Biochimica del pane: ciò che mangiamo non è sempre uguale

Generalità

Con il termine “Pane” intendiamo il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta lievitata e preparata con sfarinati di grano o altri cereali, acqua e, anche se non sempre, sale, spezie e aromi.

I vari tipi di pane si differenziano comunemente per il loro grado di lievitazione e, di conseguenza, per l’alveolatura che caratterizza il loro interno. I passaggi che ne caratterizzano la produzione sono vari e riassumibili entro due fasi:

  • Mixing, durante il quale si provvede a mischiare i vari ingredienti, ottenendo un mix più o meno omogeneo. Questa è una fase abbastanza veloce e dura pochi minuti;
  • Malaxage, in cui inizia la vera e propria lavorazione dell’impasto, al quale applichiamo energia sufficiente per rompere i legami disolfurici e, soprattutto, formare la maglia glutinica, dalla quale dipenderà parte della qualità del nostro pane.
Pane caratterizzato da un'importante alveolatura
Figura 1 – Pane caratterizzato da un’importante alveolatura [fysis.it]

Biochimica del pane: il glutine

La fase di impastamento, nei suoi più passaggi, è molto importante, nonché decisiva per la qualità del nostro pane, sia nella sua struttura fisica, sia nella sua componente biochimica. Le farine e il pane di grano, nella loro composizione biochimica, sono notoriamente caratterizzati dalla presenza delle proteine di riserva gliadina e glutenina; queste compongono circa l’80% delle proteine nel frumento e, nel dettaglio, le glutenine sono composte da una subunità a basso peso molecolare e una ad alto peso molecolare. Le gliadine, invece, tendono ad essere insolubili in acqua e si distinguono in Alfa, Beta, Gamma e Omega. Queste, inoltre, sono le dirette responsabili delle reazioni avverse al glutine nei celiaci.

Il glutine, presente nel pane e in tutti i prodotti da forno a base di frumento e non solo, è un composto alimentare di natura proteica che si forma proprio a partire dalle gliadine e dalle glutenine, le quali, a contatto con l’acqua e con il giusto apporto di energia, tendono a legarsi, durante le fasi di impastamento, formando una maglia visco-elastica.

La durata della lavorazione è decisiva per ottenere un glutine capace di conferire all’impasto estensibilità, da parte delle gliadine, e tenacità, da parte delle glutenine. Alla fine, la quantità e il rapporto tra queste indicano la forza (“W”) di una farina, rilevabile studiando l’impasto all’alveografo. Al termine delle nostre analisi, infatti, l’alveogramma indicherà il rapporto estensibilità-tenacità, cruciale per le successive lavorazioni dei prodotti da forno, tra cui il pane.

Un altro esame capace di indicarci la qualità di una maglia glutinica è eseguito mediante l’estensografo, uno strumento che ci indica la massima estensibilità dell’impasto.

Alveografo di Chopin
Figura 2 – Alveografo di Chopin [pizzaitalianacademy.it]

Biochimica del pane: l’impasto

Basandosi sul tipo di prodotto da forno o pane che si vuole ottenere e selezionati, di conseguenza, gli ingredienti adeguati, la fase di produzione dell’impasto risulta, nonchè la scelta del metodo da applicare, risulta decisiva al fine di ottenere un prodotto della qualità desiderata.

Aldilà della delscrizione delle fasi di impastamento precedentemente descritte, queste devono essere svolte con tempi, modalità e ingredienti specifici; un impasto deve presentare ingredienti uniformemente distribuiti, nonché una maglia glutinica adeguatamente tenace ed estensibile.

Le modalità di lavorazione incidono direttamente sulla biochimica del nostro impasto e, dunque, anche sul prodotto da forno o pane finito.

Un impasto diretto, il più comune, prevede l’uso del Lievito di birra, formato da numerose colonie di Saccaromyces cerevisiae, rilevate proprio dalla produzione della birra. Nonostante questo sia il metodo di panificazione più usato, per avere un pane più ricco soprattutto nelle sue componenti aromatiche, sono impiegati metodi diversi:

  • Metodo indiretto – il Poolish, che prevede di preparare un impasto seguendo le stesse modalità del metodo diretto appena descritto, per poi lasciare l’impasto a fermentare per circa 6-8 ore; al termine della fermentazione, otterremo un pH particolarmente acido e una forte idratazione, che permetterà di ottenere un pane più croccante;
Poolish, il cui utilizzo avviene una volta che il suo volume è raddoppiamo con la lievitazione
Figura 3 – Poolish, il cui utilizzo avviene una volta che il suo volume è raddoppiamo con la lievitazione [wikipedia.org]
  • Metodo indiretto – la Biga, che prevede una preparazione simile a quella del Poolish ma una successiva fermentazione di 24 ore, tanto da essere noto come “lievito serale”, dall’idratazione finale minore di quella del Poolish, pH intorno al 5 e che, alla fine, darà un pane dalle caratteristiche organolettiche più spiccate.
Biga per produzione di pane e altri prodotti da forno
Figura 4 – Biga per produzione di pane e altri prodotti da forno [wikipedia.org]

Biochimica del pane: la Pasta madre

Il metodo maggiormente utile ad ottenere un pane dalla composizione e biochimica variegata, nonché un prodotto dai sapori unici, è quello semi-diretto, al termine del quale otteniamo la nota Pasta madre.

La produzione di questa non prevede l’uso di lieviti, bensì sfrutta i microrganismi dell’ambiente circostante, attuando, quindi, una fermentazione da seguire per circa un mese, con idratazioni costanti ogni 24/48 ore. Al termine del periodo di fermentazione, l’impasto avrà raddoppiato il proprio volume, avrà un pH acido e, soprattutto, conterrà composti aromatici che, alla fine, ritroviamo nel nostro pane.

Fonti

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Davide Puntorieri

Dottore in Scienze gastronomiche e oggi studente di scienze e tecnologie alimentari (LM-70) presso l'Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria.

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