Erysiphe corylacearum: quando arriva “Il cugino cattivo” di un fungo fitopatogeno

Introduzione

I patogeni delle piante non riposano mai (come i migliori antagonisti di ogni storia avvincente). Si dà il caso che la nostra (o meglio la sua) sia molto interessante e soprattutto rimasta in sospeso. Il “colpevole” è Erysiphe corylacearum Schwein, una specie di fungo ascomicete, avvistato nel 2019 per la prima volta in Italia (area del Ticino in Piemonte), colpisce il nocciolo “Corylus avellanae”, causando gravi devastazioni.

Erysiphe corylacearum, agente eziologico dell'Oidio
Figura 1 – Erysiphe corylacearum, agente eziologico dell’Oidio

In particolare, il danno principale è visibile sulla pagina superiore della foglia, ma anche quella inferiore, brattee e frutti nelle peggiori infestazioni. Il suddetto patogeno è stato segnalato nel 2018 in Turchia, Iran e nel Caucaso, tutti territori vocati alla coltivazione delle nocciole. Questo nuovo Oidio è stato rinvenuto in Italia, ma anche Romania, Ucraina (Rosati et al. 2021), Ungheria e Polonia (Kalmàr et al. 2022).

Nel nostro Paese era già presente un Oidio avente come target il nocciolo (Phyllactinia corylicola), tuttavia il nuovo “invasore” sembra essere molto più difficile da controllare. Non bisogna mai dimenticare che le malattie delle piante “viaggiano” seguendo i loro bersagli, spesso veicolate dagli ignari esseri umani. A volte comportando gravi sconvolgimenti, al loro arrivo nel nuovo ambiente.

Biologia

Partiamo dal presupposto che esistono tantissime specie di Oidio, spesso appartenenti a generi diversi (Erysiphe, Phyllactinia). Molte specie di Oidio colpiscono una sola specie di pianta (o comunque imparentate strettamente tra loro), che presentano, tuttavia, la stessa sintomatologia. Principalmente la patina bianca (da cui la definizione comune di “Mal Bianco”) è determinata dal proliferare dei tricomi (peli) fogliari. Infatti, questa peluria è la risposta della pianta al micelio del fungo, che inizia a nutrirsi di succhi cellulari.

Mal bianco
Figura 2 – Mal bianco

In seguito, l’attività trofica del fungo sulla foglia, porta le foglie colpite a ingiallire, necrotizzare e distaccarsi in anticipo. Gli Oidi sono parassiti “biotrofi”, cioè che si nutrono delle cellule ancora in vita, utilizzando delle strutture specializzate chiamate “austori”. L’austorio è formato dal rigonfiamento dell’ifa, la quale è penetrata all’interno della cellula vegetale, sottraendole le sostanze nutritive, conducendola gradualmente a necrotizzare.

A differenza della Peronospora o della Botrite, gli Oidi sono “epifiti”, ossia vivono sulla superficie esterna della pianta, parassitandone l’epidermide, pur rimanendo esposti agli agenti atmosferici e anche ai trattamenti fungicidi. È particolarmente noto l’Oidio della vite (Erysiphe necator per gli addetti ai lavori), il primo dei tre flagelli che colpirono la viticoltura europea (assieme alla Peronospora e la Fillossera).

L’Oidio, per fortuna, venne rapidamente contrastato con trattamenti a base di zolfo, infatti, la parete cellulare di questo microrganismo è ricca di lipidi, dalle caratteristiche idrofobe. Pertanto, questo elemento si lega facilmente alla parete, portando l’Oidio fino alla morte. Successivamente, sono stati adottati agrofarmaci sintetici (dinitrofenoli e inibitori sintesi ergosterolo) e forme di biocontrollo tramite l’iperparassita Ampelomyces (letteralmente il parassita del parassita). Il già citato zolfo, si è rivelato indispensabile, non solo per difendere la vite, ma tutte le altre colture affette dalla numerosa famiglia degli Oidii, quali il melo, la rosa e via dicendo.

Epidemiologia

Normalmente, gli Oidii non tollerano le alte temperature, come nel caso di Phyllactinia corylicola, che compare sul nocciolo molto precocemente, senza causare danni significativi. Purtroppo, suo “cugino” Erysiphe corylacearum appare tardivamente, perfino sui frutti. Un’altra curiosità, che peraltro accomuna tutti gli Oidi, è la resistenza (relativa) alla carenza di acqua, dato che riescono a completare il ciclo di infezione in condizioni di scarsa umidità.

Criticità

Nel caso del “nuovo arrivato”, tra gli Oidii approdati nello Stivale, purtroppo lo zolfo non sembra essere efficacie, come nessun’altra sostanza attiva oggi nota. Questa specie risulta più aggressiva del precedente “Mal Bianco” che colpisce i corileti (ossia le piantagioni di Corylus avellanae) dal Piemonte alla Campania.

Non essendo stato trovato un sicuro mezzo di lotta contro E. corylacearum, è stata raccomandata la rimozione degli organi colpiti e la loro conseguente distruzione; al fine di ridurre la fonte di infezione (inoculo). La Regione Piemonte ha raccomandato gli agricoltori di monitorare la presenza della malattia e di segnalare sintomatologie sospette sulle piante, facendo attenzione anche ai polloni del nocciolo, che potrebbero ospitare E. corylacearum. Inoltre, è stata infatti dimostrata la sua capacità di svernare nelle foglie cadute sul terreno, sia in forma agamica che gamica come casmoteci (maturi diventano puntini neri visibili a occhio nudo). Seppur di diametro inferiore rispetto a quelli di Phyllactinia corylicola e dai filamenti sulla calotta superiore ramificanti con cui si attaccano alle superfici.

Si ringrazia Orlando Innaurato per la gentile concessione a Microbiologia Italia dell’articolo “Erysiphe corylacearum: quando arriva “Il cugino cattivo” di un fungo fitopatogeno”.

Fonti:

Foto dell'autore

Orlando Innaurato

Laureato in "Scienze della Produzione e Protezione delle Piante" presso l'Università degli Studi di Milano, in precedenza ho conseguito la laurea triennale in "Scienze e Tecnologie Agrarie" presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore-Piacenza. Pervaso da una curiosità insaziabile e amante della Natura, specialmente del mio nativo Abruzzo.

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