Il Parvovirus B19: la quinta malattia

Il parvovirus B19, scoperto nel 1975, è l’agente della quinta malattia o eritema infettivo ed è l’unico parvovirus patogeno per l’uomo (Fig. 1).

Fig. 1: Parvovirus umano

Questo virus cresce solo in cellule in attiva moltiplicazione, in particolare in cellule del fegato fetale, cellule del cordone ombelicale, cellule progenitrici midollari, eritrociti di soggetti con leucemie eritroidi e cellule megacarioblastoidi. Epidemiologicamente, l’infezione da parvovirus B19 è diffusa in tutto il mondo e si riscontra in ogni periodo dell’anno, con una maggiore incidenza nei mesi di marzo-giugno. In infezioni sperimentali, sintomi quali cefalea, mialgie, brividi e febbre, legati alla produzione di citochine sono associati a viremia. Dal decimo giorno si riscontra una perdita quasi totale di precursori eritroidi, dovuta al blocco della sintesi di DNA eritrocitario e al conseguente arresto del processo di maturazione, con la comparsa di pronormoblasti giganti.

All’apice della viremia si assiste ad un crollo del numero di reticolociti, per cui si evidenzia una caduta dei livelli di emoglobina anche nei soggetti normali. Il feto è particolarmente vulnerabile a causa della breve sopravvivenza eritrocitaria, rapidità di espansione del volume eritrocitario e immaturità della risposta immunitaria. Si possono osservare anche lievi forme di neutropenia, linfopenia e piastrinopenia. Nella seconda fase dell’infezione, riscontrabile dopo 15-17 giorni dal contagio, è caratterizzata dall’eruzione esantematica, si verifica la reazione immunitaria con produzione di IgM e, dopo 1 settimana, di IgG specifiche, cui segue la scomparsa del virus dal sangue (Fig. 2).

Fig. 2: andamento immunologico e segni clinici.

Il parvovirus B19 si trasmette generalmente per via aerea: il virus è stato riscontrato nelle secrezioni respiratorie, ma non sono stati individuati siti di replicazione. Nelle donne in stato di gravidanza il virus può essere trasmesso verticalmente al feto, con conseguente anemia fetale, idrope fetale, aborto e morte. La causa dell’idrope e della morte è verosimilmente legata alla depressione dell’eritropoiesi causata dal virus che può determinare anemia grave con conseguente scompenso cardiaco. In corso di gravidanza la condizione più grave e temuta è la fetopatia. È infatti possibile che il parvovirus B19 attraversi la barriera placentare, causando talora gravi conseguenze che derivano essenzialmente dalla combinazione di due condizioni favorevoli, rappresentate dall’elevato turnover delle emazie fetali e dall’immaturità del sistema immunitario.

La morte del feto nel 3-9% dei casi avviene quando l’infezione viene acquisita nelle prime 20 settimane. L’idrope fetale, che si può manifestare nel secondo trimestre, è uno stato caratterizzato da gonfiore del tessuto sottocutaneo nel feto, dovuto ad un danno tossico sul midollo, dalla conseguente anemizzazione e da una grave sofferenza miocardica che causa lo scompenso congestizio. La malattia presenta cause multifattoriali quali edema generalizzato conseguente ad una grave anemia del feto, ipertensione portale da aumentata ematopoiesi extramidollare provocata a sua volta dall’estesa emolisi indotta dall’infezione litica, disseminazione del parvovirus B19 in tutti i principali organi, incluse le cellule miocardiche, per cui la morte fetale potrebbe essere talora causata da una miocardite virale. L’infezione nel terzo trimestre, dove la risposta immunitaria fetale è maggiormente sviluppata, può essere seguita dalla nascita di un bambino affetto da anemia o, eccezionalmente, da natimortalità.

La diagnosi diretta da parvovirus B19 si effettua con la ricerca del DNA virale nel siero mediante PCR o nei tessuti mediante ibridazione in situ. La diagnosi istologica è basata sul riscontro al microscopio ottico di inclusioni nucleari eosinofile con addensamento cromatinico periferico contenenti particelle virali. L’infezione da parvovirus B19 è caratterizzata anche da presenza di proeritroblasti giganti nel midollo osseo. L’esame immunoistochimico può evidenziare gli antigeni virali. La risposta anticorpale può essere valutata mediante la ricerca di IgM e IgG con sistemi RIA o ELISA a cattura. La positività delle IgM anti-B19 è stata riscontrata in oltre il 90% dei casi di megaloeritema, artropatia e crisi aplastiche, con persistenza per 2 o 3 mesi dall’inizio della sintomatologia, ma raramente nel siero materno o fetale in concomitanza con l’idrope. Se l’infezione materna è diagnosticata prima della 20a settimana di gestazione, è consigliata l’esecuzione di ecografie seriate ogni settimana per almeno 8-12 settimane, al fine di evidenziare precocemente la possibile comparsa di ascite fetale; il suo riconoscimento precoce, senza attendere le scadenze delle ecografie di routine, potrebbe consentire di valutarne l’evoluzione e di intervenire tempestivamente con trasfusioni intrauterine se queste si rendono necessarie. La principale fonte di infezione sembra essere rappresentata da bambini nell’ambiente domestico della paziente ed il virus può essere trasmesso prima della comparsa dell’esantema, rendendo impossibili misure di isolamento.

Bibliografia

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  2. Tharwat Abou El-Khier N, Darwish A, El Sayed Zaki M. Molecular Study of Parvovirus B19 Infection in Children with Acute Myeloid Leukemia. Asian Pac J Cancer Prev. 2018 Feb 26;19(2):337-342.
  3. Vadivel K, Ramamurthy M, Sankar S, Jain A, Srikanth P, Ghosh AR, Nandagopal B, Nair A, Sridharan G. Development & standardization of an in-house IgM indirect ELISA for the detection of parvovirus B19 infections. Indian J Med Res. 2017 Sep;146(3):381-385. doi: 10.4103/ijmr.IJMR_225_16

Giusi Balzano

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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