Francesca Schiavone e la malattia? La tennista che ha vinto il Linfoma di Hodgkin

Il 23 Giungo 1980 nasce Francesca Schiavone, la prima tennista italiana ad aver vinto il torneo del Grande Slam. Si tratta della vittoria più importante per il tennis italiano al femminile. Nel 2019 però una malattia colpisce la tennista, che si trova costretta ad annunciare la fine della sua carriera. La diagnosi di linfoma di Hodgkin mette Francesca k.o. per un po’, quando poi nel 2021 va in trasferta per la più importante partita contro la sua malattia, e la vince!

La malattia di Francesca Schiavone. La tennista si racconta sui social dopo la sconfitta del linfoma
Figura 1 – La malattia di Francesca Schiavone.
La tennista si racconta sui social dopo la sconfitta del linfoma  [Fonte: https://www.instahttps://www.instagram.com/p/B6BWPeRlqAe/?igshid=YmMyMTA2M2Y=gram.com/p/B6BWPeRlqAe/?igshid=YmMyMTA2M2Y=]

La malattia di Francesca Schiavone oggetto di studio

Francesca è diventata simbolo di rinascita per chi come lei combatte questa travagliata battaglia. Prendiamo ora la sua malattia come modello per spiegare cos’è il Linfoma che l’ha colpita. In generale per linfoma si intende un tumore maligno originato dalla proliferazione di un particolare tipo cellulare. Questo tumore insorge nella maggior parte dei casi in uno o più gruppi di linfoghiandole che aumentano di volume e aderiscono tra loro. In questo modo determinano disturbi di diversa natura a seconda della sede interessata. Nello specifico il linfoma di Hodgkin (HL) comprende un gruppo eterogeneo di neoplasie linfoidi maligne che originano nelle cellule B. Da un punto di vista istologico, è caratterizzato dalla presenza di cellule di Hodgkin mononucleate e multinucleate di Reed-Sternberg (HRS).

Le cellule multinucleate di Reed-Sternberg (HRS), tipiche del linfoma di Hodgkin
Figura 2 – Le cellule multinucleate di Reed-Sternberg (HRS), tipiche del linfoma di Hodgkin
 [Fonte: https://www.shutterstock.com/fr/search/reed-sternberg-cell]

Il HL ha un picco di incidenza tra i 15 e i 30 anni di vita e annualmente nei paesi sviluppati l’incidenza è di circa 1/40.000, con rapporto uomo-donna di 15:1. Questa è una delle ragioni per cui la definiamo “malattia di Francesca Schiavone”, lei è stata quell’uno sui quindici uomini. Le cause non sono del tutto note, tuttavia i soggetti immunodepressi sono maggiormente suscettibili. L’esordio della malattia è variabile e spesso subdolo con un quadro clinico complesso.

Descrizione fenotipica

Si manifesta con la tumefazione di un solo linfonodo o gruppo di linfonodi; e le sedi più colpite sono le laterocervicali e sopraclaveari. Se inizialmente la malattia è linfonodale localizzata, poi si può estendere a tutti i linfonodi fino alla milza e a tutti i tessuti; in un arco di tempo variabile.

Secondo la Human Phenotype Ontology (HPO), le anomalie possono essere classificate sulla base della frequenza di manifestazione della malattia. I segni clinici e i sintomi si distinguono in molto frequenti, frequenti e infine occasionali.

Segni clinici della malattia dell’atleta Francesca Schiavone

Tra i segni molto frequenti ritroviamo fatica, immunodeficienza, linfoadenopatia, la comparsa del linfoma. Talvolta l’infiammazione è localizzata e resta quiescente al punto che il paziente risulti asintomatico. Poi iniziano ad essere interessati sedi linfonodali quali collo, ascelle, mediastino. Le zone intaccate in modo meno frequente rientrano le parti inguinali.

Tra i sintomi meno frequenti rientrano anche perdita di peso che può portare ad anoressia, oppure dolore al torace, tosse, febbre associata a iperidrosi notturna (eccessiva sudorazione). In alcuni casi l’esordio della malattia è caratterizzato da temperature che raggiungono i 39-40°C ogni 12h, e infiammazione di un piccolo linfonodo. La terribile conseguenza è che in questi casi, il linfonodo intaccato inizia a crescere repentinamente. Sintomo importante e da non trascurare è il prurito. Il prurito si manifesta in modo insistente e diffuso e nessuna comune cura darebbe sollievo.

Tra le manifestazioni occasionali ci sono la epatomegalia (ingrossamento di entità modesta del fegato), splenomegalia (ingrandimento della milza), dispnea, dolore osseo generalizzato, mal di testa. O ancora neuropatia periferica e atassia (mancanza di coordinazione dei movimenti), emottisi (fuoriuscita di sangue dalle vie respiratorie a seguito di colpo di tosse), neoplasia. Infine anomalia del sangue e dei tessuti che formano il sangue.

Diagnosi della malattia della Schiavone

Per ogni caso si stabilisce lo stadio della malattia dal I al IV stadio. Lo si fa in base alla localizzazione e si parla di stadio A o B. Rispettivamente se è assente o è presente uno o più sintomi generali. La prognosi dello stadio B è meno favorevole della tipologia A.

La diagnosi per il Linfoma di Hodgkin è di tipo istologico e basata sul riscontro nel linfonodo, milza, midollo, o qualsiasi altro organo formato dalle cellule Reed-Strenberg o Hodkin. Ambedue le cellule rappresentano elementi tumorali e non rilevabili nelle altre forme di linfoma. La diagnosi quindi viene eseguita sulla base dei sintomi, sulla VES (velocità di sedimentazione di eritrociti) e una biopsia linfonodale. Nel quadro istologico inoltre, c’è una componente di tipo reattivo costituita dalla presenza di eosinofili, plasmacellule, macrofagi. Per individuare l’esatta localizzazione del linfoma, si ricorre ad esame istologico del midollo osseo, radiografie del torace, ecografia dell’addome. In certi casi è opportuna un TAC total-body.

Istotipi di Hodgkin

In base alle caratteristiche del quadro istologico, si distinguono quattro istotipi di Hodgkin, importanti ai fini della prognosi:

  1. forma a predominanza linfocitaria: a lenta e favorevole evoluzione;
  2. forma a sclerosi nodulare: più frequente nelle giovani donne e interessa il mediastino;
  3. forme a cellularità mista: riscontrabile in 1/3 di tutti i linfomi di Hodgkin e con andamento variabile;
  4. forma a deplezione linfocitaria: più frequente nei paziente anziani a rapida e sfavorevole evoluzione.

Il riconoscimento dei vari istotipi si fa al microscopio, e in casi dubbi ci si avvale dell’impiego di anticorpi monoclonali. Questi riconoscono particolari antigeni di superficie delle cellule neoplastiche. In generale la suddivisione dei vari istotipi sta nel fatto che ognuno di essi giova di particolari terapie ed una specifica prognosi. Si può scegliere così di volta in volta la cura e la terapia adeguata per prevedere quanto a lungo possa rimanere il paziente in buona salute.

Interventi stadio-specifici

Una volta effettuati i vari test istologici, qualora dovesse risultare un linfoma di Hodgkin della specie A allo stadio I (linfoma localizzato a sede unica), è indicata la radioterapia. Ci sono alte probabilità di completa remissione del paziente. Si procede con una laparotomia anche per accertarsi che non siano presenti micro-localizzazioni del linfoma a livello della milza e del fegato. Esistono però linfomi di Hodgkin che resistono anche alle più energiche terapie. Stiamo parlando di linfomi di Hodkin di specie B che iniziano con elevati momenti febbrili e spiccati sintomi generali. I casi con la prognosi migliore sono quelli della specie A agli stadi I e II.

Terapie

Il presupposto della terapia è quello di raggiungere l’eradicazione della malattia per una completa remissione e la totale scomparsa delle lesioni. Spesso chemioterapia e radioterapia vengono impiegate insieme. La via maestra è la chemioterapia: 4 cicli di chemio (farmaci antineoplastici) anche se comporta effetti indesiderati quali vomito, perdita di capelli. La radioterapia invece ha il compito di distruggere il tessuto neoplastico. I migliori risultati si ottengono con radiazioni ad alta energia. La terapia è prescritta secondo precisi protocolli tenendo conto degli istotipi e dello stadio della malattia, come già detto.

Nei casi di alta malignità, il trapianto diventa il concetto base. Consiste nella sostituzione delle cellule cancerose con quelle staminali ematiche sane, ottenute dal midollo osseo o dal sangue. Esistono due tipi di trapianti:

  • allogenico: le cellule trapiantate provengono da un donatore compatibile;
  • autologo: le cellule vengono prelevante dal midollo del paziente stesso, raccolte prima di sottoporre il paziente a chemioterapia ad alte dosi.

Conclusioni con un piccolo ringraziamento alla tennista

Oggi Francesca, l’unica tennista italiana ad aver vinto il Roland Garros è un’allenatrice e ha fondato “Schiavone Team Lab”. Si tratta di un team da lei guidato. Sostiene che sia “arrivato il momento di trasmette ai giovani e ai professionisti le mie conoscenze e la mia esperienza in modo professionale e strutturato”. La malattia di Francesca Schiavone non rimarrà solo un cattivo ricordo da seppellire, perché rappresenta la più bella coppa mia alzata dalla tennista. Sappiamo bene infatti che lei non si limiterà solo a raccontare della sua esperienza nel tennis. La tennista farà della sua più grande vittoria contro il linfoma la più alta forma di testimonianza. Che la Schiavone rimanga esempio di forza e tenacia dentro e fuori il suo amato campo da tennis.

Fonti

  • https://hpo.jax.org/app/browse/disease/ORPHA:391
  • https://www.orpha.net/consor/cgi-bin/Disease_HPOTerms.php?lng=IT&data_id=13310&Typ=Pat&diseaseType=Pat&from=rightMenu
  • https://www.sport-today.it/tennis/francesca-schiavone-presenta-il-suo-laboratorio-di-talenti.htm
  • https://www.ubitennis.com/blog/2019/06/23/le-39-primavere-di-francesca-schiavone/

Fonti immagini

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Francesca Di Ciaula Articolista

Laureanda in Biologia presso Università degli Studi di Bari. intuitiva e creativa. Amante della Genetica che non sbaglia mai, come dice mio padre. Appassionata alla scrittura divulgativa e saggistica.

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