Patologia afasica: cos’è, classificazioni, diagnosi e riabilitazione

La patologia afasica va ad intaccare uno degli strumenti più complessi e articolati che l’essere umano abbia a sua disposizione: il linguaggio. Ad oggi si stima che il numero totale di afasici sia di circa 150.000 con un aumento di anno in anno che varia da 22.000 a 99.000 circa.

Cos’è l’afasia

La patologia afasica è un disturbo acquisito del linguaggio verbale conseguente al danno di determinate aree cerebrali.

L’afasia non è congenita, non è cioè conseguente a fattori genetici, a danno prenatale o a problematiche peri o post natale. Possiamo affermare, pertanto, che è sempre conseguente a un danno cerebrale.

Di norma la lesione interessa l’emisfero sinistro, in particolare, le regioni perisilviane le cosiddette “aree del linguaggio”. Il danno, tuttavia, spesso non rimane circoscritto, ma va a colpire le aree limitrofe, andando ad originare disturbi concomitanti con l’afasia: emiplegia (problemi nel movimento di gamba e braccio destro), emianopsia (perdita della visione nel campo visivo destro) o l’aprassia (l’incapacità di eseguire movimenti volontari finalizzati ad un preciso scopo).

L’afasia provoca disturbi, più o meno gravi, sia a livello di comprensione del linguaggio udito e del linguaggio orale, andando a manifestare i suoi effetti in ciascuna delle principali componenti linguistiche (fonologica, semantico/lessicale, morfologica e sintattica), sia a livello di elaborazione del linguaggio scritto (lettura e scrittura). Ciò accade per via delle aree neuronali interessate. La posizione ravvicinata e i loro stretti rapporti funzionali fanno si che questa sindrome si presenti come una problematica di tutte le sopracitate funzioni. Ed è per questo che si parla di disturbo del linguaggio verbale.

Esistono, comunque, alcuni casi (rari) in cui deficit va ad interessare una sola modalità e queste vengono definite Forme pure.

Come detto pocanzi, quindi, questa sindrome interessa l’elaborazione degli input linguistici e questo indipendentemente da difetti percettivi o esecutivi. La problematica risiede nella difficoltà di “metabolizzare”, e conseguentemente elaborare, il senso del messaggio ricevuto, il cosiddetto disturbo di comprensione. Tale problematica è conseguente a una difficoltà nel riconoscere le parole, a recuperare il loro significato o a ricostruire la struttura sintattica della frase.

Ulteriore difficoltà risiede nell’incapacità di trasformare un interazione comunicativa in un messaggio verbale: in questo caso la disfunzione è di tipo produttivo, il cosiddetto disturbo produttivo, ed è causato dalla difficolta nella creazione di una struttura sintattica, nel recupero dei vocaboli o nel riuscire a generare una corretta sequenza fonologica.

Nonostante quello detto finora, c’è da sottolineare come nella patologia afasica non vi sia una compromissione del processo comunicativo dell’individuo a livello globale. Prendendo in prestito le parole di Holland (1980) “i pazienti afasici comunicano meglio di come parlano”. Questo perché i soggetti affetti da tali sindromi riescono ad utilizzare strategie compensative non verbali (disegnare, mimare l’uso di un oggetto, indicare…) ma anche perché alcune componenti qualitative del linguaggio afasico (circonlocuzioni, parafasie fonemiche, parafasie verbali…) non vanno ad intaccare la capacità comunicativa.

Classificazioni della patologia afasica

Secondo la classificazione fatta da Weintraub e Mesulam nel 1993, le patologie afasiche si distinguono in due macro categorie/forme: una forma fluente e una forma non fluente.

Fluente

In questa prima categoria abbiamo un eloquio fluente e abbondante senza deficit prosodici o dell’intonazione. Si riscontrano la presenza di anomie (difficoltà nel recupero delle parole), di parafasie semantiche (la parola bersaglio può essere sostituita da un altro termine dal significato affine), di parafasie fonemiche (modificazione di una sequenza fonologica bersaglio e di neologismi).

Di questa classificazione fanno parte:

  • Afasia di Wernicke;
  • Afasia amnestica;
  • Afasia di conduzione;
  • Afasia transcorticale sensoriale;
  • Afasia sottocorticale;
  • Afasie traumatiche e tumorali;
  • Afasia crociata;

Non fluente

In questa seconda categoria invece ci troviamo difronte a un quadro clinico in cui i soggetti afasici soffrono di un eloquio scarso. Le parole vengono prodotte con fatica, in assenza di un contorno prosodico. Il periodare è breve e caratterizzato da una struttura sintattica semplificata; spesso si può riscontrare un deficit articolatorio o inerzia verbale.

Di questa gruppo fanno parte:

  • Afasia di Broca;
  • Afasia globale;
  • Afasia transcorticale motoria;
  • Afasia transcorticale mista;

(Per una breve spiegazione di alcune delle sopracitate categorie si veda questo articolo)

PPA

Categoria a parte è la Primary Progressive Aphasia (PPA) o Afasia Primaria Progressiva: una sindrome neurologica di tipo neurodegenerativo; caratterizzata dalla progressiva perdita delle funzioni linguistiche.

Forme Pure

In questi, rari, casi il deficit può andare a compromettere:

  • l’analisi uditivo-fonetica: Sordità verbale pura;
  • la programmazione motoria articolatoria: Anartria pura;
  • l’elaborazione del linguaggio scritto: Alessia pura, Agrafia pura e Alessia con Agrafia.
aree cerebrali e schema afasie
Figura 1 – aree cerebrali coinvolte e piccolo riassunto visivo di alcuni tipi di P Afasia. [ fonte dreamstime.com ]

Diagnosi della patologia afasica

Per poter fare una diagnosi, il più precisa possibile di questa sindrome, si passa attraverso la valutazione dei deficit di linguaggio. Dapprima si valuta il linguaggio spontaneo attraverso la disamina di: eloquio spontaneo, difficoltà articolatorie, deficit fonologici, deficit lessicale e semantico-lessicali, deficit morfo-sintattici.

Dopo di che si passa all’analisi delle capacità residue attraverso prove specifiche: compiti di denominazione, comprensione orale, decisione lessicale, test dei gettoni, ripetizione e lettura e scrittura.

I diversi test usati per esaminare l’afasia sono generalmente composti da una serie di prove, le cosiddette batterie, atte a valutare il quadro clinico del disturbo oltre a valutarne l’evoluzione e l’efficacia di un determinato programma riabilitativo.

Le prove variano a seconda dell’approccio/principi teorici che sottostanno i vari test:   

  • Approccio neurolinguistico: il principale test è il Boston Diagnostic Aphasia Examination (BDAE ). Per una diagnosi delle sindromi afasiche, invece, in  lingua italiana abbiamo l’esame del linguaggio 2 e le versioni in italiano de l’Aachener Aphasia Test ( AAT ), la  Western Aphasia Battery ( WAB ) e il Multilingual Aphasia Examination ( MAE )
  • Approccio psicolinguistico: in ambito neuropsicologico cognitivo i principali test utilizzati sono il Psycholinguistic Assessment of Language Processing in Aphasia ( PALPA ) e per la lingua italiana abbiamo la Batteria dei Deficit Afasici ( BADA )
  • Approccio pragmatico: alla base di questo principio vi è il fine di individuare il deficit comunicativo in una condizione più naturale, cioè meno artificiale, di quella che solitamente si viene a creare durante la somministrazione di un esame del linguaggio standardizzato. Il test principale è il Communicative Abilities of Daily Linving ( CADL ) di cui esiste anche la versione per la lingua italiana.

Infine per identificare il tipo di lesione, e relativa sede, si usano esami strumentali quali: Tomografia Computerizzata ( TC ) e Risonanza Magnetica ( RM )

Riabilitazione della patologia afasica

L’unico modo per poter curare l’afasia è la riabilitazione logopedica (quest’ultima sarà influenzata dal tipo di approccio diagnostico utilizzato) che ha il fine di ridurre il danno e migliorare le capacità di utilizzo del linguaggio. Difficilmente il recupero sarà totale soprattutto se il danno subito è grave.

La riabilitazione può avere inizio nelle settimane immediatamente successive all’evento che ha causato la lesione. Ricerche recenti, però, hanno posto all’attenzione di come sia possibile che il periodo trascorso tra il trauma, quindi dall’insorgere della sindrome, e l’inizio della riabilitazione non vada ad inficiare l’efficacia dei trattamenti.

Due comunque sono i fattori principali affinchè i trattamenti riabilitativi siano efficaci: la lunghezza del trattamento e la motivazione della persona afasica.

Forse quest’ultimo punto è quello più importante poichè i trattamenti possono durare per diversi anni e sono gravosi per il soggetto afasico senza, peraltro, avere la certezza, come affermato poc’anzi, di un recupero totale.

Conclusioni

Prendendo in prestito le parole della Dottoressa Anna Basso, ex presidente dell’A.I.T.A (Associazioni Italiane Afasici), nel “Libretto Afasia” da lei redatto per la suddetta associazione nazionale:

“Non si può parlare di afasia al singolare perché vi sono infiniti modi di essere afasici. L’afasia non è un disturbo unitario e non esiste alcuna caratteristica comune a tutte le persone afasiche, oltre ad avere delle difficoltà nel normale uso del linguaggio…

L’impatto dell’afasia è devastante non solo sulla persona interessata ma su tutto l’ambito familiare.

Scardina i rapporti familiari, sociali e lavorativi.”

Fonti

Crediti immagini

  • Immagine in evidenza: https://www.my-personaltrainer.it/benessere/afasia.html
  • Figura 1: https://it.dreamstime.com/illustrazione-di-vettore-afasia-schema-educativo-identificato-con-disordine-del-cervello-neurone-problema-salute-l-inabilit%C3%A0-image142281424
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Stefano Malizia articolista

Sono Stefano Malizia laureato in scienze e tecniche psicologiche ad indirizzo biologico. Sono un copywriter, web designer e grafico freelance. Tra le mie passioni, oltre la scienza, spiccano la fotografia e la tecnologia a 360°.

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