrato come un certo numero di pazienti affetti da lesioni nell’emisfero destro avessero problemi con compiti di imitazioni.

Secondo Goldenberg e Strauss l’emisfero destro ha un ruolo di prim’ordine nella capacità replicativa del paziente delle posizioni delle dita della mano, mentre l’emisfero sinistro sarebbe implicato nella riproduzione dei gesti di tutto l’arto.

Ulteriori ricerche portano all’attenzione il fatto che vi possano essere correlati neurali distinti per pazienti che presentano un deficit nell’imitazione di gesti nuovi e quelli con deficit per l’imitazione di gesti appresi. Per i primi le aree interessate corrisponderebbero al giro cingolare e parte dell’ippocampo. Per i secondi le aree interessate sarebbero inerenti al giro temporale superiore.

Sempre da questi studi si nota come i gangli della base, quindi le strutture sottocorticali, vengano interessati nei pazienti cerebrolesi destri. Quest’ultimi presentavano un insufficienza selettiva per l’imitazione dei gesti nuovi.

Aprassia melocinetica (AMC)

L’AMC è caratterizzata dalla difficoltà da parte delle persone di eseguire movimenti in maniera fluida e corretta delle dita e della mano controlaterale alla lesione. I pazienti affetti da tale aprassia, nonostante mantengano inalterata forza e sensibilità, compiono, infatti, movimenti goffi e incompleti. Questo avviene indipendentemente dall’emisfero interessato.

Nell’aprassia melocinetica non si osserva la dissociazione automatica-volontaria. Di conseguenza tale problematica si profila sia in una situazione di quotidianità che in contesti controllati (clinici).

A livello di insorgenza l’AMC è una forma poco comune di aprassia ed è prevalentemente dovuta a cause vascolari, degenerazione corticobasale e malattia di Pick.

Da notare il fatto che questo deficit sia stato messo in discussione. Questa sindrome è stata interpretata come un disordine della motilità elementare. Questo perchè i sintomi della suddetta sono stati riscontrati in persone affette da paresi (lievi) generate da lesioni corticospinali.

Aree interessate dalle lesioni
Figura 5 – Aree interessate Amc, Ai, Aim [fonte slide Units]

Altre forme di aprassia

Aprassia callosa

Questo tipo di aprassia ha la particolarità di avere caratteristiche di tipo sia ideative che ideomotorie. I movimenti degli arti controlaterali all’emisfero dominante sono risparmiati. Difatti l’aprassia callosa è relativa ai movimenti degli arti omolaterali all’emisfero dominante.

Aprassia dell’abbigliamento

In questa tipologia di sindrome aprassica, abbiamo la compromissione di tre tipi di conoscenze necessarie al soggetto per riuscire ad abbigliarsi.

  • Conoscere a cosa servono e come si usano i diversi vestiti a seconda del contesto;
  • La conoscenza motoria al fine di riuscire ad utilizzare i diversi indumenti;
  • La conoscenza necessaria a far si che una persona riesca a far corrispondere le diverse parti del corpo (gambe, braccia ecc…) alle corrispettive parti dell’indumento.

A livello fisiologico le lesioni che provocano tale forma corrispondono a lesioni parietali sinistre e lesioni parietali bilaterali. Oltre a queste lesioni l’aprassia dell’abbigliamento è correlata a malattie degenerative.

Aprassia costruttiva

L’aprassia costruttiva è l’incapacità di costruire strutture complesse. E’ l’inabilità, da parte delle persone affette da questo disturbo, di riprodurre a memoria o copiando costruzioni tridimensionali o disegni. Essa sarebbe il risultato di una discontinuità tra le capacità visuo-percettive e le innervazioni cinestesiche.

Questo tipo di aprassia è un deficit complesso. Difatti molti sono i fattori che entrano in gioco, le alterazioni delle abilità dell’individuo coinvolte sono:

  • percezione e attenzione visuo-spaziale;
  • processi esecutivi di pianificazione e monitoraggio dell’azione;
  • memoria episodica e semantica.

Entrambi gli emisferi, seppur in maniera differente, contribuiscono in questa sindrome. Difatti lesioni all’emisfero sinistro si risolvono in un deficit meno grave e sono caratterizzate da produzioni più schematiche e meno precise. Al contrario lesioni all’emisfero destro provocano nel soggetto insufficienze più gravi: produzioni spazialmente disorganizzate, perseverazioni e negligenze (deficit lateralizzati).

Da sottolineare come questo tipo di aprassia sia frequente nei pazienti affetti da Alzheimer.

In ultima analisi l’aprassia costruttiva è conseguente a lesioni parietali posteriori sia sinistre che destre. Può essere associata a lesioni frontali e sottocorticali con particolare attenzione alla zona dei nuclei della base. Le lesioni frontali sono caratterizzate da deficit esecutivi di pianificazione. Le lesioni parieto-occipitali, invece, vengono qualificate da disturbi visuo-percettivi e di esplorazione visuo-spaziale.

Valutazione e riabilitazione

Diagnosi aprassia
Figura 6 – Test valutativo [fonte Medicina Online]

Per poter valutare la presenza o meno di un disturbo aprassico in un paziente cerebroleso bisogna ricorrere alla somministrazione di alcuni semplici test.

Test per l’aprassia ideativa

Il deficit di Ai si valuta attraverso la somministrazione di prove quali l’utilizzo di oggetti singoli oppure mediante la richiesta di eseguire un’attività quotidiana dov’è necessario l’utilizzo di più oggetti.

Tra i test a disposizione possiamo citare quello di De Renzi, Pieczuro e Vignolo.

Il suddetto si compone di cinque oggetti semplici e due attività complesse. Il paziente ottiene due punti se esegue subito o in maniera corretta la prova. Un solo punto se l’esame viene preceduto da incertezza: il soggetto esegue movimenti inaccurati anche se l’idea è corretta. Infine zero punti per qualsiasi altro errore. Se la persona commette anche un solo errore viene classificato come aprassico ideativo

Test per l’aprassia ideomotoria

Il test più comunemente utilizzato, in Italia, per valutare tale insufficienza è quello di De Renzi, Notti e Nicheli.

In questo esame, il paziente, deve imitare con la mano ipsilaterale alla lesione (se non affetta da paresi anche con quella controlaterale) 24 gesti presentati dall’esaminatore il quale li esegue con la mano destra.

La prova comprende 12 gesti simbolici e 12 non simbolici: per metà sono posture e per metà sequenze. Questi sono eseguiti per metà con le dita della mano e per metà con la mano e il braccio.

Ulteriori test si pongono come strumenti nella valutazione per il deficit selettivo riguardante i gesti noti o nuovi o per tipo effettore (dita/mano-braccio). In questo caso conviene somministrare i due tipi di azioni in liste separate.

Queste prove riguardano l’aspetto puramente clinico. Se si vogliono però indagare anche gli aspetti neurocognitivi, che potrebbero essere compromessi nella sindrome aprassica, bisogna somministrare altri compiti. Quest’ultimi dovranno valutare la capacità di una persona di riconoscere, comprendere e produrre/riprodurre un gesto.

Un esempio di tali esami può essere la batteria ideata da Bartolo e colleghi. Questa si compone di:

  • 13 prove
  • 8 per la produzione di azioni dotate di significato (sia su comando verbale che su imitazione)
  • 4 valutano la capacità di riconoscere le azioni
  • 1 misura la capacità di imitare nuove azioni.

Sempre per la valutazione cognitiva possiamo annoverare il test STIMA (A Short Screening Test for Ideomotor Apraxia). Il test si pone l’obbiettivo di riconoscere il processo imitativo compromesso dalla lesione.

L’esame si basa sull’imitazione del significato dei gesti (conosciuti/nuovi) sia sulla parte del corpo coinvolto nell’attuazione del movimento (dita/mano-braccio).

Test aprassia buccofacciale

Anche per la valutazione di questa sindrome aprassica, ci si basa su un test di De Renzi, Pieczuro e Vignolo. In questo esame al paziente è richiesto di imitare 10 movimenti: dare un bacio, fischiare ecc…

Un altro test riguardante tale deficit e una batteria ideata da Bizzozzero. Questo esame è volto alla valutazione dei movimenti della metà superiore della faccia e della metà inferiore.

Il sopracitato si divide in 9 prove per la parte superiore e 21 per quella inferiore. Gli esaminati devono imitare ciascun movimento sottopostogli immediatamente dopo ogni dimostrazione.

Test aprassia costruttiva

La valutazione dei disordini costruttivi può avvenire tramite la somministrazione di prove di composizione di elementi semplici e prove di disegno.

Le prove di disegno sono quelle più utilizzate come esempio di abilità costruttiva. Queste implicano abilità grafomotorie non richieste dagli altri compiti.

Il disegno spontaneo risulta essere, forse, il tramite più immediato per la valutazione delle capacità costruttive. Il compito si basa, semplicemente, sul chiedere al paziente di disegnare un oggetto qualunque.

Altre prove di disegno invece si basano sulla copia, un esempio dicò è la batteria standardizzata ideata da Spinnler e Tognoni. In questa batteria viene mostrato sulla parte superiore di un foglio una serie di figure geometriche e si chiede al paziente di ricopiarle nella parte inferiore.

Per quanto riguarda, invece, i test di composizione abbiamo a disposizione il WAIS in cui si chiede al paziente di comporre un disegno utilizzando le facce colorate di cubetti.

copia di disegni
Figura 7 – Copia di disegni [fonte La Girandola]
Riabilitazione

Nella riabilitazione della sindrome aprassica sono utilizzati due tipi di “addestramento”: diretto e esplorativo.

Nel primo il soggetto è invitato a utilizzare, letteralmente, oggetti e utensili; nel secondo, invece, viene spiegata la relazione tra struttura e funzione di un oggetto.

Dagli studi svolti è risultato che l’approccio diretto ha un efficacia maggiore e il suo effetto è più duraturo.

Nota a parte merita la riabilitazione per la sindrome aprassica bucco-facciale (ABF). Difatti, specialmente nei pazienti soggetti da Anatria, l’ABF deve passare attraverso un processo di rieducazione. La prima fase verterà sulla riabilitazione del controllo motorio dei movimenti bucco-faringo-laringei. Bisogna far in modo che il paziente prenda consapevolezza della postura delle labbra, della mandibola e della lingua. In un secondo momento si passa all’allenamento del controllo volontario dei movimenti, favorendo quelle posture che serviranno al trattamento delle posture articolatorie.

Da alcune stime risulta che l’aprassia, in particolare la sindrome aprassica ideativa (Ai), nel 50% dei casi regredisce spontaneamente a distanza di un mese dall’insorgenza. Ciò non toglie che il 20% (e più) delle persone affette da tale deficit rimanga aprassico.

Fonti

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Stefano Malizia articolista

Sono Stefano Malizia laureato in scienze e tecniche psicologiche ad indirizzo biologico. Sono un copywriter, web designer e grafico freelance. Tra le mie passioni, oltre la scienza, spiccano la fotografia e la tecnologia a 360°.

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