La terza tappa di “A tutta birra!”, la rubrica di Microbiologia Italia che vi porta alla scoperta del mondo della birra e dei suoi segreti, è interamente dedicata al fulcro del processo di produzione: la fermentazione.
Prima di immergerci nell’argomento, ricordiamo che il processo di produzione della birra consta di 4 fasi principali (Figura 1): le prime due, cioè la preparazione del malto e l’ammostamento sono dettagliatamente spiegate nel secondo articolo di “A tutta birra!”. Qui invece potete ripercorrere brevemente le tappe della storia della birra dalla nascita all’evoluzione nei tempi moderni.
Passiamo quindi ad affrontare l’argomento centrale di quest’articolo, ovvero quella fase in cui entrano in gioco i veri protagonisti di questo processo produttivo: la fermentazione alcolica da parte dei lieviti.
La fermentazione alcolica della birra
Quante volte abbiamo sentito ed usato questo termine?
Per chi avesse un vuoto di memoria, ricordiamo che la fermentazione alcolica è un metabolismo energetico caratteristico dei microrganismi anaerobi in cui il glucosio viene degradato in altri composti organici e produce energia (Figura 2).
E’ costituito da due reazioni: l’iniziale scissione del glucosio in due molecole di piruvato (glicolisi) e la successiva fermentazione alcolica vera e propria (Figura 3), in cui il piruvato viene decarbossilato ad acetaldeide dalla piruvato decarbossilasi e successivamente l’acetaldeide viene ridotta ad etanolo tramite l’alcol deidrogenasi, rigenerando una molecola di NADH. Un altro prodotto della fermentazione è l’anidride carbonica (CO2) che determina la tipica gasatura della birra finita.
I lieviti utilizzati per produrre la birra
Nella produzione della birra, vengono utilizzate principalmente due specie di lieviti, entrambi appartenenti al genere Saccharomyces:
- Saccharomyces pastorianus (Figura 4): è il lievito utilizzato per la produzione delle birre in stile lager. E’ un ceppo esclusivamente presente negli ambienti legati alla produzione della birra e diversi studi hanno confermato che il suo sviluppo sia legato alla nascita dei primi birrifici in Bavaria nel XV° secolo.
Gli studi di ricostruzione filogenetica hanno confermato che si tratta di un caso di selezione artificiale non intenzionale.
S. pastorianus sarebbe infatti un ibrido nato da due progenitori: S. cerevisiae (il cui optimum di temperatura è tra 30-35°C) e S. eubayanus, una delle specie appartenenti al genere Saccharomyces adattate alla crescita a basse temperature (8-15°C). Dall’ibridazione tra queste due specie, si è poi selezionato spontaneamente S. pastorianus, di cui é una variante S. carlsbergensis, il ceppo depositato dal noto birrificio danese.
- S. cerevisiae (Figura 4): è l’organismo modello dei lieviti nonché il microrganismo d’eccellenza per la produzione delle birre in stile ale.
Come già detto, il compito dei lieviti è quello di convertire gli zuccheri semplici in etanolo attraverso il loro metabolismo, ma anche qui una serie di regolazioni metaboliche contribuiscono ad ottenere prodotti e caratteristiche diverse, quelle caratteristiche aromatiche uniche che rendono la birra la bevanda preferita di molti.
Regolazione della fermentazione
Ricordiamo che il mosto, in seguito alla degradazione dell’amido, è costituito principalmente da monosaccaridi (glucosio), disaccaridi (maltosio) e trisaccaridi (maltotriosio) (Figura 5).
Il primo ad essere assimilato dai lieviti è il glucosio: viene metabolizzato tramite la glicolisi e convertito in due molecole di piruvato, che, a loro volta, vengono decarbossilate ad acetaldeide, ridotta poi in etanolo. Il consumo di glucosio inibisce l’assimilazione degli altri zuccheri (repressione da catabolita), i quali vengono metabolizzati solo quando la concentrazione di glucosio scende al di sotto di una certa soglia, ma anche qui il metabolismo è strettamente dipendente dal ceppo.
I ceppi lager, ad esempio, possiedono delle permeasi che permettono l’assimilazione del maltotriosio che viene poi scisso in glucosio e metabolizzato. Alcuni ceppi ale, invece, possiedono delle α-glucosidasi extracellulari che degradano il maltotriosio, permettendone il metabolismo senza produrre etanolo il che può dar vita a delle caratteristiche non desiderabili.
Come vedete, due specie microbiche apparentemente molto simili sono in grado di dar vita, in condizioni diverse e con metabolismi diversi, a due prodotti notevolmente diversi: le birre in stile lager e quelle in stile ale, con caratteristiche di colorazione, aromi e gradazione alcolica diverse. Andiamo a scoprirle nel dettaglio!
Lager: la birra a bassa fermentazione
Le birre in stile lager costituiscono la quasi totalità delle birre consumate al mondo e comprendono diverse tipologie.
Tutte sono però accomunate dalla cosiddetta “bassa fermentazione” condotta da S. pastorianus: è definita “bassa” sia perché avviene a temperature basse, comprese tra 9-14°C per 4-12 settimane, sia perché il lievito floccula e si deposita sul fondo del tino (Figura 6)
Il termine “lager” deriva dal tedesco lagerung che significa “immagazzinamento” o “stoccaggio” ed è riferito alla pratica della conservazione della birra a basse temperature, dopo la fermentazione, per permettere il processo di “auto-filtrazione” di cui parleremo anche in seguito.
Le birre in stile lager hanno generalmente un gusto pulito, sono leggere e fragranti. Sono perlopiù chiare, con un colore che spazia dal giallo paglierino al giallo dorato, e tra esse distinguiamo due noti stili: le Pilsner (es. la Carlsberg) e le Dortmunder (es. la DAB). Non mancano però le lager scure (dette anche Dunkel), con un colore che varia dall’ambrato al marrone-rossastro scuro e le lager nere (dette anche Schwarzbier) che ricordano molto le stout, con note di liquirizia e cioccolato (Figura 7). Hanno una gradazione alcolica che varia tra i 3.5% e i 6.5% ma tutte richiedono un imperativo assoluto: vanno consumate molto fredde (3-6°C)!
La ale: birra ad alta fermentazione
Le birre in stile ale sono meno diffuse delle lager, ma certamente più ricche ed intense per sapori ed aromi. Sono il frutto della cosiddetta “alta fermentazione” condotta con S. cerevisiae a temperature comprese tra 16-26°C per 7-10 giorni. In questo caso, è detta “alta” perché il lievito floccula e si concentra in alto, sulla superficie del mosto (Figura 8).
Le birre in stile ale sono, anch’esse, molto diverse tra loro ma sono tutte accomunate da alcune caratteristiche: gli aromi che variano tra lo speziato e il fruttato, il colore che va dal giallo torbido al bruno scuro e un’elevata gradazione alcolica che varia tra 5% e 10%. Tra di esse (Fig. 9) distinguiamo tipologie di birra molto note come le Pale Ale (in genere più chiare rispetto alle altre), le Red Ale (dal colore rosso vivace e un sapore tendente all’acidulo) e birre divenute talmente famose da costituire una categoria a sé come le Blanche (particolarmente chiare ed acidule) e le Stout (le famose scure come la Guinness). Per degustarle al meglio e percepire tutti gli aromi e le note speziate, è bene consumarle ad una temperatura compresa tra 8 e 15 °C (soprattutto le stout).
Le birre a fermentazione spontanea
Una categoria a parte è riservata a quelle birre prodotte attraverso un processo di fermentazione spontanea, in cui si lascia che siano i microrganismi naturalmente presenti all’interno dei birrifici a guidare la fermentazione. Questo fa sì che non solo si ottengano sfumature aromatiche peculiari, ma che siano difficilmente riproducibili, il che fa di ciascuna birra un prodotto straordinariamente unico ed inimitabile. Quali sono? Le birre in stile Lambic!
Del processo di fermentazione spontanea, metodica molto usata in antichità, ce ne ha parlato anche il nostro amico Andrea per la produzione della birra e di altre bevande fermentate. Andate a leggerlo!
Filtrazione e imbottigliamento
Dopo la fermentazione, la birra viene travasata per eliminare i residui di lievito e può essere filtrata meccanicamente per un processo più pulito. In seguito ad un periodo di “affinatura” viene poi finalmente imbottigliata, pronta ad essere venduta ai consumatori. Anche qui, però, spendiamo alcune parole per definire meglio le differenze tra birre lager e ale.
Il diacteyl rest nelle birre lager
Le birre lager, come già detto, vengono prodotte a basse temperature con tempistiche abbastanza lunghe. Durante la fermentazione, il lievito produce come metabolita di scarto il diacetile, un composto che conferisce alla birra un sapore sgradevole, tendente al rancido. Per questo motivo, al termine della fermentazione si effettua il cosiddetto diacetyl rest, un passaggio in cui la birra viene tenuta per alcune ore a temperature poco più alte (14-18°C) per permettere al lievito di riassorbire il diacetile (Figura 10).
In seguito, un ulteriore trattamento termico (noto come “lagerizzazione”), in cui la birra viene conservata a temperature bassissime, prossime allo zero, per settimane o addirittura mesi, serve a permettere alla birra di auto-filtrarsi, In questa fase avviene infatti la precipitazione totale del lievito e di altre molecole (proteine, tannini e solfuri) rendendo la birra particolarmente limpida.
Le birre in stile ale, invece, una volta avvenuta la fermentazione, possono essere filtrate o meno e vengono imbottigliate. Alcune di esse, possono andare incontro ad una seconda fermentazione in bottiglia, tramite l’aggiunta di ulteriori lieviti (lo stesso ceppo della prima oppure un ceppo diverso) prima dell’imbottigliamento, allo scopo di aggiungere altri aromi.
Degli aromi e di altre curiosità legate al mondo della birra parleremo nei prossimi articoli della rubrica “A tutta birra!”, non perdeteveli!
Cheers!
Bibliografia e sitografia
- Eliodorio KP, et al. (2019) Advances in yeast alcoholic fermentations for the production of bioethanol, beer and wine. Advances in Applied Microbiology 109: 61-119
- Kok YJ, et al. (2018) Brewing with malted barley or raw barley: what makes the difference in the processes? Applied Microbiology & Biotechnology 253-18: 9537-9
Scusate, non mi tornano alcune cose…La correlazione tra specie di lievito (quindi alta/bassa fermentazione) e colore della birra, grado alcolico, temperatura di servizio mi sembra inappropriata e priva di fondamento storico o scientifico.
Le doppelbock, le eisbock, ecc. (ma anche una commercialissima Tennent’s Super) sono a bassa fermentazione e superano i 6,5%. Al contrario molte ale classiche inglesi sono sotto i 5% (ordinary bitter, mild, …), ma anche la stessa Guiness.
Il colore della birra è dovuto principalmente ai malti e perciò, storicamente, il colore dei vari stili di birra era determinato da tecnologie di maltazione utilizzate e caratteristiche dell’acqua disponibile.
La temperatura di servizio si determina in base a quali caratteristiche della birra voglio far emergere (amaro, dolce, frizzantezza, alcolicità) e non in base al tipo di fermentazione.