Plastitar: un miscuglio di catrame e microplastiche

Il plastitar – dalla crasi tra le parole inglesi plastic e tar ovvero ‘plastica’ e ‘catrame’ – è un miscuglio di catrame e microplastiche. I residui di petrolio spesso arrivano sulle coste di tutto il mondo come conseguenza di sversamenti accidentali dalle navi in transito o affondate e delle attività estrattive. Una volta in mare parte del petrolio evapora. La parte che resta, di colore nero (o marrone scuro) e più viscosa, è chiamata catrame o pece. È questo che raggiunge le coste e talvolta si spiaggia sotto forma di palline. Sulle rocce costiere il catrame solidifica formando un agglomerato con altri materiali. Tra questi ci sono soprattutto microplastiche ma anche vetro, legno e sabbia. Si forma così una nuova struttura chiamata plastitar che altro non è che un miscuglio di catrame e microplastiche.

Se la costa è rocciosa, il catrame può attaccarsi alle rocce e seccarsi trattenendo gli altri materiali con cui entra in contatto. Ad occhio il plastitar si riconosce facilmente poiché le rocce su cui sorge appaiono più scure e mollicce e soprattutto piene di piccole macchie colorate. Queste minuscole chiazze colorate altro non sono che microplastiche.

Plastitar presente sulla spiaggia Playa Grande a Tenerife.
Figura 1 – Plastitar presente sulla spiaggia Playa Grande a Tenerife. [Fonte: Domínguez-Hernández et al., 2022]

Plastitar: una nuova formazione mai analizzata prima

Il plastitar è una struttura nuova, mai trovata e studiata prima. Per questo motivo deve essere analizzata approfonditamente così da comprenderne anche i potenziali impatti negativi sull’ambiente. Ciò che si sa è che le microplastiche inglobate nel catrame sono identiche a quelle raccolte lungo la costa. Questi frammenti ne aumentano la pericolosità a causa delle tantissime sostanze chimiche usate nella lavorazione della plastica. È risaputo, infatti, che queste sostanze sono tossiche per l’uomo e gli animali.

Le nuove formazioni di catrame e microplastiche si trovano in diverse spiagge delle isole Canarie, in Spagna. Non a caso, l’arcipelago spagnolo è considerato un punto caldo per l’arrivo di microplastiche. In particolare, sono tre i siti che ne raccolgono una quantità maggiore: la spiaggia di Arenas Blancas, la spiaggia di Playa Grande (a Tenerife) e la spiaggia di Famara (a Lanzarote). Probabilmente perché queste aree sono esposte a venti dominanti provenienti da nord/nord-est che portano sotto costa elevate quantità di detriti di plastica.

Polietilene e polipropilene tra le microplastiche più intrappolate nel plastitar

Il plastitar è una formazione che può restare attaccata permanentemente alla roccia. Nel caso specifico delle isole spagnole occupa fino al 56% dell’area campionata. Il plastitar campionato in queste zone è composto principalmente da catrame e microplastiche di polietilene -PE- (circa il 90,6%) e polipropilene -PP- (circa 9,4%). Riguardo la forma, invece, restano intrappolati soprattutto frammenti (82,5%), pellet (15,7%) e filamenti (1,8%).

Esempi di plastitar (A) rinvenuti nelle aree costiere del mar Mediterraneo; tipologie di particelle microplastiche estratte dal plastitar: filamenti (B), sfere, frammenti (C e D).
Figura 2 – Esempi di plastitar (A) rinvenuti nelle aree costiere del mar Mediterraneo; tipologie di particelle microplastiche estratte dal plastitar: filamenti (B), sfere, frammenti (C e D). [Fonte: Saliu et al., 2023]

Anche se finora sono state analizzate le coste dell’arcipelago spagnolo delle Canarie, non è detto che queste formazioni non ci siano anche altrove. La presenza sempre maggiore di plastica e, in particolare, di microplastiche negli ambienti costieri sembrerebbe confermare questa ipotesi.

Campionamento e analisi

Le microplastiche inglobate nel catrame, di dimensioni comprese tra 1 e 5 millimetri, sono visibili già ispezionando le rocce in situ. Tuttavia, un’analisi più completa è stata effettuata in laboratorio mediante la spettroscopica infrarossa in trasformata di Fourier (FTIR). Si tratta di un’analisi altamente specifica che permette di comprendere la struttura delle singole molecole che formano una sostanza. In questo caso è usata per risalire alla composizione dei singoli polimeri che formano le plastiche campionate.

I campioni di plastitar sono trattati con cicloesano al fine di rimuovere il catrame che ricopre le microplastiche e che può precludere la corretta identificazione delle particelle. Dall’analisi FTIR è emerso che la maggior parte delle particelle microplastiche sono composte da PP e PE. Non a caso questi sono i due polimeri plastici più prodotti al mondo. Inoltre, hanno anche una bassa densità, quindi galleggiano sulla superficie del mare, e sono facilmente trasportati dai venti.

Inoltre, in molti campioni, sono stati trovati anche piccoli pezzi di corda (lunghezza 1-7 cm) completamente inglobati nel catrame.

Il catrame, anche da solo, è pericoloso per l’ambiente

Il catrame contiene idrocarburi cioè composti organici formati solo da atomi di carbonio e di idrogeno. Tra gli idrocarburi ci sono anche quelli policiclici aromatici (IPA), noti inquinanti organici. Questi sono famosi anche per la loro persistenza nell’ambiente. Infatti, possono bioaccumularsi. Inoltre, sono tossici per gli organismi acquatici e non solo. Possono anche agire come interferenti endocrini ed essere cancerogeni.

Attenti a quei due

Il plastitar, cioè la combinazione di due contaminanti marini ampiamente conosciuti (plastica e catrame) ha un impatto visivo negativo sull’ambiente costiero roccioso. Inoltre, potrebbe rappresentare una minaccia per la sua conservazione, anche se questo aspetto non sempre è considerato.

Inoltre può intrappolare alghe e piccoli organismi al suo interno condannandoli a morte sicura. In più, essendo più scuro delle rocce, assorbe una quantità maggiore di energia solare aumentano le temperature del suolo. L’incremento della temperatura potrebbe avere serie ricadute sugli organismi che vivono nelle aree circostanti.

Pertanto, sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno le possibili conseguenze di questa particolare formazione plastica.

Bibliografia:

  • C. Domínguez-Hernández, C. Villanova-Solano, M. Sevillano-González, C. Hernández-Sánchez, J. González-Sálamo, Cecilia Ortega-Zamora, F. J. Díaz-Peña, J. Hernández-Borges. Plastitar: A new threat for coastal environments. Science of The Total Environment, Volume 839, 2022,156261, ISSN 0048-9697, https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2022.1 56261.

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: https://pixabay.com/it/photos/nave-cargo-cisterna-olio-5562741/
  • Figura 1 : C. Domínguez-Hernández, C. Villanova-Solano, M. Sevillano-González, C. Hernández-Sánchez, J. González-Sálamo, Cecilia Ortega-Zamora, F. J. Díaz-Peña, J. Hernández-Borges. Plastitar: A new threat for coastal environments. Science of The Total Environment, Volume 839, 2022,156261, ISSN 0048-9697,
  • Figura 2 : F. Saliu, M. Compa, A. Becchi, M. Lasagni, E. Collina, A. Liconti, E. Suma, S. Deudero, D. Grech, G. Suaria. Plastitar in the Mediterranean Sea: New records and the first geochemical characterization of these novel formations. Marine Pollution Bulletin. Volume 196, 2023,115583, ISSN 0025-326X, https://doi.org/10.1016/j.marpolbul.2023.115583.
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Elisabetta Cretella

Elisabetta Cretella Dopo la laurea magistrale in Genetica e Biologia molecolare conseguita presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza e l'abilitazione alla professione di biologo, si appassiona alla divulgazione scientifica. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza presso l'Università degli studi di Ferrara e inizia a scrivere per il webmagazine 'Agenda17' del Laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara. Intanto intraprende la strada dell'insegnamento. Ad oggi è docente di Matematica e Scienze presso le Scuole Secondarie di primo grado e di Scienze naturali alle Scuole Secondarie di secondo grado. Nel suo curriculum c'è anche un tirocinio svolto in un laboratorio di ricerca dell'Istituto di Biologia e Patologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBPM-CNR) e due pubblicazioni su riviste scientifiche peer reviewed.

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