Microbiologia enologica

Campo di applicazione e ricerca scientifica

La microbiologia enologica è una branca della biologia che studia e approfondisce la microbiologia applicata al settore enologico. In particolare, studia i lieviti e i batteri di interesse enologico, naturalmente presenti in mosti e vini o inoculati come starter, e il controllo di fermentazioni alcoliche e malo lattiche per ottenere vini di buona qualità.  

Per cominciare, Saccharomyces cerevisiae è il lievito per antonomasia con le maggiori capacità fermentative. Questo guida tutte le fermentazioni naturali o spontanee e fornisce le principali caratteristiche aromatiche al vino. 

Il contributo anche dei lieviti non-Saccharomyces conferisce diversità e complessità ai vini, come dimostrano le più recenti ricerche scientifiche.

Gli studi sulla Microbiologia enologica costituiscono una consolidata tradizione per la scuola di ricerca italiana. Fin dagli studi degli anni ’60 del Prof. Tommaso Castelli, si dimostrò l’esistenza di un legame fra lievito e ambiente viticolo, sia a livello di specie, sia di ceppo. Egli infatti isolò dalle fermentazioni spontanee le diverse specie di lievito. In questo modo, ha sottolineato già da allora il ruolo importante dei lieviti non-saccharomyces, in particolare dei lieviti apiculati. Inoltre, dimostrò che il genere asporigeno Kloeckera era presente prevalentemente nelle zone a clima freddo, mentre nei mosti di zone a clima temperato era presente il genere sporigeno Hanseniaspora.

I numerosi studi ecologici condotti dal prof. Castelli sono stati continuati in Italia dai suoi collaboratori. Questi poi hanno portato alla costituzione di una vasta collezione di lieviti vinari. Attraverso studi di ecologia, fisiologia, di metabolismo e di caratterizzazione genetica e tecnologica (in particolare di lieviti della specie Saccharomyces cerevisiae) sono stati individuati i parametri per la caratterizzazione dei lieviti starter selezionati.

I lieviti dell’uva

Dalla composizione microbica delle uve dipende la qualità finale del vino. Infatti, l’uva è la principale fonte di microrganismi per la produzione di vino. In particolare, si stima che sulla superficie dei grappoli la popolazione microbica raggiunga valori di 103 -105 UFC/g. Questa popolazione risulta poi composta principalmente da lieviti, ma anche da batteri e funghi filamentosi. 

Sui grappoli immaturi predominano i generi Torulopsis, Cryptococcus, Rhodotorula e Candida, oltre a Aureobasidium, Sporobolomyces, Filobasidium, Rhodosporidium che sono presenti in generale nel vigneto (suolo, foglie, corteccia). In alcuni casi, specie di Aureobasidium sono predominanti sulle uve, e sono persistenti fino alla fase di raccolta.

Sebbene questi lieviti non abbiano alcun ruolo in vinificazione, a causa della loro incapacità di fermentare gli zuccheri e di sopravvivere nel vino, essi costituiscono il “microbiota” residente sui chicchi d’uva.

Il principale agente della fermentazione, S. cerevisiae, invece, è assente o presente in concentrazioni molto basse. Inoltre, sembra che il ceppo dominante di S. cerevisiae in vigneto sia diverso ogni anno.

I fattori pedoclimatici che influenzano i lieviti dell’uva

Diversi studi di microbiologia enologica riportano che la composizione della popolazione microbica dipende da condizioni climatiche come: la temperatura, l’esposizione ai raggi UV, la pioggia, la luce solare e il vento. Bisogna anche considerare le differenze microclimatiche esistenti sia tra le diverse vigne che all’interno dello stesso vigneto. Ad esempio, la posizione della pianta all’interno della vigna determina delle caratteristiche specifiche. In particolare, un diverso livello d’irradiazione solare che raggiunge i grappoli d’uva, che influenza presenza e prevalenza numerica di lieviti pigmentati, come quelli appartenenti ai generi Rhodotorula, Sporobolomyces e Rhodosporidium.

Anche le pratiche agronomiche (fertilizzazione, irrigazione e gestione del vigneto) e l’impiego di prodotti chimici, quali fungicidi e insetticidi, influenzano il numero e la biodiversità del microbiota delle uve, sebbene, anche in questo caso, i risultati ottenuti sono diversi. In genere, sembra che la persistenza dei fungicidi sulle uve possa influenzare negativamente l’ecologia delle comunità dei lieviti coinvolti nella fermentazione.

Microbiologia enologica: come influisce la composizione della popolazione microbica del vigneto.
Figura 1 – La composizione della popolazione microbica del vigneto dipende da diversi fattori pedoclimatici. [Fonte: www.flickr.com]

Lieviti del mosto d’uva

La composizione dei lieviti presenti nel mosto d’uva è direttamente correlata al microbiota presente sulle uve. Nonostante ciò, nel mosto d’uva si ritrova un numero di specie di lievito maggiore di quello solitamente ritrovato sulle uve. Questo succede per via del contributo esercitato dalle specie di lievito presenti sulle attrezzature e nell’ambiente di cantina. Inoltre, i lieviti non-Saccharomyces presenti nel mosto possono essere suddivisi in tre categorie principali:

  • lieviti dotati di metabolismo ossidativo come Pichia spp., Debaryomyces spp., Rhodotorula spp., Candida spp.
  • lieviti apiculati, caratterizzati da una debole attività fermentativa, come K. apiculata (H. uvarum); 
  • lieviti caratterizzati da metabolismo fermentativo, come Kluyveromyces marxianus, Torulaspora spp. e Zygosaccharomyces spp.. I lieviti non-Saccharomyces isolati dalle superfici delle cantine appartengono alle specie Wickerhamomyces anomalusPichia membranifaciens, Candida spp., Cryptococcus spp. e, meno frequentemente, Rhodotorula spp.

Fattori che influenzano il microbiota indigeno del mosto d’uva

Il mosto d’uva è un mezzo nutritivo molto ricco e adatto allo sviluppo dei lieviti. Questo infatti contiene tutti gli elementi necessari alla crescita e allo sviluppo dei microrganismi. Questi elementi sono: zuccheri monosaccaridi fermentescibili come il glucosio e il fruttosio, fosfati, solfati, composti del potassio, del magnesio, del calcio; vitamine idrosolubili. Nonostante questo substrato costituisca un mezzo nutritivo relativamente completo, il basso valore di pH (3-3,5) e l’elevata concentrazione di zuccheri, esercitano una forte pressione selettiva sui microrganismi.

Per microbiota si intendono comunità di microrganismi e loro interazioni reciproche che si instaurano tra di essi in un determinato ambiente, siano queste interazioni costruttive, come nel caso della simbiosi, o negative, tese ad eliminare i concorrenti per una determinata “nicchia ecologica”.

Le interazioni tra due o più microrganismi possono essere di due tipi: simbiotiche, quando vi è per entrambi il beneficio della convivenza, o parassitarie dove una specie trae vantaggio dall’altra senza danneggiarla.

Mosto d'uva, mezzo nutritivo molto ricco per il microbiota. Prodotto della spremitura degli acini d'uva
Figura 2 – Mosto d’uva, mezzo nutritivo molto ricco per il microbiota. [Fonte: www.flickr.com]

Prospettive future

La trasformazione del mosto d’uva in vino è stata, ed è tuttora ampiamente studiata nel nostro paese.

Molti studi hanno dimostrato l’esistenza di un mondo microbico intimamente legato al proprio “terroir“. Infatti, la diffusione crescente dell’uso dei lieviti selezionati, se da un lato presenta il vantaggio di un corretto avvio e prosieguo della fermentazione, dall’altro pone il problema del rischio di standardizzazione o di perdita della tipicità dei prodotti, legato all’uso di un numero limitato di ceppi per la produzione di vini di diversa varietà, origine geografica e climatica. In questi ultimi anni bisogna sottolineare che in diverse università italiane si sono sviluppati gruppi di ricerca su tematiche della microbiologia enologica, che hanno portato ad un aumento di nuove competenze nel settore.

La collezione di microrganismi enologici ricopre un ruolo importante come fonte di “biodiversità metabolica” che si riflette sulle qualità di un vino prodotto. Grazie a determinate capacità enzimatiche presenti nei ceppi della collezione, si possono ottenere ad esempio profumi migliorati o accentuati, maggiore struttura o colore più stabile nei rossi e si potrebbero risolvere diversi problemi tecnologici legati alle produzioni enologiche. La biodiversità microbica presente in natura, quindi, permette di andare oltre la standardizzazione derivante dall’uso di uno o pochi microrganismi per ogni tipo di produzione enologica, abbracciando l’idea di un’enologia di precisione, dove ogni vino, ogni singola denominazione, ha un suo microrganismo, selezionato su misura.

Fonti:

Crediti per le immagini:

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