“Fortune e sfortune del famoso Litio”, avrebbe intitolato, Daniel Defoe, un ritratto borghese dell’elemento psicotropo più noto dell’universo psicofarmaceutico. Anche, “farmaco d’artista” secondo l’illustre Prof. Pancheri, se applicato con scernente cognizione di causa ed effetto, da chi, oltre a professare, scevera e, ad arte, agisce. Ma l’ultimo studio, fa presagire altre qualità cellulari insperate, del minerale; per il momento, correlate all’altrettanto noto lievito di birra: Saccharomyces cerevisiae. Qualità, che promettono ben più, di un effetto antistress, in condizioni di iperosmolarità. Molto di più. Si ventila un allungamento della vita cellulare.
Ce n’è di litio, al mondo. Basta guardare negli occhi una pietra e sentirne soffiata la leggerezza, metallica dolcezza, in color d’argento vivo. Non mitezza, quella raffermata in blocchi e tagli, tuttavia; il λίϑος, litio, metallico alcalino, dal temperamento fumantino, in odor d’ossigeno perossida per fiamma carminia. Per questo, provvidenzialmente convinto ostaggio di spodumene, kunzite, lepidolite, petalite, e via di seguito.
The Fortunes and Misfortunes: il litio, a cavallo tra due secoli, e varie vicissitudini.
Prima che controverso farmaco, minerale è, il litio; alcalino metallo rinvenuto serenditamente sulla via di un’altra ricerca. Era il 1817, ed Arfwedson e Berzelius studiavano la petrolite, in Svezia. Solo negli anni ’40 dello stesso secolo, cominciarono ad affiorare le prime vaghe potenzialità terapeutiche, del nuovo elemento. Sarà che le necessità talvolta inventano le attitudini, fatto sta che, poichè, in quel periodo, il nemico della salute pubblica numero uno era l’acido urico, il ritrovato, con tale sfida cristallina, doveva misurarsi. Così fu. Litico lite, salino similia similibus curantur: il litio provò a divenire nuovo agente antigottoso.
La gotta. Dismetabolismo, geneticamente determinato, o secondariamente acquisito, a decorso cronico degenerativo; acquisito, ha eziologia nutrizional aristocratica: iperuricemia, da eccessi carnei, e zuccherini. Malattia del benessere, soprattutto. E forzosamente correlata a varie e disparate neurodistonie. Sindromi maniaco-depressive. Causate dagli odiati e misconosciuti acidi urici, concretati in cristalli da un ambiente a basso pH. Cognizioni acido-basiche ancora tutte da collegare, all’epoca del primo litio.
Lo smodato Novecento, e poi dritti alla meta.
Con il nuovo luciferino secolo, addirittura, il litio assurse a panacea.
“ …è in grado di curare gotta, reumatismo, diatesi d’iperuricemia, stipsi acuta e cronica, torpore epatico, obesità, malattia di Bright, albuminuria della gravidanza, asma, incontinenza urinaria, calcolosi, cistite, disturbi urogenitali, nevralgia e lombalgia,…. è anche un buon antimalarico”.
Charlie Mitchell, Journal of American Medical Association, 1910.
E quando la fiducia sale, la prudenza langue: finchè il cloridrato di litio, sostituì finanche il cloruro di sodio, come sale da cucina; poi irrefrenabile l’escalation: lithia water (figura 2), lithia beer (figura 3). Finchè, nel 1949, sul piatto alto e solitario di uno sbilanciato assenso, piombò una gragnuola di studi e di prove di tossicità del convitato di pietra.
Poi, finalmente, la misura si fece strada tra parossismi sperimentali, e netti rifiuti, e giunse il tempo degli onori meritati per il litio. Li guadagnò, in particolare, con gli studi e le pubblicazioni eccellenti: Cade, Schou, Baastrup, Hartigan, Copper, Kline, Gershon. Target farmacologico, concordarono tutti esser lo stato di eccitamento maniacale, e la profilassi delle ricadute.
Dal bianco e nero, al colore: tutti i colori, del mineral farmaco.
Il litio ha in fondo precorso i tempi di una rivoluzione, in campo farmacologico, che avrebbe poi investito il mondo intero; da quegli anni ’50, ad oggi. Con buona pace dei clinici britannici, ostinati detrattori; all’ombra forse di una montante Big Pharma, che contava già su un esponenziale fatturato, da settore in crescita. Ed il litio, selettivamente efficace e presente in natura, era inammissibile.
Oggi, i sali di litio sono posti al servizio non solo di trattamenti dei disordini dell’umore, ma anche di terapie anti-cancro e di gestione della neurodegenerazione d’Alzheimer. Nell’un caso, al litio si riconosce che incentivi l’autofagia delle cellule cancerose; benefico ostacolo quindi alla progressione replicativa, e disseminante; nell’altro caso, invece, il minerale alcalino muove strenua inibizione enzimatica, della glicogeno sintetasi chinasi, GSK-3, ed impedisce iperfosforilazione ed aggregazione della citoscheletrica proteina Tau. Nodo molecolare amaro, che lentamente mina lo scheletro neuronale, ed i preziosi tesori ch’esso del Tempo trattiene.
Pur di fronte a tutto ciò, gli ioni litio (Li+) hanno un ormai noto effetto citotossico, già a concentrazioni minime, rispetto agli omologhi sodici (Na+). Frena, il litio. Frena passaggi e conversioni: si oppone alla fosfoglucomutasi, in punta di glicolisi; e all’inositolo-1 (o 4)-monofosfatasi (IMPasi), ancora in contingenze glucidiche. Il che, deve in qualche modo correlare con i primi dati benauguranti, relativi a prossimi impieghi: meno venefici, se modulato da opportuno contesto zuccherino.
Prove di modulazione di un metallo ambiguo. il litio, in Saccharomyces cerevisiae: lo studio.
Spaziando in altri phyla, tuttavia, il litio si dichiara elongante principio della vitalità cellulare: in nematodi, mosche, e lieviti. E tra i lieviti, Saccharomyces cerevisiae manca ancora di dati congrui, su cui tessere strategie future. Perciò, a tanto, giunge l’ultimo studio del gruppo di ricerca guidato da Patrick Reith. In esso, si procede per confronto tra i due conservi, litio e sodio, spigolando divergenze e compresenze.
Cronache sperimentali
Molto si sa circa il ruolo del sodio nell’omeostasi salina in ambiente cellulare; nulla, quasi, del litio. Quindi lo studio mira a vagliare casi ed effetti di stress, cui il litio possa partecipare, o al contrario far fronte. Coinvolti ceppi di Saccharomyces cerevisiae, quali BY4741, Hsp104-GFP, crGE, essi sono cresciuti inizialmente in SDM arricchito in glucosio 2% (w/v), a 30°C e sotto agitazione a 200 rpm.
Del ceppo BY4741, una singola colonia ha poi subìto inoculo in 15 mL di SDM, con incubazione overnight; successivamente, il nuovo brodo di coltura è stato inoculato a sua volta in 50 mL di medium fresco, dai valori iniziali di OD₆₀₀ ≈ 0.2. Quando infine, la crescita del lievito ha raggiunto OD₆₀₀ ≈ 0.5–0.7, la coltura cellulare è stata divisa in 4 parti, poste in tubi da 12 mL. Questi nuovi campioni sono quelli che hanno fronteggiato le differenziali condizioni di stress, addotte mediante introduzione, in ognuna, di 3 mL di un preriscaldato medium (a 30°C), con e senza sali. I ricercatori hanno, a questo punto, ottentuto 5 casi: campione privo di stress salino, e campioni recanti carico osmotico da NaCl 1 M, NaCl 250 mM ed LiCl 200 mM, LiCl 50 mM. Prelievi e tempi di lettura dell’andamento di crescita cellulare del lievito, durante adattamento agli stress, a 5, 15, 30, 45, 60, 75 e 90 minuti.
Stress salino, ed esito di crescita di Saccharomyces cerevisiae.
Sulle cellule di lievito, i ricercatori hanno condotto una valutazione comparata tra litio e sodio, e sui loro effetti a carico del ceppo di S. cerevisiae, eletto a modello sperimentale utile. Il lettore Bioscreen C ha consentito, quindi, di verificare che in presenza di NaCl 250 mM, come di LiCl 50 mM, la crescita cellulare è proseguita indisturbata; e concentrazioni saline ancora inferiori, pare non abbiano destato alcuna risposta alterativa, nei cicli replicativi del lievito. Diversamente, concentrazioni rispettive di NaCl 1 M e di LiCl 200 mM sonostate in grado di ridurre il tasso di crescita cellulare, fino a quote di OD₆₀₀ , al 60% inferiori, rispetto alle condizioni standard.
Già si può far caso, tra litio e sodio, alla sostanziale differenza d’incidenza inibitoria, che sottende gradazioni di tossicità distanti, tra i due; mentre, NaCl 250 mM non ha riscosso tributo alcuno, in decremento replicativo, dal lievito, LiCl 200 mM ha esercitato eccome un pieno effetto inibitorio su Saccharomyces cerevisiae.
La voce del glucosio, nel silenzio inibitorio del litio.
Ammessa la pertinenza del litio nella modulazione enzimatica in àmbito glucidico, i ricercatori hanno cercato dati relativi a riduzione di tale inibizione, e quindi dell’ostilità del metallo alcalino che avrebbe, al netto di questa, invece ottimi effetti di controllo delle iperplasie, note e ferali. E dunque, a partire da cellule di lievito assuefatte a terreno di crescita ricco in glucosio 2 % (w/v), essi hanno posto le cellule di S. cerevisiae in terreni dotati solo di glucosio allo 0.5% (w/v); valutando letture a tempi coincidenti con quelli del saggio di crescita. Il periodo di incubazione e di agio di proliferazione, esteso a 16 giorni.
Negli stessi tubi di coltura, naturalmente, anche le opportune concentrazioni saline; da farne stato di stress sperimentale. Dal momento che, è in tali condizioni di emergenza, che occorre cogliere combinazioni mitiganti la tossicità certa del litio; così da renderlo, nelle più felici ipotesi, futura freccia al nostro arco.
Ebbene, la presenza dei sali sodici e litici (NaCl 1 M, NaCl 250 mM e LiCl 200 mM), ha restituito crescita ridotta e stazionaria, fino al 30-50% rispetto alle condizioni standard; inoltre, la deplezione di glucosio ha comportato decremento della densità massima cellulare. Tuttavia gli effetti depressivi sulla crescita cellulare, del glucosio 0.5% w/v e del LiCl 200 mM, non cumulano, a danno della vitalità del lievito.
Lievito sotto stress salino. Tempi d’adattamento.
In S. cerevisiae, la via metabolica del glicerolo ad alta osmolarità (HOG) è nota per essere regolatoria della risposta allo stress, in relazione all’adattamento delle cellule di lievito a iperosmolarità. Governa, essa, cioè, i processi di adattamento alle variazioni di soluti microambientali. Nella fase di preadattamento cellulare dei lieviti, alla nuova imposta contingenza di stress salino, si attiva tutto il meccanismo di fosforilazioni genetico-enzimatiche, favorenti accumulo di glicerolo.
Quindi, in assenza di sale, i ricercatori non hanno rilevato alcuna fosforilazione dell’enzima Hog1 (chiansi centrale dell’intero sistema enzimatico), e nessuna attivazione; NaCl 1 M ha determinato rapida fosforilazione, stato stazionario per 30 minuti, quindi decremento a 45 minuti; ed a 90 minuti ripristino della defosforilazione; NaCl 250 mM ha, invece, comportato una rapida fosforilazione, decaduta già dopo 5 minuti; LiCl 200 mM, infine, ha operato esattamente nello stesso ultimo modo citato.
Volume cellulare in stress salino. Tempi di ripristino.
Cellule felici di Saccharomyces cerevisiae, ovvero cresciute senza dover affrontare brutali alterazioni osmotiche del loro ambiente fisiologico, accrescono di norma il proprio volume cellulare, mediamente del 20%, in 90 minuti. La presenza, invece, per i ceppi campione, di NaCl 1 M ha indotto immediata riduzione del volume fino al 50%; recuperato solo dopo 90 minuti, dall’inizio del supplizio ipersalino. A concentrazione salina alterata da NaCl 250 mM, il volume cellulare dei lieviti è sceso del 40% rispetto alla buona fisiologia; riacquistando un 95% di salubrità, dopo 15 minuti dall’avvio della prova salina nel mezzo di crescita.
E l’effetto del litio? La presenza di LiCl 200 mM nel mezzo di crescita ha significato, per le cellule di Saccharomyces cerevisiae, riduzione media del volume cellulare pari al 25%; pienamente riguadagnando misura funzionale, dopo 30 minuti.
L’iperosmolarità del mezzo genera aggregati, nelle cellule di lievito.
È così, purtroppo. Le cellule trattate con sali hanno mostrato formazione ed accumulo di aggregati proteici già nelle primissime fasi del periodo di stress osmotico. Si tratta di Hsp104, impiegata in numerosi studi d’individuazione della frequenza e della localizzazione degli aggregati nelle cellule di lievito; grazie alla sua capacità di legare proteine mal ripiegate. Malefico risuono delle neurodegenerative basi delle morbilità senili.
L’effetto di NaCl 250 mM e di LiCl 200 mM, dalla simile concentrazione, ha mostrato un volto diverso: artefice, infatti, il litio, di una duratura aggregazione secondaria. Almeno al pari di NaCl 1 M.
Il crowding macromolecolare, nelle cellule sotto stress salino: ipotesi di modulazione.
Con l’ausilio di linee cellulari di Saccharomyces cerevisiae, crGE esprimenti biosensore FRET (Fluorescence Resonance Energy Transfer), i ricercatori son venuti a capo delle dinamiche che operano per l’affollamento, o crowding, macromolecolare acuto; anch’esso sirena di stress in corso. Sirena, che ha infatti suonato parimenti per ogni tipo di sale, e concentrazione salina inflitta alla crescita cellulare dei lieviti.
A 9 minuti dall’esposizione, mentre le cellule recuperavano progressivamente il proprio volume, adattandosi allo shock, l’affollamento macromolecolare decresceva. Quindi, progressiva riduzione di crowding, per lungo tempo, dopo introduzione di NaCl 1 M; equiparato, l’effetto del sodio e del litio, alle note concentrazioni simili, nei primi 40 minuti dell’esposizione; e crowding macromolecolare che si riduceva nel tempo.
I ricercatori ne hanno, così, convenuto che tale decremento di affollamento macromolecolare intracellulare fosse una risposta adattativa allo stress. Essa proseguiva anche dopo cessazione dello stato d’ipersalinità. E può, a detta loro, essere correlata al ripristino delle dimensioni cellulari; scongiurando quindi collasso cellulare. Ma, il dipiù: simile combinazione di cambiamenti strutturali della parete cellulare, e della densità macromolecolare cellulare, potrebbe secondo i ricercatori, spingersi fino a segnare le proprietà ottiche delle cellule di lievito.
Peso di differenti stress in termini di aggregati proteici, nelle cellule di lievito.
Applicando, innanzitutto, shock termico, ovvero 38°C, la frazione cellulare recante gli aggregati di Hsp 104 è risultata fortemente aumentata. Nel dettaglio, i ricercatori riportano il 100% per le cellule esposte a NaCl 250 mM e LiCl 200 mM, dopo 15 minuti dallo sbalzo termico. Diversamente, NaCl 1M ha causato aumento di aggregati proteici nel 40% delle cellule, dopo 15 minuti, e nel 25% in tempi successivi.
Se lo stress fosse invece generato da perossido d’idrogeno, dopo un preadattamento ai sali, le cellule produrrebbero aggregati di Hsp104 in quantità inferiori, rispetto allo stato d’ipertermia.
La restrizione calorica, infine, è assodato sia associata a longevità in molti phyla. Naturalmente noi, Humanum Genus, non costituiamo eccezione. Ma ancora, per S. cerevisiae, su questo non vi erano dati abbondanti. Quindi i ricercatori hanno proceduto a verificare se il preadattamento cellulare, ai sali di sodio e litio, incidesse sulla formazione di aggregati proteici; con sguardo attento anche a variazioni tra i due metalli alcalini.
Scoprendo, così, che la deplezione di glucosio determinasse innalzamento della quota di aggregati proteici, in cellule parte del controllo; e nessun effetto rilevante invece, su tale parametro, in preadattamento ai sali sodici e litici; le cellule costrette a preadattamento, da NaCl 1 M, sì che accumulavano nuovamente aggregati, già 75 minuti dopo la riduzione del glucosio.
Lunga vita al lievito, lunga vita al litio.
I ricercatori hanno, infine, correlato la densità cellulare ad OD₆₀₀, ad ogni condizione di crescita. E dunque, cellule cresciute in terreno dotato solo di 0.5% di glucosio hanno mostrato quasi la stessa vitale densità del controllo ricco del 2% di glucosio.
L’aggiunta, invece, di LiCl ed NaCl ha portato a riduzione del numero di cellule replicate del 70-80%, rispetto al controllo. Diversamente dal sodio, il litio passando da 50 mM a 200 mM fa sentire la sua tossicità senza sconto alcuno. Tranne, nel caso in cui il terreno di crescita delle sfortunate cellule, offerte al litio, contenesse solo 0.5% di glucosio (invece del 2%); ecco, in quel caso di studio, la sana proliferazione cellulare ne risultava meno soppressa ed in grado di riprendere quota fisiologica e longevità successiva. Come nulla fosse accaduto. E nessuno stress salino avesse mai interrotto la pacifica missione genetica di replica e prosecuzione della specie.
Litio, nuovamente panacea?
Allungamento della durata della vita cellulare, e promozione di un pronto ripristino da stress salino, termico, chimico. Tanto si ritiene di ravvisare nel litio. Certo, rispetto all’abbaglio novecentesco, i ricercatori hanno ben chiaro che in condizioni standard di crescita cellulare, concentrazioni elevate dell’ambiguo amico alcalino metallo siano più che dannose, per reazioni metaboliche e sistemi enzimatici.
Tuttavia, la regolazione della componente glucidica compresente, può smussare gli spigoli vivi, di una assunzione farmacologica critica e cruciale. Ed i risultati fin qui conseguiti permettono di guardare al litio come ad un regolatore di longevità, regolato dal glucosio.
Oggi, nel lievito.