Variazioni nel numero e nella struttura dei cromosomi

Il cromosoma è una struttura composta da un filamento di DNA e contenente da centinaia a migliaia di geni. Sono localizzati nel nucleo cellulare e possono essere visualizzate mediante l’utilizzo di tecniche di colorazione durante la divisione cellulare. Il numero e la morfologia dei cromosomi di una determinata specie è definito cariotipo, e il suo studio è deputato ad una branca della genetica chiamata citogenetica. Il corredo cromosomico umano è diploide ed è costituito da 46 geni. Di questi, 44 sono autosomi e due sono cromosomi sessuali, ossia XX nelle femmine e XY nei maschi. Tale numero è specifico e diverso per ogni specie, ma talvolta vi sono delle eccezioni.

assetto cromosomico umano maschile e femminile
Figura 1 – Cariotipo umano maschile e femminile. [Fonte: www.dreamstime.com]

Il fenotipo di molti organismi può essere modificato da cambiamenti nel numero o nella struttura dei cromosomi. Il numero delle serie omologhe di cromosomi presenti in una cellula è chiamato ploidia, definendo di conseguenza assetti cromosomici normali come euploidi e cariotipi con cromosomi in sovrannumero come poliploidi. I cambiamenti che riguardano la struttura dei cromosomi sono invece stati definiti dai citogenetisti riarrangiamenti. Per aneuploidia s’intende invece l’aggiunta o l’eliminazione di uno o singoli cromosomi.

Di seguito saranno quindi trattate le principali variazioni citogenetiche: poliploidia, aneuploidia ed i riarrangiamenti cromosomici.

Poliploidia

Esempio di piante poliploidi-le Graminacee
Figura 2 – Un esempio di pianta poliploide: le Graminacee. [Fonte: www.greenandglam.it]

La poliploidia, condizione caratterizzata da un numero cromosomico maggiore rispetto al normale, è molto comune nelle piante e molto rara negli animali (probabilmente perché interferisce con la determinazione del sesso). La condizione poliplioide può essere frutto di anomalie nella gametogenesi o nel processo di fecondazione, oppure nelle cellule somatiche. Caratteristica principale della poliploidia è un aumento della dimensione delle cellule, che conseguentemente porta ad un aumento delle dimensioni dell’intero organismo. Questo è di grande importanza per gli esseri umani, i quali dipendono dalla popolazione vegetale per il proprio sostentamento.

Tuttavia, la maggior parte delle specie poliploidi è sterile, per via della difficoltà di appaiamento dei cromosomi durante la meiosi. I gameti aneuploidi, se si uniscono alla fecondazione, producono zigoti che quasi sempre muoiono. Ne consegue la mancanza di frutti e semi, come per esempio nelle banane (triploide). La segregazione nel trivalente è sempre sbilanciata, per questo sono sempre sterili. Gli stessi errori nella meiosi possono avvenire anche nei tetraploidi, con la differenza che alcuni sembrano essere fertili, poiché l’accoppiamento avviene tra specie imparentate, con lo stesso (o quasi) numero di cromosomi.

Aneuploidia

L’aneuploidia è una condizione che influenza il fenotipo, in cui vi è una variazione di numero in una singola parte del genoma, in genere in un solo cromosoma. In tal caso il numero cromosomico non è un multiplo esatto del corredo aploide, al contrario della poliploidia. Si parla di:

  • ipoploidia, quando si verifica la mancanza di un cromosoma o di un segmento cromosomico;
  • iperploidia, quando vi è un cromosoma o un segmento cromosomico in eccesso.

La causa principale dell’aneuploidia è la non-disgiunzione di uno o più cromosomi durante la meiosi. Può succedere infatti che i cromosomi non si separino durante la meiosi I, o che non si separino i cromatidi fratelli durante la meiosi II o durante la mitosi. Qualora si verificasse la non-disgiunzione in meiosi II ne conseguirà una possibile trisomia (eccesso di un singolo cromosoma), oppure una monosomia (mancanza di un singolo cromosoma). Se la non-disgiunzione si ha per lo stesso cromosoma in entrambi i genitori, allora potrà verificarsi una nullisomia, qualora mancassero due cromosomi omologhi, oppure una tetrasomia, cioè un eccesso di un paio cromosomi omologhi.

Trisomie

Tra le trisomie più conosciute negli esseri umani, si possono citare la sindrome del Triplo X (cariotipo 47,XXX) in cui le femmine, fenotipicamente normali, riscontrano una ridotta fertilità e un lieve ritardo mentale. Anche il cariotipo 47,XXY è una trisomia vitale negli esseri umani. La malattia prende il nome di sindrome di Kleinefelter, dall’omonimo scopritore. Gli individui sono fenotipicamente maschi, ma tendono a sviluppare caratteri sessuali secondari tipici del sesso femminile e sono sterili.

Altre trisomie vitali negli esseri umani riguardano il cariotipo 47, XYY e il 46,XY. Più rare sono invece le trisomie dei cromosomi 13 e 18 (rispettivamente la sindrome di Patau e la sindrome di Edwards). In entrambe gli individui che ne sono affetti mostrano gravi anomalie fenotipiche, come per esempio ritardo mentale e motorio per entrambe le sindromi. La mortalità è precoce (entro i tre mesi di vita circa per la trisomia 13, ed entro i 6 mesi per la trisomia 18).

Assetto cromosomico della sindrome di Down
Figura 3 – Cariotipo della trisomia-21. [Fonte: www.riproduzionefertilita.it]

Impossibile non citare la trisomia-21, ben più nota con il nome di sindrome di Down. Nonostante la durata della vita degli individui affetti sia inferiore alla media, è l’unica trisomia in cui si sopravvive fino all’età adulta. La probabilità di avere un figlio con sindrome di Down aumenta con l’aumentare dell’età della madre, poiché nelle donne la meiosi comincia nel feto, ma si blocca in profase I e non è completata fino a quando l’uovo non è fecondato. Più l’oogonio rimane bloccato in profase I, più la probabilità che si verifichi una non-disgiunzione aumenta.

Monosomie

Tra le monosomie, l’unica vitale per l’uomo è la monosomia del cromosoma X, altrimenti chiamata sindrome di Turner (45,X). Gli individui in cui si riscontra questa malattia sono fenotipicamente femmine, sterili, con sviluppo incompleto degli organi sessuali secondari, bassa statura rispetto alla media e possibile ritardo mentale.

Riarrangiamenti della struttura cromosomica

Variazioni nella struttura dei cromosomi
Figura 4 – Variazioni nella struttura dei cromosomi. [Fonte: www.diagnosticageneticanutrizione.it]

I riarrangiamenti cromosomici sono mutazioni che riguardano la variazione della struttura dei cromosomi e possono essere distinte in:

  • bilanciate, quando non si verifica la perdita o il guadagno di materiale genetico;
  • sbilanciate dove, al contrario, si ha la perdita o il guadagno di materiale genetico.

Tra le prime rientrano le inversioni e le traslocazioni. Fanno parte invece dell’ultima categoria le delezioni e le duplicazioni.

Inversioni

Le inversioni sono cambiamenti nell’orientamento di un segmento del cromosoma. Quando questo segmento si stacca dal cromosoma, ruota di 180 gradi e si riunisce ad esso, ne consegue un’inversione dell’ordine dei geni del segmento. Per far sì che si verifichi ciò, il cromosoma deve spezzarsi in due parti. Esse si possono verificare anche attraverso l’azione di elementi trasponibili, ossia segmenti di DNA che hanno la capacità di spostarsi lungo il genoma attraverso un meccanismo definito trasposizione.

Possiamo distinguere due tipi principali di inversioni:

  • inversioni paracentriche (para = “vicino a”), che non comprendono il centromero;
  • inversioni pericentriche (peri = “attorno”), che includono il centromero e possono cambiare le lunghezze relative dei due bracci cromosomici.

Quando il segmento invertito è presente in un cromosoma ma non nel suo omologo, allora si ha un’inversione eterozigote. In questo caso, le sequenze omologhe possono appaiarsi e allinearsi solo se vengono formati anelli o anse di inversione nella regione in cui i loro geni sono in ordine invertito, poiché l’ordine genico è differente nei due cromosomi omologhi. Quando invece un individuo è omozigote per un’inversione, l’appaiamento dei cromosomi omologhi avviene normalmente.

Traslocazioni

La seconda categoria di mutazioni bilanciate riguarda le traslocazioni, che si generano quando un segmento di cromosoma si sposta e si unisce ad un cromosoma non omologo. Quando lo spostamento di un segmento cromosomico si verifica all’interno dello stesso cromosoma la traslocazione viene definita intracromosomica non-reciproca. Quella intercromosomica non-reciproca riguarda invece lo spostamento di un segmento cromosomico da un cromosoma ad uno non omologo. La traslocazione reciproca comporta infine lo scambio reciproco di segmenti cromosomici tra due cromosomi non omologhi.

Conseguenze patologiche delle traslocazioni

Precedentemente è stata citata la sindrome di Down tra le varie trisomie, ma un’altra possibile causa di tale malattia (anche se più rara) è un tipo di traslocazione, chiamata traslocazione Robertsoniana dal nome del citologo Robertson. In questo caso la traslocazione avviene durante la formazione dei gameti o nelle prime fasi dell’embriogenesi, e consiste nell’unione dei bracci lunghi dei cromosomi acrocentrici (quando il centrometro si trova molto vicino all’estremità finale del cromosoma) 21 e 14. Il cariotipo ne risulterà con un cromosoma in meno, in quanto questi si uniscono al livello del centromero. La traslocazione robertsoniana avviene per mezzo dell’unione del gamete di un portatore di traslocazione e di un gamete normale e la probabilità di concepire un figlio affetto aumentano in base al sesso del portatore. Qualora il portatore sia di sesso maschile infatti, la probabilità è dell’1%, nel caso in cui sia di sesso femminile del 15%.

Ma la sindrome di Down non è l’unica conseguenza patologica di una traslocazione. Alcuni tumori sono associati a traslocazioni, come per esempio il linfoma di Burkitt, rara forma di linfoma non-Hodgkin. È particolarmente aggressivo in quanto le cellule tumorali si replicano molto velocemente, rendendo così la malattia potenzialmente fatale nel caso non fosse trattata per tempo. Dal punto di vista genetico, si verifica una traslocazione reciproca tra il cromosoma 8 e il 14 con il coinvolgimento dell’oncogene MYC. La leucemia mieloide cronica ne è un altro esempio, frutto della traslocazione reciproca tra i cromosomi 9 e 22 e produzione del cromosoma Philadelphia.

Delezioni

Tra le mutazioni sbilanciate, come anticipato precedentemente, possiamo annoverare le delezioni e le duplicazioni. Rispettivamente comportano la mancanza e il raddoppiamento di un segmento cromosomico. Per quanto riguarda le prime, le cause scatenanti potrebbero essere radiazioni ionizzanti, temperatura, retrovirus, sostanze chimiche ed elementi trasponibili. Se riguardano un tratto di cromosoma molto esteso le delezioni in eterozigosi portano problemi di appaiamento dei cromosomi omologhi alla meiosi, formando delle anse da delezione. Questo è stato possibile notarlo grazie ai geni politenici in Drosophila. Conseguenze delle delezioni possono essere la sindrome del cri-du-chat, cariotipo 46,XX del(5)(p14), causata da una delezione nel braccio corto del cromosoma 5, e la sindrome di Prader-Willi (cariotipo 46 del(15)(q11q13)) causata da una delezione interstiziale di una parte del braccio lungo del cromosoma 15.

Duplicazioni e la loro importanza evolutiva

Con riferimento alle duplicazioni, le sequenze geniche non subiscono nessun cambiamento o perdita. L’unica variazione consiste nel materiale genetico che è stato addizionato, dando luogo ad un dosaggio genico abnorme. Un problema che potrebbe nascere riguarda la possibilità di poter produrre una proteina in quantità maggiore, causa di un dosaggio genico sbagliato. In questo caso, potrebbe generare gravi conseguenze per il funzionamento della cellula.

Nonostante ciò, le duplicazioni hanno ricoperto un ruolo importante nell’evoluzione come nel caso di molti organismi eucarioti. Quando in un cromosoma avviene una duplicazione, i geni di origine continuano a svolgere la loro funzione mentre le copie duplicate sono libere di mutare.

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Roberta Maria Serra

Futura biologa, nutro un forte interesse per temi quali la salute e la prevenzione, di cui scrivo e curo una rubrica social per Microbiologia Italia. Altre mie passioni riguardano l’astronomia, la bioinformatica, la biostatistica e la ricerca clinica. Ritengo che saper comunicare argomenti di carattere scientifico con chiarezza e rigore sia importantissimo, soprattutto nel periodo in cui viviamo.

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