Alluminio e patologia di Alzheimer: esiste una correlazione?

I disordini metabolici sono la causa di patologie cerebrali come le malattie neurodegenerative. Tra queste rilevante è la patologia di Alzheimer, la malattia neurodegenerativa più diffusa tra gli anziani dei Paesi sviluppati (come Paesi europei, USA ed Australia). Questa malattia fu scoperta agli inizi del 1900 dal neurologo tedesco Alois Alzheimer. Dalla comparsa dei primi sintomi, una progressiva compromissione di funzioni comportamentali e cognitive impatta negativamente sullo svolgimento delle comuni attività quotidiane. L’esordio precoce, ovvero prima dei 65 anni di età, si osserva in meno del 10% dei pazienti che presentano questa patologia. Proseguendo con la lettura vedremo la correlazione tra l’alluminio e la malattia di Alzheimer.

Differenza tra emisfero cerebrale sano ed emisfero malato di malattia di Alzheimer (riduzione del volume cerebrale).
Figura 1 – Alterazioni dei neuroni e del parenchima cerebrale [Fonte: https://www.powerofpositivity.com/]

In generale, la tossicità cellulare che si riscontra in caso di malattia è legata ad anomalie del metabolismo della singola cellula. Esse portano alla formazione di aggregati di β-amiloide (Aβ – prodotto di degradazione anormale della proteina di membrana APP) e di grovigli neurofibrillari (derivanti dalla fosforilazione anomala della proteina Tau).

Oltre al patrimonio genetico che può predisporre allo sviluppo della patologia, anche lo stile di vita ha un impatto da non sottovalutare. Quest’ultimo infatti prevede delle abitudini che possono essere modificate sulla base della conoscenza. Una dieta sana, regolare esercizio fisico aerobico e lo svolgimento di attività ricreative come la lettura possono ridurre il rischio di malattia di Alzheimer.

Interazione ambiente-uomo

Oltre ad essere presenti nella crosta terrestre, i metalli sono diffusi nella biosfera a causa di attività antropiche. Questi elementi sono caratterizzati da un’elevata stabilità, solubilità nelle precipitazioni atmosferiche e capacità di essere assorbiti sia dagli organismi viventi, che dal suolo. L’esposizione umana a questi composti è in aumento, a causa del loro utilizzo in differenti applicazioni agricole, domestiche, industriali e tecnologiche. Le fonti comuni di metalli sono molteplici, tra le quali abbiamo le emissioni dei veicoli, i fertilizzanti, il legno trattato, le microplastiche e le vernici.
Le principali vie di esposizione umana comprendono inalazione, ingestione e contatto cutaneo.

Metalli nelle nostre cellule

I metalli rappresentano una categoria di elementi chimici importanti per le funzioni cellulari dell’uomo, sia in condizioni di buona salute che in condizioni patologiche. A livello fisiologico i metalli possono rappresentare nutrienti essenziali (ad esempio ferro e zinco), essere relativamente innocui, seppur in quantità limitate (argento), od addirittura rivelarsi tossici (alluminio, cadmio e piombo).

Elementi essenziali per il corretto funzionamento fisiologico dell'organismo ed elementi tossici.
Figura 2 – Elementi chimici essenziali e non essenziali [Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/]

I metalli non essenziali inducono tossicità sistemica, provocando danni a più organi, anche a livelli più bassi di esposizione. In particolare, l’evidenza suggerisce che la disregolazione nell’omeostasi dei metalli essenziali e l’esposizione a metalli non essenziali hanno un impatto significativo sulla patogenesi della malattia di Alzheimer.

Alluminio e Alzheimer

In grado di attraversare la barriera ematoencefalica (barriera chimico-fisica che protegge il cervello), l’alluminio rappresenta una neurotossina che interferisce con molti processi cellulari nel cervello dei mammiferi. Tra i vari processi coinvolti abbiamo la sintesi di neurotrasmettitori, la trasmissione sinaptica e le risposte infiammatorie. L’alluminio rappresenta quindi un elemento che porta ad uno squilibrio di segnalazione che disturba la funzione cerebrale.

In particolare, per quanto riguarda la correlazione tra alluminio e malattia di Alzheimer, è stato visto che Aβ accoppiato con alluminio è più tossico di Aβ stesso poichè causa la rottura della membrana e la perturbazione dell’omeostasi neurale dello ione calcio e della respirazione mitocondriale.

Questo metallo viene assorbito preferenzialmente dalle cellule gliali che portano a sintesi di citochine infiammatorie.
Neuroni e cellule gliali muoiono per apoptosi.

Come si può intervenire?

Lo studio Sfide associate alla terapia di chelazione dei metalli nella malattia di Alzheimer (2009) ha messo in evidenza la chelazione dell’alluminio come potenziale terapia per la malattia di Alzheimer. La deferoxamina, un chelante di alluminio e ferro, si accoppia con il metallo considerato e ne riduce la tossicità, dimostrando di attenuare il declino cognitivo nei pazienti con questa patologia.

Nonostante non vi sia alcun effetto preventivo, il trattamento con i chelanti dell’alluminio potrebbe ridurre al minimo gli effetti neurodegenerativi che questo elemento causa nei pazienti con esposizione nota per tutto il corso della vita.
 
Oltre questo trattamento mirato, nella vita di tutti i giorni possiamo prestare attenzione all’utilizzo di materiali di alluminio. Utensili, fogli d’alluminio e pentole, vengono utilizzate in cucina ancora oggi. Più in generale per ridurre l’esposizione ai metalli pesanti si potrebbe evitare di utilizzare prodotti chimici per la pulizia degli ambienti; si consiglia di consumare alimenti provenienti da diverse zone geografiche, in modo da ridurre statisticamente rischi di intossicazione acuta e di fare attenzione ai cosmetici che si ha intenzione di comprare (in quanto alcuni contengono proprio questi dannosi elementi).

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Giulia Guarisco

La biologia è la mia passione più grande. Spaziando tra immunologia, neurobiochimica e patologia, sono molto interessata alla fisiologia del sistema nervoso.

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