Bulevirtide nella cura dell’epatite Delta: confermata la scoperta

Introduzione

L’epatite Delta, causata dal virus dell’epatite Delta (Hdv), è una malattia virale che richiede la presenza simultanea del virus dell’epatite B (Hbv) per replicarsi. Tuttavia, nonostante la sua dipendenza da Hbv, l’epatite Delta non può essere sottovalutata, poiché provoca un’epatite molto aggressiva che progredisce fino a 10 volte più rapidamente rispetto all’epatite B con cui si associa.

Recentemente, una ricerca internazionale pubblicata sul New England Journal of Medicine ha presentato risultati promettenti sull’efficacia di bulevirtide, il primo farmaco approvato dall’European Medicines Agency e dall’Agenzia Italiana del Farmaco per la cura dell’epatite Delta. Questi nuovi dati dimostrano che il trattamento con bulevirtide, somministrato sottocute alla dose di 2 milligrammi una volta al giorno, riduce drasticamente il carico virale e normalizza gli enzimi epatici dopo due anni di terapia.

La co-infezione (infezione simultanea da HBV/HPV) ha un decorso simile all’epatite acuta da HBV. La superinfezione di una persona già infettata da HBV (portatore) determina una progressione più rapida e più grave rispetto alla co-infezione, con il 5-20% di forme fulminanti. La diagnosi d’infezione viene eseguita mediante ELISA e RIA per la ricerca dell’antigene delta o degli anticorpi o PCR per il genoma virale. Il virus dell’epatite Delta è stato scoperto a Torino da Mario Rizzetto nel è un virus difettivo a RNA circolare, simile ai viroidi, il cui genoma è circondato dal «core» formato dall’antigene Delta. Si replica solo in presenza del virus dell’epatite B (virus helper) da cui acquisisce il pericapside formato da HBsAg. Il 20% dei portatori di HBV sono HDV positivi. Il virus è trasmesso con le stesse modalità di HBV.
Figura 1 – La co-infezione (infezione simultanea da HBV/HPV) ha un decorso simile all’epatite acuta da HBV. La superinfezione di una persona già infettata da HBV (portatore) determina una progressione più rapida e più grave rispetto alla co-infezione, con il 5-20% di forme fulminanti. La diagnosi d’infezione viene eseguita mediante ELISA e RIA per la ricerca dell’antigene delta o degli anticorpi o PCR per il genoma virale. Il virus dell’epatite Delta è stato scoperto a Torino da Mario Rizzetto nel è un virus difettivo a RNA circolare, simile ai viroidi, il cui genoma è circondato dal «core» formato dall’antigene Delta. Si replica solo in presenza del virus dell’epatite B (virus helper) da cui acquisisce il pericapside formato da HBsAg. Il 20% dei portatori di HBV sono HDV positivi. Il virus è trasmesso con le stesse modalità di HBV.

Caratteristiche dell’epatite Delta e l’importanza di bulevirtide

L’epatite Delta è considerata una malattia rara, presente nel 5% dei portatori di epatite B, il che significa che ci potrebbero essere da 12 a 15 milioni di pazienti affetti da epatite Delta nel mondo, e dalle 5 alle 10 mila persone in Italia. Negli ultimi 30 anni, i pazienti sono stati trattati principalmente con interferone, ma questa terapia risulta efficace solo nel 15-20% dei casi e può causare effetti collaterali significativi. Inoltre, spesso non è adatta per pazienti anziani o gravemente malati.

Bulevirtide rappresenta una svolta significativa nel trattamento dell’epatite Delta, poiché è il primo farmaco a dimostrare efficacia in monoterapia, senza l’uso di interferone. Secondo i risultati della ricerca, il trattamento con bulevirtide ha portato a una drastica riduzione del carico virale nel 45% dei pazienti, con una scomparsa completa del virus (non rilevabile) nel 12% dei casi. Inoltre, il farmaco ha contribuito al ripristino degli enzimi epatici, indicando un miglioramento nella funzionalità epatica. Bulevirtide agisce bloccando la proteina sulle cellule epatiche che consente all’epatite Delta di entrare, inibendo così la replicazione virale e riducendo l’infiammazione. Questo approccio ha dimostrato di frenare il virus e ridurre i danni al fegato, portando benefici anche ai pazienti con cirrosi avanzata.

Tre tipologie di casi e l’efficacia di bulevirtide

Secondo il dottor Pietro Lampertico, direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico di Milano e coautore della ricerca, la terapia con bulevirtide è efficace indipendentemente dalla gravità della malattia e dall’età del paziente. Esistono tre tipologie principali di casi:

  1. Italiani over-43: individui che hanno contratto il virus dell’epatite B prima che il vaccino diventasse obbligatorio nel 1991.
  2. Immagrati dall’Est Europa o altri Paesi: persone che vivono in Italia da tempo ma non sono state vaccinate e spesso hanno un’età compresa tra i 30 e i 40 anni.
  3. Nuovi migranti: individui provenienti da Paesi in cui l’epatite B e l’epatite Delta sono frequenti e che sono ancora più giovani.

La terapia con bulevirtide si è dimostrata efficace in tutti e tre i gruppi di pazienti. Non cura completamente la malattia poiché non eradicata il virus come accade nel trattamento dell’epatite C, ma riesce a sopprimerlo, evitando così la necessità di un trapianto di fegato. Questo è particolarmente importante considerando che il trapianto comporta costi elevati e non è sempre un’opzione realizzabile per i pazienti, oltre a compromettere la qualità della loro vita. Pertanto, nonostante il costo del trattamento con bulevirtide, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha previsto un’indicazione d’uso ampia, consentendo l’impiego del farmaco in tutti i pazienti con epatite Delta compensata.

Conclusioni

La pubblicazione di una ricerca internazionale sul New England Journal of Medicine conferma l’efficacia di bulevirtide, il primo farmaco approvato per la cura dell’epatite Delta. Questo virus, altamente aggressivo, può progredire rapidamente e mettere a rischio la vita dei pazienti, ma grazie a bulevirtide, ora c’è una soluzione terapeutica disponibile.

L’epatite Delta è considerata una malattia rara, ma il numero di pazienti affetti è significativo. I risultati della ricerca dimostrano che bulevirtide può ridurre drasticamente il carico virale e ripristinare il funzionamento epatico nei pazienti affetti da epatite Delta. Inoltre, il farmaco si è dimostrato efficace in pazienti di diverse età e con diverse condizioni di gravità della malattia.

L’introduzione di bulevirtide rappresenta un importante passo avanti nella cura dell’epatite Delta. Questo farmaco offre nuove possibilità di trattamento per i pazienti che in passato avevano poche opzioni terapeutiche. La terapia con bulevirtide, se somministrata correttamente e sotto la supervisione medica, può contribuire a migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da questa grave malattia epatica.

Fonti

  1. Caviglia, G. P., Abate, M. L., Pellicano, R., Smedile, A., & Rizzetto, M. (2021). Treatment of hepatitis D. Journal of Clinical Medicine, 10(1), 92. Link
  2. World Health Organization. Hepatitis D. Link
  3. European Association for the Study of the Liver. EASL clinical practice guidelines on hepatitis B virus infection. Link
  4. Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Bulevirtide – Primo farmaco per il trattamento dell’epatite Delta. Link
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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