Microrganismi indicatori di qualità e sicurezza negli alimenti

Introduzione

Valutare la sicurezza, l’igiene e la qualità delle produzioni alimentari, mediante indicatori di qualità e sicurezza, non è affatto semplice; i parametri da tenere in considerazione, infatti, possono essere numerosissimi (pH, aW, concentrazione o presenza di determinate sostanze, ecc.) e, spesso, difficili da controllare nel tempo.

Tuttavia, fortunatamente, a “collaborare” con gli addetti ai lavori, ci sono dei microrganismi capaci di indicare la qualità e la sicurezza dell’alimento. Questi microrganismi di qualità e sicurezza alimentare, spesso, sono batteri o virus, solitamente non pericolosi per la salute umana, e tra questi distinguiamo:

  • Coliformi (es. Escherichia coli);
  • Enterococchi (es. Enterococcus fecalis);
  • Acetobacter spp.;
  • Batteri lattici;
  • Virus batteriofagi (es. colifagi).

Microrganismi indicatori di qualità negli alimenti

Gli indicatori di qualità degli alimenti, che coincidono con quelli che indicano la shelf life di questi, consistono in quei microrganismi (e i loro metaboliti) che, normalmente, non dovrebbero essere presenti in grandi concentrazioni nell’alimento che analizziamo.

La concentrazione di questi microrganismi, infatti, si può definire inversamente proporzionale alla Shelf life del nostro prodotto, tant’è che il produttore deve limitarne la proliferazione e lo sviluppo.

Al fine di essere definibili come indicatori di qualità, i microrganismi devono rispettare determinati parametri:

  • Concentrazione direttamente e negativamente correlata con la qualità del prodotto;
  • Facilmente rilevabili e quantificabili in breve tempo;
  • Non essere infulenzati dal normale microbiota dell’alimento da analizzare.

A rispettare tali requisiti e ad essere oggi utilizzati come microrganismi indicatori di qualità alimentare, quindi, troviamo Bacillus spp. nei prodotti da forno, i batteri lattici nel vino, Clostridium spp. nei formaggi a pasta dura e molti altri.

Inoltre, così come i microrganismi, alcune sostanze possono essere impiegate come indicatori e tra queste conosciamo la cadaverina per la carne di manzo, il diacetile nei succhi e la trimetilammina nel pesce.

indicatori di qualità - Osservazione di Clostridium sporogenes, responsabile di difetti nei formaggi a pasta dura
Figura 1 – Osservazione di Clostridium sporogenes, responsabile di difetti nei formaggi a pasta dura [wikipedia.org]

Microrganismi indicatori di sicurezza negli alimenti

Gli indicatori di sicurezza negli alimenti sono dei microrganismi che, se trovati, denotano la presenza di alcuni patogeni indesiderati sui substrati analizzati.

Anche questi, al fine di essere definiti tali, devono rispettare alcuni criteri, tra cui:

  • Essere facilmente rilevabili e quantificabili;
  • Essere direttamente correlati alla presenza di un patogeno target;
  • Avere una concentrazione sempre superiore e correlata a quella del microrganismo che indicano;
  • Non essere normalmente presenti in alimenti privi del patogeno.

Questo genere di microrganismi sono soprattutto impiegati per il controllo delle contaminazioni fecali, nelle acque e non solo; poprio per questo, infatti, i più noti sono i colformi come E. coli, proposti come indicatori di qualità e sicurezza già nel 1895 da Schradinger.

I coliformi sono bastoncini asporigeni e Gram negativi che, oltre ad Escherichia, comprendono Citrobacter, Enterobacter e Klebisella. Il loro habitat è variegato e questo gli permette di crescere bene su numerosi substrati, seppur prediligendo il tratto gastrointestinale di animali e uomini; inoltre, la loro facilità di isolamento è data dalla loro capacità di crescere anche in presenza di sali biliari, che invece inibiscono i Gram positivi.

La loro presenza, in quanto indicatori di qualità e sicurezza, è regolamentata in base al substrato alimentare da analizzare:

  • non più di 10 ufc/mL in latte pastorizzato di alta qualità;
  • non più di 10 ufc/mL per alimenti congelati precotti;
  • non più di 100 ufc/mL per alimenti farciti con creme.

E. coli: alcuni limiti nel suo impiego da indicatore di sicurezza

Nonostante l’impiego dei coliformi come indicatori di sicurezza sia così comune, questi non sono usati come indicatori di contaminazione fecale nelle produzioni dei prodotti lattiero caseari, bensì come strumento per valutare le condizioni igieniche di produzione; allo stesso tempo, inoltre, questi sono normalmente presenti nei prodotti ortofrutticoli e la loro conta, soprattutto successivamente ad alcuni trattamenti termici, può non essere adeguatamente indicativa.

indicatori di sicurezza - Osservazione al microscopio elettronico di E. coli, tipico indicatore di contaminazione fecale.
Figura 2 – Osservazione al microscopio elettronico di E. coli, tipico indicatore di contaminazione fecale [wikipedia.org]

Enterococchi e batteriofagi: un’alternativa ad E. coli

Proprio a partire da questi “limiti”, infatti, si è arrivati ad utilizzare anche altre specie batteriche, come quelli appartenenti al genere Enterococcus. Questi, infatti, non sono soliti moltiplicarsi nell’acqua, pertanto la loro presenza in essa è un indice inconfutabile di contaminazione fecale. Questi, inoltre, resistono meglio alle intemperie e ad ambienti a loro ostili, rendendosi, in questo modo, degli indicatori più affidabili negli alimenti congelati.

Altri indicatori di sicurezza alternativi, infine, sono i colifagi. Questi, infatti, si trovano in quantità direttamente correlate ad E. coli e, soprattutto, anche a virus patogeni intestinali.

Rappresentazione 3D di un batteriofago in azione
Figura 3 – Rappresentazione 3D di un batteriofago in azione [stock.adobe.com]

Indicatori di sicurezza alimentare e microbiologia predittiva

Avere alimenti totalmente privi di indicatori di sicurezza, e di conseguenza caratterizzati da una conncentrazione di microrganismi indesiderati nulla, è praticamente impossibile. Proprio per questo, infatti, aldilà di patogeni particolarmente pericolosi come Clostridium boulinum, i limiti microbiologici definiti nei regolamenti comunitari permettono la presenza di tali microrganismi, seppur sempre in concentrazioni irrisorie.

Una volta rilevate le concentrazioni degli indicatori e/o dei patogeni correlati, si utilizza la microbiologia predittiva.

La microbiologia predittiva è una branca della microbiologia che sfrutta alcuni modelli matematici, al fine di prevedere la crescita dei microrganismi indesiderati, nonchè per definire la shelf life di un prodotto.

I modelli impiegati sono numerosi e molti di questi ipotizzano il variare di parametri come la temperatura e il pH, mediante specifici software e ottenendo, al termine delle analisi, una curva di crescita batterica.

Un metodo molto comune è il Monte Carlo nel latte pastorizzato, in cui sono impiegati dati come la carica di microrganismi alteranti iniziale, la temperatura di conservazione del latte e il tempo di generazione.

Esempio di impiego della microbiologia predittiva nella definizione della shelf life del prosciutto cotto
Figura 4 – Esempio di impiego della microbiologia predittiva nella definizione della shelf life del prosciutto cotto [food-hub.it]

Fonti

  • J M Jay et al., Microbiologia degli alimenti. Springer-Verlag Italia, 2009

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Davide Puntorieri

Dottore in Scienze gastronomiche e oggi studente di scienze e tecnologie alimentari (LM-70) presso l'Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria.

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