John Snow, il colera e la nascita dell’epidemiologia

L’Epidemiologia è la disciplina che studia la distribuzione e la frequenza degli eventi sanitari rilevanti all’interno di una popolazione. Tale branca deve molto al contributo del Dottor John Snow, precursore nell’utilizzo dell’anestesia in medicina ed attualmente considerato il pioniere del metodo epidemiologico. Il contribuito, che Snow diede durante la metà del 1800 a Londra in occasione del gravoso dilagare del colera, oggi viene considerato degno di nota.

Ritratto di John Snow 
Figura 1 – John Snow e la nascita dell’epidemiologia
[Fonte: https://www.theguardian.com]

Il colera

Il colera, è una malattia infettiva a trasmissione oro-fecale. L’agente responsabile della malattia (il microrganismo Vibrio cholerae), circola dalle feci di un soggetto malato all’apparato gastrointestinale di un individuo sano. In prossimità dell’epitelio intestinale il patogeno secerne una tossina, che induce l’epitelio enterico a rilasciare ingenti quantità di liquidi. 

I virioni del colera hanno una peculiare forma a virgola. Essi aderiscono all’epitelio intestinale
Figura 2 – I virioni del colera hanno una peculiare forma a virgola. Essi aderiscono all’epitelio intestinale
[Fonte: https://mindthegraph.com

I sintomi, legati all’azione di V. cholerae, sono dovuti alla copiosa perdita di fluidi ed elettroliti. Questi aspetti possono portare alla morte se non vengono rapidamente trattati. La diffusione del colera, può essere evitata, adottando fra le buone pratiche di prevenzione opportune condizioni igieniche. La malattia è oggi endemica in alcune aree povere del mondo come l’Africa, l’Asia ed il Sud America.

La Londra di John Snow nel diciannovesimo secolo

Nella metà del XIX secolo la Microbiologia non si era affermata sul panorama scientifico e V. cholerae non era stato ancora scoperto. All’epoca dei fatti sul trono sedeva la Regina Vittoria, eletta tale per grazia di Dio e volontà popolare, il Regno Unito era in conflitto contro l’Impero Russo in Crimea.

Come se non bastasse, la nazione si trovava nel bel mezzo dell’industrializzazione e delle conquiste coloniali: per la prima volta nella sua storia vi erano più abitanti nelle città che nelle campagne. Se da un lato, la vita cittadina offriva maggiori opportunità lavorative, dall’altro il sovrappopolamento dei centri urbani conduceva a degli svantaggi considerevoli. Lo stato in cui viveva la cittadinanza, infatti, era poco dignitoso, le famiglie erano sovente accalcate in spazi ristretti, le attività quotidiane venivano svolte coralmente nei suddetti ambienti. Questo di traduceva in condizioni igieniche precarie, le quali erano alla base del diffondersi di molte malattie infettive.

I focolai di colera a Londra

Tra il 1832 e il 1845 Londra fu colpita da violente epidemie di colera. Nello scenario assai confuso dinanzi al rapido diffondersi della malattia la voce fuori dal coro del medico John Snow fu determinante. Grazie al suo contributo, infatti, si comprese che il colera era una malattia trasmissibile e che l’acqua ne rappresentava il principale veicolo di propagazione. All’epoca ciò che era noto del disturbo era: la sintomatologia (un’ingente diarrea acquosa), il fatto che spesso ad essere coinvolti fossero i membri di intere famiglie, infine, che medici ed infermieri raramente si ammalavano nonostante il loro frequente contatto con i pazienti.

Le teorie legate al propagarsi del colera e delle altre forme di febbri enteriche erano principalmente due: la “teoria dei miasmi” e quella “del contagio”. La prima sosteneva che la fonte della diffusione fosse la materia organica in decomposizione, questa emanava un odore sgradevole che se respirato da persone predisposte le faceva ammalare. Stando a questa ipotesi la trasmissione poteva avvenire anche tramite gli effluvi esiziali che l’individuo affetto sprigionava dalla propria cute. La teoria credeva, inoltre, che perfino gli accumuli di immondizia potessero rilasciare questi olezzi letali. La “teoria del contagio” asseriva invece che si poteva contrarre l’infezione a causa della trasmissione di organismi chiamati “virus”.  La contaminazione avveniva, secondo questa tesi, da un individuo malato ad uno sano tramite particelle (chiamate fomiti) e mediante il contatto fisico. Tra il 1848 e il 1855 Snow dedicò molti sforzi a chiarire con cura l’ipotesi causale del colera.

L’opinione iniziale di John Snow 

Nella prima pubblicazione del suo lavoro “On the Mode of Communication of Cholera” datato 1849 egli descrisse le due epidemie di Horsleydown e di Albion Terrace e riportò tutte le prove a lui palesi riguardo il dilagare del morbo, determinato a suo dire dalla presenza di un agente patogeno che, se ingerito (e non inalato come suggerito dalle ipotesi concorrenti), si replicava negli organismi dei contagiati provocando i segni e i sintomi tipici della malattia. Tale patogeno poteva poi propagarsi a terzi per via oro-fecale. Le idee di Snow furono accolte con scetticismo dai suoi contemporanei, questa è la ragione che lo spinse ad accumulare prove più evidenti a sostegno della sua ipotesi. 

L’indagine e la tesi definitiva di John Snow

Quando nel 1848 il colera si manifestò nuovamente nella capitale britannica. Ad esserne colpite furono principalmente le persone più povere che abitavano lungo le banchine del fiume Tamigi. Analizzando i contagi, Snow evidenziò che l’epidemia aveva una precisa distribuzione, e si era diffusa con maggiore violenza nei quartieri della città localizzati a sud del fiume. Ad essere più danneggiate furono le aree che ricevevano la fornitura idrica da due società: la “Southwark & Vauxhall Water Company” e la “Lambeth Water Company”.  Nota interessante: entrambe le compagnie prelevavano l’acqua da fornire ai cittadini proprio dal Tamigi.

Snow lavorò sodo per radunare informazioni riguardanti i costumi degli individui che erano stati colpiti dal colera e di quelli che invece non lo avevano contratto.

… le teorie…

Egli proseguì il suo studio anche dopo il termine dell’epidemia, conducendo un’indagine retrospettiva che gli permise di ipotizzare le seguenti teorie rivoluzionarie: il colera si trasmetteva con certezza da un malato ad un sano, la propagazione si doveva verificare tramite un “veleno” che poteva replicarsi nel soggetto affetto. Non era necessario il contatto stretto fra individui per generare un contagio, la malattia poteva diffondere anche a distanza. Il vettore del morbo doveva essere ingerito, quindi entrare nell’organismo tramite il tratto digerente, (la diarrea era del resto il primo sintomo). Infine, l’ultima intuizione di Snow suggeriva che l’acqua potabile fosse la principale, ma non la sola, via di diffusione del “veleno” agli individui sani.

… dopo il 1848

Dopo il 1848 per diversi anni, non ci furono più casi di colera nella capitale britannica; in quegli anni la società idrica Lambeth decise di rinnovare i propri impianti e di delocalizzare il sito del suo rifornimento idrico a monte della città. La società Southwark e Vauxhall invece, continuò ad operare come fatto sino a quel momento. Nel 1854 scoppiò di nuovo un’epidemia di colera, e, come la volta precedente la maggior parte dei casi si riscontrò a sud del fiume Tamigi. Snow si diede ancora da fare: ragionò sul numero di morti correlato alla società erogante il servizio idrico e dopo la consultazione del “General Registar Office” notò una casistica interessante.

Dall’analisi di John Snow del 1854
Figura 3 – Dall’analisi di John Snow del 1854  [Fonte:http://www.quadernodiepidemiologia.it]

L’analisi dei seguenti dati condusse Snow alla conclusione che l’acqua erogata dalla Southwark & Vauxhall era la causa del diffondersi della malattia.

L’epidemia di Broad Street

Sempre nel 1854, in estate il colera tornò, propagandosi rapido nei pressi di Broad Street, vicino a dove Snow abitava (la zona si identifica oggi nel quartiere di Soho). Questa è l’epidemia che più di tutte le altre ha consentito a Snow di rendere celebri i propri studi. I suoi appunti fanno comprendere quanto meticolosa sia stata la sua indagine, egli bussò alle porte dei cittadini, raccolse aneddoti, non tralasciò alcun dettaglio, e nel farlo appuntò, appuntò di tutto. Nei suoi appunti iconografici, John Snow illustrò la zona incriminata, e marcò sia i decessi per colera che la localizzazione delle pompe pubbliche che distribuivano l’acqua.

 La mappa di John Snow dell’epidemia di colera a Broad Street (Londra), 1854. Sono riportati i casi e la localizzazione delle pompe idriche
Figura 4 – La mappa di John Snow dell’epidemia di colera a Broad Street (Londra), 1854. Sono riportati i casi e la localizzazione delle pompe idriche [Fonte: https://blog.rtwilson.com

Analizzando la mappa si comprese che la maggior parte dei casi si concentrava in prossimità della pompa di Broad Street, che per l’appunto, distribuiva l’acqua erogata dalla Southwark & Vauxhall. Nel suo operato Snow decise di adottare il “principio di falsificazione dell’ipotesi”, ricercando ed analizzando i casi che sembravano in contraddizione con la teoria che reputava che l’acqua fosse il veicolo della malattia. Ecco alcuni esempi tratti dagli appunti di Snow:

Estratto degli appunti di John Snow. Snow ricerca e analizza i casi che sembravano contraddire la teoria che reputava che l'acqua fosse il veicolo della malattia
Figura 5 – Estratto degli appunti di John Snow  [Fonte: http://www.quadernodiepidemiologia.it]

…norme da adottare…

John Snow identificò l’acqua come veicolo di trasmissione senza conoscere il batterio responsabile del colera e stabilì alcune norme da adottare volte alla riduzione del contagio:

  • nella stanza di un soggetto affetto, dovevano essere presenti: un catino, acqua e asciugamani, da utilizzare con frequenza e sempre prima di toccare del cibo;
  • prima di essere lavati, i capi dovevano essere immersi in acqua onde evitare l’essiccamento delle feci e il loro dissolvimento in polvere. Ciò che non poteva essere lavato (ad esempio il materasso) doveva essere esposto per un determinato tempo ad una temperatura superiore a 212 gradi Fahrenheit [100 gradi centigradi];
  • l’acqua da bere e quella che veniva utilizzata per la preparazione dei cibi non avrebbe dovuto essere contaminata da scarichi o fogne; in caso contrario, si sarebbero reputate necessarie la bollitura e la filtrazione;
  • se fossero comparsi casi di colera fra coinquilini, il malato avrebbe dovuto essere portato in un altro luogo dove sarebbe stato accudito soltanto dalle persone indispensabili;
  • dal momento che si reputava impossibile la pulizia delle miniere e l’installazione al loro interno di servizi igienici, i minatori avrebbero dovuto consumare i pasti nelle loro case. Per consentire questo, il loro turno lavorativo doveva suddividersi in blocchi di 4 ore anziché di 8;
  • alloggi adeguati dovevano essere messi a disposizione dei senza-tetto e dei poveri;
  • le persone e le navi, provenienti da località infette dovevano essere sottoposte a un periodo di isolamento.

Queste norme furono fondamentali per ridurre i contagi nelle epidemie successive e, nella loro semplicità sono valide ancora oggi. Esse sono il frutto di uno studio appassionato, che si traduce in una lezione di epidemiologia e di metodo.

…dopo l’epidemia del 1854

L’approccio epidemiologico adottato da Snow resta ancora, a distanza di più di 160 anni molto moderno. Snow morì nel 1858 quando la maggior parte dei suoi contemporanei non gli aveva ancora riconosciuto i dovuti meriti. Nel 1866, scoppiò una nuova epidemia di colera a Londra, e nel corso di quell’episodio, il valore del lavoro di Snow fu decantato dagli studiosi dell’epoca. Da quel momento, l’operato di Snow fu promosso negli USA da William Thompson Sedgwick (1855-1921) e da Wade Hampton Frost (1880-1938), il primo professore di epidemiologia alla Johns Hopkins School of Medicine.

Fonti

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