Un nuovo approccio alla salute mentale: le sostanze psichedeliche

Un grave problema di salute pubblica è rappresentato dai disturbi della salute mentale, i quali affliggono circa 350 milioni di persone e portano ad oneri sociali ed economici a livello globale. I meccanismi fisiopatologici che stanno alla base di queste malattie non sono ancora ben compresi, di conseguenza il loro trattamento risulta essere limitato. Una svolta sembrerebbe essere rappresentata dalle sostanze psichedeliche, le quali, dopo un lungo periodo di importanti restrizioni, si trovano al centro delle ricerche come applicazione terapeutica per i disturbi mentali.

Fortunatamente la Food and Drug Administration (FDA) consente a persone gravemente malate, refrattarie alle terapie riconosciute come clinicamente accettabili, di poter essere curate con farmaci ancora non approvati. Questi rappresentano “programmi di uso compassionevole” e rivestono un ruolo cruciale poichè molti individui con disturbi di salute mentale non rispondono adeguatamente ai farmaci FDA attualmente approvati.

Cosa accade al cervello quando siamo sotto effetto di una sostanza psichedelica?

Grazie al neuroimaging è possibile comprendere meglio l’azione delle droghe psichedeliche su modelli di connettività cerebrale e sull’attività di specifiche regioni cerebrali. Alla base dello stato psichedelico sembrerebbe esserci un’alterazione dell’elaborazione delle informazioni all’interno dei circuiti cortico-striato-talamo-corticale.

Neuroimaging in gruppo di controllo e gruppo sotto effetto di LSD
Figura 1 – Visualizazzione dell’attività cerebrale di soggetti placebo e sotto effetto di LSD [https://www.imperial.ac.uk]

Sotto influenza delle sostanze psichedeliche, diversi risultati ottenuti dimostrano risposte differenziali nelle regioni corticali associative e sensoriali.

Per quanto riguarda gli effetti acuti, in alcune regioni del cervello la neurofisiologia legata all’impatto delle sostanze psichedeliche è stata ben studiata. Nella corteccia prefrontale, ad esempio, il modello di localizzazione mostra come gli psichedelici portino ad un aumento dell’eccitabilità dendritica ed induzione di potenziali postsinaptici eccitatori. In vivo si riscontra una complessità maggiore, poichè i microcircuiti corticali contengono più sottopopolazioni di neuroni piramidali e sottotipi di neuroni GABAergici.

Gli effetti a lungo termine riguardano la segnalazione molecolare ed il firing neuronale. L’analisi dei trascritti dell’mRNA mostra come, 90 minuti dopo una singola dose di LSD nei roditori, sono riportati aumenti nell’espressione di geni associati alla plasticità nella neocorteccia, come c-fos, arc ed egr-2. Inoltre si ha una sovraregolazione di fattori neurotrofici come il BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor).

LSD nella ricerca psichiatrica

L’LSD è un derivato semisintetico dell’acido lisergico, presente nei funghi della segale cornuta nota come Claviceps purpurea. Albert Hoffman lo sintetizza per la prima volte nel 1938, nei laboratori Sandoz, e nel 1947 risulta commercializzato come psicofarmaco per trattare alcolismo e nevrosi.

Seppur scarsamente documentati metodologicamente, tra il 1950 e il 1970 i primi studi con questa sostanza hanno indicato che la stessa possa avere proprietà antidepressive ed ansiolitiche. In pazienti con ansia, cancro e depressione è stata eseguita psicoterapia assistita da LSD. L’utilizzo di questa sostanza psichedelica riveste un promettente potenziale anche per il trattamento del comportamento criminale, delle dipendenze, della frigidità e delle malattie correlate ad infiammazione cronica (tra cui cefalea, emicrania e malattia di Alzheimer).

Struttura molecolare dell'LSD
Figura 2 – Struttura dell’LSD [https://fineartamerica.com]

Studi sistematici sono, al momento, limitati a pazienti con depressione unipolare (UD). Soggetti affetti da disturbo bipolare sono stati esclusi per problemi di sicurezza, poichè hanno sperimentato fasi di mania successive all’ingestione delle sostanze psichedeliche.

Un approccio terapeutico diviso in quattro fasi caratterizza gli studi sulla UD: 1. valutazione, 2. preparazione, 3. esperienza e 4. integrazione. Dopo aver analizzato l’ammissibilità psicologica e somatica, ai partecipanti viene spiegata la tipologia di possibili effetti ed impostato il corretto atteggiamento per l’esperienza psichedelica. Alla base di quest’ultima è necessario un rapporto di fiducia con il terapeuta, il quale resta a fianco del paziente in caso di necessità, e con l’ambiente di studio. La sessione si svolge in un ambiente confortevole, con possibilità di ascoltare musica. Dal giorno seguente sono raccolte esperienze ed intuizioni, le quali vengono poi integrate e lavorate nel processo terapeutico, con l’obiettivo di apportare cambiamenti psicologici e comportamentali duraturi.

Sebbene non sia noto il meccanismo delle azioni terapeutiche di questa sostanza psichedelica, trattamenti che prevedono alcune singole somministrazioni di LSD correlate ad un contesto terapeutico possono avere un potenziale in psichiatria. Si rivelano necessarie ricerche metodologicamente più valide sui meccanismi biologici e psicologici e sulla capacità terapeutica nell’ambito della salute mentale.

MDMA nel disturbo da stress post traumatico

Sintetizzata per la prima volta nel 1912, la 3,4-metilenediossimetanfetamina, conosciuta come MDMA, è strutturalmente correlata agli psicostimolanti e agli allucinogeni. Questa sostanza mostra una crescente evidenza di efficacia per trattare il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) ed è emersa come una potente aggiunta alla psicoterapia. In grado di aumentare i livelli fisiologici di dopamina, noradrenalina e serotonina, stimola inoltre il rilascio di ormoni, tra cui cortisolo, prolattina e vasopressina. A seguito dell’ingestione di questa sostanza si osserva inoltre un aumento della sintesi dell’ossitocina che, parzialmente, spiega i rilevabili effetti prosociali ed empatogeni.

Struttura molecolare della sostanza MDMA
Figura 3 – Struttura dell’MDMA [https://pixels.com]

Il meccanismo terapeutico dell’MDMA non è ancora ben compreso ma gli effetti più importanti sono dovuti all’attivazione del sistema serotoninergico che porta ad una conseguente ridotta reattività dell’amigdala agli stimoli avversi. Maltrattamenti infantili, violenza e traumi subiti durante il servizio militare sono le esposizioni traumatiche associate ai tassi più elevati di tentativi di suicidio. L’8% di pazienti affetti da PTSD aveva tentato il suicidio nel corso della propria vita ed oltre il 32% di pazienti con diagnosi coesistenti di disturbo bipolare e PTSD aveva provato ad attuare la medesima fine dell’esistenza.

L’esperienza clinica supporta una maggiore probabilità di benefici duraturi quando l’MDMA è aggiunta alla psicoterapia, piuttosto che assunta in autonomia.

Questa sostanza agisce efficacemente sulla sintomatologia del PTSD e gli effetti sono estremamente durevoli, fino ad oltre un anno dopo il trattamento. Ulteriori studi, alcuni dei quali ancora in corso, sembrano supportare la teoria secondo cui le sostanze psichedeliche potrebbero rivelarsi terapie durature, innovative e rapide per i disturbi di salute mentale.

Fonti:

Crediti immagini:

Foto dell'autore

Giulia Guarisco

La biologia è la mia passione più grande. Spaziando tra immunologia, neurobiochimica e patologia, sono molto interessata alla fisiologia del sistema nervoso.

Lascia un commento

MICROBIOLOGIAITALIA.IT

Marchio®: 302022000135597

CENTORRINO S.R.L.S.

Bernalda, via Montegrappa 34

Partita IVA 01431780772