Le piante emettono sostanze allelopatiche “avvelenando” i vicini
Ebbene sì, anche i vegetali si odiano tra loro. Infatti, durante la lotta per le risorse (luce, acqua, nutrienti) e per lo spazio, le piante emettono sostanze allelopatiche, per avere un vantaggio ecologico.
Questo fenomeno chiamato “allelopatia”, è molto comune nel Regno Vegetale. Difatti, sempre più specie di piante rivelano la capacità di emettere sostanze insidiose per le proprie vicine. Infatti, i vegetali competono per avere un vantaggio ecologico. Nello specifico si parla di eterotossicità (allelopatia rivolta contro le altre specie) ed autotossicità (se l’azione è contro i propri simili).
Cenni Storici sull’Allelopatia
Eppure, l’allelopatia è conosciuta fin dall’antichità (anche se i meccanismi di azione sono stati svelati molto più in là). Tantoché Teofrasto, allievo di Aristotele e considerato il primo botanico, ne descrive gli effetti sulla flora spontanea. Soltanto nell’Ottocento, Rice sarà in grado di svelare la vera natura dell’allelopatia.
L’arsenale chimico a disposizione delle piante allelopatiche
La natura di questi fenomeni è ancora poco conosciuta (non è questo il bello della ricerca scientifica?), tuttavia, è presente in centinaia di specie vegetali e comprende svariati composti chimici, tutti metaboliti secondari. Infatti, le secrezioni allelopatiche possono comprendere alcaloidi, glicosteroidi, terpenoidi, fenoli, saponine, etc. Effettivamente, le piante funzionano da veri e propri “laboratori chimici”, in grado di produrre una quantità straordinaria di molecole, molte delle quali note all’uomo da secoli. In particolare, questi metaboliti secondari vengono accumulati in molti organi vegetali (foglie, steli, rizomi, polline, etc.) ed emessi in diverse modalità (tramite essudati radicali, composti volatili, decomposizione dei residui).
Per quale motivo le piante hanno iniziato questa guerra chimica? Come anticipato all’inizio dell’articolo, i vegetali competono per avere un vantaggio ecologico e per crescere indisturbate, quindi avendo la possibilità di emettere fiori, frutti e semi (dai quali la propria discendenza continuerà a proliferare).
Viaggio tra le piante che emettono sostanze allelopatiche
“La stregoneria del noce”
Un famoso esempio di allelopatia riguarda il noce (Juglans regia), noto per la sua sinistra fama fin dalla notte dei tempi, tanto da essere associato alla stregoneria (non a caso il gheriglio ricorda un cervello). Per chi vive in campagna, è ben nota la scarsità di vegetazione sotto la chioma dei noci (specialmente gli esemplari più imponenti), che sarebbe causata da fenomeni di allelopatia. In particolare, è presente un composto chiamato juglone (sia negli essudati radicali che nelle foglie cadute al suolo), che una volta degradato rilascia molecole allelopatiche. Un altro esempio comune è nelle foreste di conifere, dove gli aghi si accumulano sul terreno. Gradualmente, questi rilasciano delle sostanze, in grado di rallentare la crescita di molte specie erbacee, riducendo la competizione per le risorse.
Allelopatia e “Stanchezza del Terreno”
Invece, gli agricoltori sono avvezzi alla cosiddetta “stanchezza del terreno”, cioè la perdita di vigore (sia vegetativo che produttivo) dei campi in cui è stata praticata la monocoltura per lungo tempo. Anche in questo caso il colpevole è l’allelopatia! Purtroppo, l’accumulo delle secrezioni radicali nel terreno, può causare una minore crescita delle piante appartenenti alla stessa specie di quella coltivata in precedenza, oppure della stessa famiglia. La soluzione per la “stanchezza del terreno” è l’attuazione di corrette pratiche agronomiche, prima fra tutte la rotazione delle colture. Effettivamente, la successione di piante appartenenti a specie, o meglio ancora famiglie diverse, riduce la presenza di composti fitotossici nel terreno. Inoltre, riduce l’incidenza delle malattie e preserva la fertilità del terreno.
I veleni emessi dall’invasivo Ailanto
Un altro esempio famoso di allelopatia ci è fornito dall’ailanto (Ailanthus altissima), il famigerato “albero dal paradiso”. Infatti, l’ailanto è un albero introdotto dalla Cina nel Settecento e ora tra le specie aliene invasive più temibili. Cosa rende questa pianta così insidiosa e invadente (tanto da crescere praticamente ovunque)? A parte l’apparato radicale, molto espanso e distruttivo nei confronti degli edifici, c’è anche l’azione allelopatica, in grado di “avvelenare” le piante circostanti (diciamo che non è il vicino da invitare a cena).
Infatti, l’esempio dell’ailanto esemplifica il vantaggio ecologico presente in molte piante aliene, in grado di emettere sostanze allelopatiche, nei confronti delle specie autoctone, minacciando la biodiversità di molte aree del mondo. Un altro esempio di “invasore” fornito di allelopatia è Solidago canadensis (pianta erbacea proveniente dal Nordamerica e diffusa da secoli in Europa). Tuttavia, le specie vegetali che competono per un vantaggio ecologico, tramite sostanze fitotossiche, sono innumerevoli, citiamo solamente il riso, la segale, il trifoglio alessandrino, l’eucalipto, l’avena e il mango.
Come si rendono utili le piante che rilasciano composti allelopatici
Eppure, c’è il rovescio della medaglia: a volte l’allelopatia può essere d’aiuto ai coltivatori. Come? Sfruttando “l’antipatia tra piante”. Insomma, il nemico del mio nemico è sempre un amico! Scherzi a parte, lo sfruttamento della competizione tra organismi diversi è uno dei pilastri dell’agricoltura biologica e della lotta a basso impiego di agrofarmaci in generale. In particolare, sono stati effettuati degli studi sull’impiego di composti “erbicidi naturali” che sfruttano le interazioni allelopatiche e perfino le cosiddette “cover crop” (le colture di copertura), che possono essere potenziate da un eventuale effetto allelopatico (come nella segale).
In conclusione, le piante sono un serbatoio di infinito di risorse (in particolare di molecole), che se opportunamente conosciute e impiegate, possono essere molto utili… anche per noi vicini umani!
Fonti
- “Secondary metabolite accumulation and phytotoxicity of invasive species Solidago canadensis L. during the growth period” ; Baležentienė; Allelopathy Journal, 2015.
- https://www.rivistadiagraria.org/articoli/anno-2019/lallelopatia-le-piante-influenzano-la-crescita-piante/
- https://antropocene.it/2018/08/23/allelopatia/
- “Allelopathic effects of leachates of Juglans regia L., Populus tremula L. and juglone on germination of temperate zone cultivated medicinal and aromatic plants”;Zubay et al., Agroforestry Systems, 2021.
- “Ailanthus altissima species invasion on biodiversity caused by potential allelopathy”; Research Journal of Agricultural Science, 2015; Bostan et al.
- “Allelopathic Interactions between Seeds of Portulaca oleracea L. and Various Crop Species”; Rashidi et al, Applied Sciences, 2021.
- “Allelopathy of pine litter: Delivery of allelopathic substances into forest floor”; Kinura et al.;Journal of plant Biology, 2015.
- “Evidence for Allelopathy by Residues and Aqueous Extracts of Rye (Secale cereale)”; Barnes et al, 2017.
Fonti per le immagini
- Fig.1 https://pixabay.com/it/photos/mani-macro-impianto-suolo-crescere-1838658/
- Fig.2 https://pixabay.com/it/photos/lavanda-fiori-campo-bloom-fiore-1595581/
- Fig.3 https://pixabay.com/it/photos/frutta-dadi-noce-albero-vegetale-222042/
- Fig.4 https://pixabay.com/it/photos/segale-campo-di-segale-grano-4269161/
- Fig.5 https://pixabay.com/it/photos/ailanthus-altissima-872444/
- Fig.6 https://pixabay.com/it/photos/papaveri-campo-tramonto-crepuscolo-174276/