Come già noto, la psoriasi è una malattia multifattoriale che ha alla base sia fattori genetici sia ambientali; ma se avesse un legame anche con fattori comportamentali e stili di vita? Questa è l’idea che negli ultimi tempi sta incuriosendo ricercatori di tutto il mondo. Infatti, l’alterazione del microbioma e della permeabilità intestinale potrebbe mettere in relazione la psoriasi con patologie metaboliche legate a processi infiammatori cronici come l’obesità.
Obesità e infiammazione
Negli ultimi decenni, dagli anni ’70 al 2000, i casi di psoriasi, spesso associata ad artrite psoriasica, sono aumentati notevolmente.
Questo è il risultato di uno studio condotto negli Stati Uniti, che ha sottolineato come il consumo di cibi industrializzati, ad elevato impatto calorico, aumentato contenuto di grassi, sale e zuccheri, abbia cambiato le abitudini alimentari e, di conseguenza, incentivato lo sviluppo di casi di psoriasi.
Queste abitudini alimentari nei paesi industrializzati, non solo hanno sviluppato maggiori casi di psoriasi, ma incrementato il rischio di obesità degli individui.
Una casualità o co-morbidità? In realtà il tessuto adiposo è una riserva energetica dei grassi corporei utili negli stati di carenza alimentare. Quando la quantità di grassi supera l’effettiva spesa energetica corporea, questa condizione cronica sviluppa obesità relativa all’eccesso di peso corporeo.
Infatti, l’aumento di peso e alti valori BMI sono direttamente proporzionati all’insorgenza della psoriasi. Non sorprende che il tessuto adiposo non sia un tessuto inerte. Difatti, la sua funzione da organo endocrino porta alla secrezione di mediatori solubili ad azione pro-infiammatoria che innescano la cronicità infiammatoria tipica della patologia.
Psoriasi nei pazienti obesi
Psoriasi e obesità condividono varie citochine pro-infiammatorie. Le classiche adipochine che vengono segrete nel plasma sono:
- IL-6 (interluchina-6);
- il TNF-alfa (fattore di necrosi tumorale);
e altre specifiche molecole:
- Leptina
- Adiponectina
- Resistina
Entrambe le molecole, adiponectina e resistina sono secrete da adipociti bianchi.
Per quanto riguarda la produzione di leptina, questa è inibita da testosterone e glucocorticoidi e incentivata da sbalzi ormonali e processi infiammatori mediati dal TNF-alfa e IL-1beta. Al contrario l’adiponectina aumenta con la riduzione del peso corporeo ed è implicata nella regolazione del metabolismo energetico ed insulinemico.
Appare ovvio come livelli di leptina e resistina plasmatici siano correlati alla severità della psoriasi nei pazienti obesi. La leptina e la resistina non solo aumentano i processi infiammatori sistemici, ma stimolano la secrezione di TNF-alfa ed IL-8 implicati nella patogenesi della psoriasi. Inoltre, la leptina aumenta sia nel plasma dei pazienti obesi affetti da psoriasi sia a livello delle lesioni cutanee.
Citochine infiammatorie e alto BMI
Sia la psoriasi sia l’obesità condividono alcune citochine infiammatorie. Infatti elevati livelli di TNF-alfa, marcatore di infiammazione dei pazienti obesi, ed IL-6 sono stati trovati sia nel plasma di pazienti obesi sia nei fluidi delle lesioni psorisiache dei pazienti affetti. Quest’ultima scoperta è confermata dal trattamento farmacologico a base di anti-TNF-alfa impiegato nella psoriasi.
Un altro fattore in comune è la resistina. Questa adipochina secreta dai macrofagi del tessuto adiposo risulta elevata sia nei pazienti obesi sia nei pazienti con grave psoriasi.
Il fatto di avere citochine infiammatorie comuni, correlate ad un aumento del peso corporeo, lascia pensare ad un bilanciamento della dieta per ridurre l’insorgenza di psoriasi nei pazienti a più elevato rischio.
Psoriasi, obesità e dieta
Uno studio randomizzato condotto su 60 individui obesi affetti da psoriasi ha dimostrato come una dieta ipocalorica e una riduzione del peso corporeo di 15 Kg possa dare benefici sulla severità della psoriasi fino ad un anno.
Nutraceutica: un nuovo modo di pensare la terapia
Nuovi studi dell’Istituto Spallanzani di Roma confermano i benefici riscontrati nei pazienti che seguono una dieta mediterranea. Il principale “farmaco” alimentare potrebbe essere proprio l’olio di pesce, ricco in EPA e DHA.
L’acido eicosapentaneoico (EPA) funge da anti-infiammatorio per riduzione della porzione di acido arachidonico delle lesioni psorisiache sviluppate da una dieta ricca di carboidrati raffinati, grassi, basso consumo di proteine e fibre e da uno squilibrio del rapporto tra omega-3 e omega-6.
EPA e microbiota cutaneo
Alterati livelli di acidi grassi essenziali ridurrebbero la normale protezione dell’epidermide, sviluppando una progressiva disidratazione ed una maggiore esposizione ad infezioni cutanee che alterano il microbiota cutaneo.
Infatti, l’aumentato consumo di omega-3 ridurrebbe i livelli di acido arachidonico, primo imputato del processo infiammatorio nelle lesioni dei pazienti affetti da psoriasi. D’altra parte, inibendo i processi infiammatori, potrebbe aiutare a ripristinare il film idrolipidico e migliorare il mantenimento dell’omeostasi del microbioma cutaneo.
Agnese Ciardi
Fonti
- Jensen P. et al., 2017, Psoriasis and Obesity, Review paper
- Zuccotti E. et al., 2018, Nutritional strategies and psoriasis: current scientific evidence in clinical trials, European review for medical and pharmacological sciences
- https://www.centrostudigised.it/psoriasi_e_alimentazione.html