Frances Oldham Kelsey: la farmacologa che salvò l’America dal Talidomide

Figura 1 - Fotografia raffigurante Frances Oldham Kelsey
Figura 1 – Fotografia di Frances Oldham Kelsey [Università di Chicago]

Oggi, 24 luglio, ricorre la nascita di Frances Oldham Kelsey, farmacologa canadese. Non è certamente uno dei nomi più noti a livello mondiale nel panorama scientifico, ma ha avuto un ruolo determinante che si intreccia con la storia dello scandalo del Talidomide.

Un po’ di biografia…

Frances Oldham Kelsey nacque nel 1914 a Shawnigan Lake, un Villaggio sull’isola di Vancouver, Canada. Nel 1935 si laureò in farmacologia all’Università di Montréal e un anno dopo iniziò a lavorare all’Università di Chicago, nella quale nel 1938 conseguì anche il Dottorato di Ricerca. Si dedicò a studi sulla malaria e scoprì che alcuni farmaci erano in grado di superare la placenta.

Lasciò l’Università di Chicago nel 1954 per assumere l’incarico di insegnante di farmacologia all’Università del Dakota del Sud.

Fu nel 1960 che la storia della Kelsey si intrecciò con quella del Talidomide, quando venne assunta dall’FDA a Washington.

Il Talidomide e il mercato USA

La casa farmaceutica Richardson Merrell stava tentando di introdurre il Talidomide nel mercato americano sotto il nome commerciale di Kevadon e presentò dunque la richiesta all’FDA. Chiedeva di commercializzarlo come tranquillante e antidolorifico per le donne in gravidanza. All’epoca il Talidomide era già stato approvato in Canada e in altri 20 Stati tra Europa e Africa.

Figura 2 - Immagine di una confezione di Kevadon, nome commerciale del Talidomide in America
Figura 2 – Immagine di una confezione di Kevadon, nome commerciale del Talidomide in America [Kevadon]

La richiesta approdò sulla scrivania della Kelsey che, arrivata da poco, lavorava all’attuale Center for Drug Evaluation and Research, ufficio che esamina le richieste per l’approvazione di nuovi farmaci per il mercato americano. In quegli anni l’FDA approvava i farmaci basandosi esclusivamente sui dati di sicurezza, quindi senza valutarne efficacia e tossicità. Quando veniva presentata una domanda di approvazione, l’FDA aveva 60 giorni di tempo per esaminare i dati ed eventualmente richiedere all’azienda farmaceutica ulteriori studi. Se l’Agenzia non forniva una risposta entro il termine di 60 giorni, il farmaco era automaticamente approvato.

Kelsey e il Talidomide

La Kelsey iniziò ad analizzare i documenti ricevuti: i dati chimici, farmacologici e medici relativi al Kevadon. Carenze in molte aree risultarono evidenti fin dal principio e la scienziata iniziò a nutrire dei dubbi nei confronti del farmaco, soprattutto per le neuriti periferiche riportate come effetto collaterale negli adulti e per la mancanza di dati sulla sicurezza per il trattamento dell’insonnia e della nausea nelle donne in gravidanza. Inoltre nella comunità scientifica circolavano già voci in merito ai sospetti effetti teratogeni avvenuti in Germania. Rifiutò quindi l’approvazione e richiese alla Richardson Merrell altri studi clinici per verificare i dati degli effetti secondari del talidomide sul sistema nervoso.

Il Kevadon non ottenne mai l’approvazione.

La Richardson Merrel naturalmente fece molte pressioni alla Kelsey ma queste non furono sufficienti ad influenzarla. Negando il consenso di commercializzazione, la Kelsey evitò che l’America venisse investita dall’epidemia di bambini malformati, come invece si verificò in altri Stati del mondo.

Nuove consapevolezze

Nel 1962 l’FDA aggiornò le norme per l’approvazione dei nuovi farmaci rendendole più stringenti, anche grazie al contributo della Kelsey che scrisse personalmente degli emendamenti.

Nello stesso anno il Presidente John Fitzgerald Kennedy decorò la Kelsey con il prestigioso “President’s Award for Distinguished Federal Civilian Service” per il suo contributo determinante nell’evitare la tragedia. Fu la seconda donna a ricevere questo premio.

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Figura 3 – John Kennedy mentre consegna il premio a Frances Oldham Kelsey [Premio]

Anche in America si verificò comunque qualche caso di focomelia da talidomide nei bambini, dato che alcune confezioni di farmaco vennero importate dai turisti o circolarono in modo non ufficiale.

I successivi studi confermarono che il farmaco è in grado di superare la placenta e causare seri danni di sviluppo al feto e all’embrione. Contemporaneamente iniziò ad emergere la necessità di migliorare i metodi per la valutazione della sicurezza dei farmaci e aumentare lo scambio di informazioni sia a livello nazionale che internazionale.

Iniziò inoltre a diffondersi la consapevolezza che i farmaci durante la gravidanza potevano causare danni poiché alcuni erano in grado di attraversare la barriera placentare ed avere effetti sul feto/embrione.

Helen Taussing, dottoressa della Johns Hopkins University, si recò in Germania nel 1962 per verificare la situazione dei bambini focomelici. Scrisse un commento per descrivere il suo sopralluogo in Europa. Nel testo sottolineava che alcune donne avevano assunto talidomide ancora prima di sapere di essere incinta. Per questo invitava le donne in età fertile a non assumere farmaci. Inoltre, suggerì l’istituzione di una banca dati centrale per tenere traccia dei farmaci assunti dalle gravide e delle condizioni dei bambini alla nascita.

Gli ultimi anni di Frances Oldham Kelsey

Nel 2000 la National Women’s Hall of Fame ha inserito la Kelsey nella propria lista. Si tratta di una istituzione che onora le donne che si sono distinte in un campo specifico, dando un contributo allo sviluppo degli USA.

Frances continuò a lavorare per l’FDA fino all’età di 90 anni (2005), giocando un ruolo chiave nell’organizzazione. È morta a Londra il 7 agosto del 2015.

Questa scienziata è un esempio di competenza, professionalità e non conflitto di interessi nello svolgimento della propria professione. Non ha permesso agli interessi economici di offuscare il suo giudizio professionale. In questo modo ha tutelato la salute dei cittadini americani e ha contributo alla nascita delle moderne norme per la sicurezza dei medicinali.

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Chiara Debora Fanti

Mi chiamo Chiara e sono una Biotecnologa. Mi sono laureata prima in Biotecnologie e poi in Biotecnologie Industriali all'Università di Padova. Mi affascinano molti campi scientifici, tra cui in particolar modo la microbiologia. Mi è sempre piaciuto scrivere ed ora grazie a Microbiologia Italia posso scrivere di Scienza. Penso che la divulgazione sia di vitale importanza per ostacolare la diffusione di informazioni scorrette. Spero di poter dare il mio contributo per far uscire la Scienza dalla Torre d'Avorio in cui è rimasta rinchiusa per molto tempo.

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