Vaiolo delle scimmie: scenari presenti e futuri

Che cos’è?

Il Vaiolo delle scimmie (Monkeypox) è una malattia zoonotica causata da un virus appartenente alla famiglia Poxviridae, alla sottofamiglia Chordopoxvirinae e al genere Orthopoxvirus. I Poxvirus sono grandi e a forma di mattone con un DNA ovale a doppia elica e un diametro di 200-400 nm.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riferito, nel 2018, che il vaiolo delle scimmie è una malattia che colpisce principalmente gli animali nelle foreste pluviali equatoriali dell’ovest e dell’Africa centrale. Nel 1970, proprio durante un’indagine epidemiologica nella Repubblica Democratica del Congo, alcuni studiosi trovarono il primo caso di infezione su un umano. Il suo incubatore naturale è uno scoiattolo a strisce che vive solo nell’Africa Occidentale e centrale. Inoltre, studi recenti, hanno riportato che a poter essere infettati sono anche ratti, topi striati, ghiri e scimmie. Sono ancora in corso studi su altri potenziali incubatori.

Effetti sull’uomo

Il vaiolo delle scimmie è solitamente una malattia simile al vaiolo autolimitante e comporta una lesione patognomica nei linfonodi in forma di linfoadenopatia e gonfiore. Il periodo di incubazione varia solitamente da 7-14 giorni (a volte 5-21 giorni) dopo l’esposizione iniziale. La malattia che progredisce dopo l’infezione è caratterizzata da due fasi. Il periodo di invasione iniziale (entro 0-5 giorni) è caratterizzato da febbre, mal di testa, dolori muscolari, mal di schiena, linfonodi ingrossati e stanchezza. La seconda fase è caratterizzata dallo sviluppo di eruzioni cutanee come croste maculari, papulari, vescicolari, pustolose che si presentano gradualmente entro 1-4 giorni dall’inizio della febbre. La loro diffusione interessa la zona dalla faccia al tronco. Alcuni studi riportano anche altre complicazioni, tra cui vomito, diarrea, cicatrici corneali, congiuntivite, broncopolmonite, sepsi, perdita della vista, encefalite e infezioni microbiche secondarie.

I casi più gravi sono comunemente associati ai bambini. Il tasso di mortalità tra la popolazione non vaccinata è storicamente registrato dallo 0 all’11%.

Effetti del vaiolo delle scimmie.  Linfoadenopatia.
Figura 1 – La freccia bianca indica un’acuta linfoadenopatia su uno sfondo di rash cutaneo diffuso. [Fonte: Parker S., et. al., 2007. Human Monkeyprox: an emerging zoonotic disease. Future Microbiology, 2(1), 17-34].

Come si trasmette?

L’infezione da vaiolo delle scimmie può essere trasmessa esclusivamente attraverso il contatto diretto o indiretto con animali infetti vivi e/o morti. La trasmissione diretta include i morsi o graffi da animali infetti, contaminazione di carne cruda, contatto con fluidi corporei. Quella indiretta comprende il contatto con la biancheria da letto, gli indumenti o le superfici. La trasmissione da uomo a uomo è stata precedentemente segnalata tramite goccioline respiratorie e contatto con fluidi corporei, lesioni cutanee da un individuo infetto e/o tramite un oggetto contaminato, come la biancheria da letto contaminata dai fluidi corporei del paziente.

Uno scenario realistico?

La preoccupazione delle autorità sanitarie si era già dimostrata alta. Lo scorso 23 luglio l’OMS ha dichiarato che si tratta di una nuova “emergenza sanitaria globale”. Diversi paesi presentano un ambiente ottimale per “nascondere” la diffusione del vaiolo delle scimmie grazie alle modellazioni delle nicchie ecologiche. Questo crea difficoltà per i livelli di sorveglianza standard. Ad esempio, in Ghana la malattia circola ampiamente tra gli animali, nonostante non si registri nessun caso di infezione umana. Questo desta preoccupazione riguardo la tracciabilità della sua circolazione.

Esistono studi che rilevano una buona capacità dei Poxvirus di adattarsi ai meccanismi di difesa immunitari. Questi sono in grado di mettere in atto rapidi episodi di amplificazione genica transitoria. In particolare, il virus del vaiolo delle scimmie contiene nel suo genoma molte proteine che gli conferiscono resistenza a interferoni: K3L (P18378) è una proteina con omologia al fattore di iniziazione eucariotica 2 (eLF-2alpha). La proteina KL3 inibisce l’azione del PKR (proteina chinasi che attiva gli interferoni).

Analisi Southern Blot di tre replicati di un Poxvirus (famiglia del vaiolo delle scimmie). Rilevamento di aumento di copie della proteina K3L.
Figura 2 – Ecco un’analisi Southern Blot per rilevare la presenza di specifiche sequenze di DNA in una miscela complessa di Poxvirus. Nella figura 2B sono presi in considerazione 3 replicati del Poxvirus (A, B, C). In tutti e tre si registra che ad un pronunciato aumento della replicazione del virus (picchi evidenziati nella sezione “Read depths”) corrisponde un aumento di copie di KL3. [Fonte: Elde, C., et. al., 2012. Poxviruses Deploy Genomic Accordions to Adapt Rapidly against Host Antiviral Defenses. Cell, (150)4, 831-841].

Di conseguenza, la domanda fondamentale è come facciano i Poxvirus, nonostante il loro basso tasso di mutazione, ad esplorare in modo efficiente lo spazio mutazionale e superare fattori immunitari in rapida evoluzione, come PKR, mentre si spostano tra le specie ospiti. Attualmente, nuovi casi emergenti sono stati rilevati in diversi paesi non endemici, quindi dove la malattia non è caratteristica del luogo o di una popolazione.

Numero dei casi mondiali di vaiolo delle scimmie accertati dall'OMS.
Figura 3 – Ultimo report dell’OMS sui casi confermati di Monkeypox. Sono 3143 casi in tutto il mondo. Dati aggiornati al 22 giugno 2022. [Fonte: OMS, Multi-country monkeypox outbreak: situation update, 27 giugno 2022.]

Prospettive future

Il rischio effettivo varia da regione a regione. Nella zona europea, l’attenzione resta alta, a causa di focolai diffusi e sintomatologie atipiche. Sono queste ultime a destare maggiore preoccupazione.
Le caratteristiche atipiche descritte includono: presenza di poche o una singola lesione, assenza di lesioni cutanee (in casi sporadici), dolore anale e sanguinamento, lesioni nell’area genitale o perineale/perianale che non si diffondono ulteriormente, lesioni che compaiono in diversi stadi (asincroni) di sviluppo, comparsa di lesioni prima dell’insorgenza di febbre, assenza del periodo prodromico.

La Food and Drug Administration (FDA) ha autorizzato l’utilizzo dell’agente antivirale Tecovirimat, approvato anche dall’Agenzia Europea per i medicinali (EMA).

Un recente studio pubblicato su Lancet riporta il caso di una madre entrata a contatto con il vaiolo tramite la figlia infetta. Inizialmente, la donna, ha sviluppato mal di testa, malessere, faringite e vescicole sul torace, risultando poi positiva tramite metodica PCR. In questa fase la paziente è stata isolata per 35 giorni in ospedale e successivamente sottoposta al trattamento con un ciclo di 2 settimane di Tecovirimat via orale (600 mg due volte al giorno). I campioni prelevati dal sangue e dalle vie respiratorie sono risultati negativi ad un’amplificazione PCR dopo 48 ore dal trattamento. Non si sono sviluppate lesioni dopo 24 ore. In aggiunta, il profilo ematologico, renale ed epatico è rimasto invariato.

Al giorno 7 del trattamento la paziente è stata dimessa per continuare la degenza a casa propria. Inoltre, clinicamente in buona salute e afebbrile durante e dopo la fine della terapia. Particolarmente rilevante è che nei test paralleli su altri pazienti, due dosi di Brincidofovir hanno ridotto generalmente la carica virale. Tuttavia, il limite dello studio è l’utilizzo di un campione ridotto (solo sette pazienti) e mette in luce un decorso della malattia dispendioso da gestire, anche in un Paese ad alto reddito come il Regno Unito.

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Podcast – Vaiolo delle scimmie

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e sono il creatore di Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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