Le olive da tavola: metodi, processi e…microbiologia

Cosa si intende per olive da tavola?

Le olive da tavola (chiamate anche olive da mensa o da pasto) sono uno degli alimenti fermentati vegetali più antichi dell’area mediterranea. La definizione è stata data dal Consiglio Oleico Internazionale (COI), che definisce le olive da tavola “prodotti ottenuti a partire da frutti sani appartenenti a varietà di olivo coltivato adatte alla produzione di frutti da tavola”. La fermentazione batterica nelle olive da tavola è un processo molto importante.

Queste vengono sottoposte a processi di deamarizzazione e conservate mediante fermentazione naturale o trattamento termico, confezionati con o senza liquido di governo. Questo alimento viene suddiviso in tre categorie:

  • olive verdi (raccolte prima della maturazione);
  • olive cangianti (raccolte prima della maturazione completa);
  • olive nere (che hanno completato il processo di maturazione)
Olive da tavola
Figura 1 – Olea europaea L.
[Fonte: www.canva.it]

Cos’è l’oleuropeina?

L’oleuropeina (Fig. 2) è la principale responsabile del sapore amaro delle olive. Quindi, per renderle consumabili, esse devono essere deamarizzate attraverso la neutralizzazione di questo composto. Da un punto di vista chimico si tratta di un polifenolo, presente nelle foglie e nei frutti dell’olivo. Si ritrova nell’olio di oliva sia nella forma legata a una molecola di glucosio (glicoside), che nella forma non glicata. 

Molecola di Oleuropeina
Figura 2- Molecola di Oleuropeina
[Fonte: http://www.wikipedia.it]

Può essere rimossa mediante trattamento alcalino oppure mediante la salamoia, la fermentazione e l’acidificazione. Uno degli obiettivi principali della lavorazione delle olive è la riduzione dell’amarezza, quindi l’ottenimento di un prodotto accettabile da un punto di vista sensoriale.

Come avviene la deamarizzazione delle drupe?

La deamarizzazione è un processo, nonché un passaggio fondamentale per rendere le drupe edibili.

Essa può avvenire attraverso tre tecniche principali:

  • Metodo spagnolo o sivigliano: il più rapido e viene applicato alle olive verdi o olive cangianti. Si utilizzano soluzioni diluite di idrossido di sodio (NaOH), seguite da fasi di lavaggio, per rimuovere l’eccesso di soda ed infine la conservazione in salamoia con contrazioni di sale al 6-8%. Con questo metodo si ottengono olive da tavola in 2-3 mesi.
  • Metodo californiano: prevede l’impiego di una soluzione di idrossido di sodio (NaOH) a bassa concentrazione. Successivamente le drupe vengono sottoposte ad insufflazione di aria sotto pressione. Queste fasi si alternano fino all’ottenimento del prodotto finale che viene conservato in salamoia.
  • Metodo greco o naturale in salamoia: in cui la deamarizzazione delle drupe nere si ottiene a fasi alternate di immersione in salamoia e lavaggio con acqua. Questo processo è molto lungo ed il prodotto finale spesso è conservato in salamoia.

Quali sono i parametri da considerare?

Sicuramente la concentrazione del sale e il pH della salamoia sono tra i più importanti parametri da tenere in considerazione. Normalmente, la concentrazione di sale nella salamoia si abbassa per l’assorbimento da parte dei frutti stessi. Invece, se dopo il trattamento alcalino è ancora troppo alto, il pH rischia di favorire la crescita di batteri del genere Clostridium. In particolare essi causano in due tipi di fermentazioni: la putrida e la butirrica. Nel primo caso, il prodotto acquisisce un sapore e un odore di decomposizione, nel secondo caso un tipico odore di burro rancido.

Quali sono le fasi fermentative delle olive da tavola?  

La fermentazione batterica nelle olive da tavola inizia quando il pH è paria a circa 6.0 e dura fino allo sviluppo dei batteri lattici (LAB). Durante questa fase i batteri Gram-negativi ed alcune muffe e lieviti diminuiscono progressivamente, mentre si sviluppano batteri lattici appartenenti al genere Pediococcus e Leuconostoc che sono capaci di trasformare gli zuccheri provenienti dai frutti in acido lattico inducendo quindi un ulteriore abbassamento del pH.

Infine si assiste ad una proliferazione di un’ampia varietà di LAB tra cui L. plantarum e L. pentosus, ma si sviluppano anche lieviti del genere Saccharomyces, Pichia e Candida che possono aumentare la crescita dei LAB attraverso il rilascio di composti nutritivi e la sintesi di amminoacidi e vitamine.

La fermentazione determina non solo un abbassamento di pH a 4 e quindi una stabilizzazione microbiologica dell’alimento stesso che crea un habitat poco adatto alla crescita di microrganismi indesiderati, ma anche un aumento di sostanze organolettiche e sensoriali che esaltano le proprietà sensoriali.

Quali sono le caratteristiche delle colture starter nella fermentazione delle olive da tavola?

Le colture starter sono colture microbiche in grado di dare inizio alla fermentazione batterica nelle olive da tavola e di assicurare il buon esito del processo produttivo. Studi sperimentali recenti hanno dimostrato che l’impiego di alcuni microrganismi come colture starter nella fermentazione delle olive da tavola assicura un maggiore controllo del processo.

Le caratteristiche fondamentali di una coltura starter per la fermentazione delle olive sono:

  • metabolismo omofermentante;
  • sviluppo rapido;
  • capacità aromatizzante;
  • scarse richieste di fattori di crescita;
  • capacità di dominare sul microbiota indigeno;
  • tolleranza al sale e all’acidità;
  • capacità di tollerare e/o idrolizzare le sostanze fenoliche (es. oleuropeina).

Lactobacillus plantarum e Lactobacillus pentosus, ma anche Enterococcus casseliflavus sono le specie che meglio riflettono queste caratteristiche sono infatti microrganismi dotati di elevata capacità acidificante ed attività oleuropeinolitica.

La combinazione di L. pentosus con ceppi di Enterococchi sono in grado di avviare la fermentazione anche a valori di pH alcalini (circa 9) dopo il trattamento con soda; e questo potrebbe permettere di ridurre il numero dei lavaggi antecedenti alla fermentazione. Quest’ultimo aspetto ha anche interessanti ricadute ambientali, consentendo una diminuzione dei reflui inquinanti contenenti soda.

Fonti:

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