Gli habitat del mar Mediterraneo

Il mar Mediterraneo è uno dei mari più ricchi di biodiversità (dall’inglese biological diversity, cioè diversità biologica). La biodiversità è intesa non solo come abbondanza di organismi, ma anche come distribuzione e interazione tra esseri viventi e le componenti fisiche del territorio. Sebbene esistano tre modi diversi per classificare la biodiversità (genetico, di specie e di ecosistema), solo uno è più facile da studiare. Almeno ad oggi. Si tratta della biodiversità ecosistemica. Questa definisce il numero e l’abbondanza degli habitat, delle comunità viventi e degli ecosistemi all’interno dei quali i diversi organismi vivono e si evolvono. In particolare, è la caratterizzazione della biodiversità a livello di habitat quella applicabile operativamente. Per questo motivo è essenziale conoscere e mappare gli habitat del mar Mediterraneo. Solo così si può attuare un’adeguata protezione e gestione della biodiversità marina.

I 10 habitat del mar Mediterraneo

Nel mar Mediterraneo si possono osservare ben dieci habitat diversi:

  • le lagune costiere
  • il sopralitorale
  • i litorali sabbiosi
  • l’ambiente pelagico
  • le grotte marine
  • i deserti marini
  • il coralligeno di parete
  • il coralligeno di piattaforma
  • le sabbie
  • le formazioni coralline profonde

Le lagune costiere

Le lagune costiere fanno parte delle acque di transizione, uno degli habitat più produttivi del pianeta. Infatti, sono usate per l’acquacoltura poiché i bacini, avendo dei confini piuttosto definiti, sono facilmente controllabili. La loro biodiversità è nettamente inferiore rispetto a quella del mare aperto. Tuttavia, le poche specie che ospitano sono presenti in grandissime quantità.

Le specie più allevate sono anguille, cefali, spigole e orate.

Le lagune costiere e tutte le acque di transizione, trovandosi al confine tra la terraferma e il mare, hanno una salinità molto variabile. La salinità, infatti, è influenzata dalla presenza e dalla portata dei fiumi. È proprio la salinità a determinare quali specie di animali e vegetali vivono in quell’area.

Il sopralitorale e la zona intertidale

La zona intertidale è quell’area che può essere coperta o scoperta dall’acqua in base alle maree. Al di sopra di questa, chiamata anche mesolitorale, c’è il piano sopralitorale. Sulle coste rocciose, il sopralitorale, è bagnato dalle onde più forti e dagli spruzzi ma ospita pochissime specie. Tra queste ci sono gli ctamali (crostacei cirripedi, sessili, a volte detti denti di cane), le patelle, e le ligie (crostacei isopodi a vita libera). L’intertidale roccioso, e in parte anche la zona sottostante, lungo alcune coste può avere delle biocostruzioni. Queste si possono paragonare alle formazioni coralline dei tropici.

Gli habitat del mar Mediterraneo: il piano sopralitorale.
Figura 1 – Gli habitat del mar Mediterraneo: il piano sopralitorale. [Fonte: Boero, Gennari, Tresca, Miglietta. © 2010 CASPUR-CIBER Publishing]

I litorali sabbiosi e le praterie di Posidonia oceanica

Le praterie della pianta marina Posidonia oceanica sono un habitat tipico del mar Mediterraneo. Questa pianta è endemica del mare nostrum. I suoi rizomi, crescendo uno sull’altro, formano una biocostruzione che innalza il fondo marino anche di diversi metri. Le foglie vecchie, che si staccano spontaneamente dalla pianta, sono portate a riva dalle mareggiate. Qui formano dei banchi che proteggono il litorale sabbioso dall’erosione. Talvolta possono essere maleodoranti e per questo motivo sono subito rimosse.

Una prateria di Posidonia oceanica.
Figura 2 – Una prateria di Posidonia oceanica. [Fonte: Fotografia scattata da Elisabetta Cretella]

Come tutte le piante cattura anidride carbonica e produce ossigeno. Infatti è definita il polmone blu del Mediterraneo. Tuttavia, è molto sensibile all’inquinamento.

P. oceanica cresce sia su substrati sabbiosi che rocciosi. Le sue praterie ospitano una ricchissima fauna e flora. Infatti, sono l’habitat preferito degli stadi giovanili di moltissime specie di pesci, anche di interesse commerciale. Inoltre, sulle sue foglie vivono specie di piccoli invertebrati. Queste praterie sono abitate anche da Pinna nobilis, il mollusco bivalve più grande del Mediterraneo.

Il mollusco bivalve Pinna nobilis.
Figura 3 – Il mollusco bivalve Pinna nobilis. [Fonte: Montroni et al., 2021]

Gli habitat del mar Mediterraneo: l’ambiente pelagico e il necton

I mari costituiscono l’habitat più diffuso sull’intero pianeta. Qui i produttori primari sono microscopici organismi unicellulari, non visibili ad occhio nudo. La fauna dell’ambiente pelagico è costituita da animali in grado di nuotare attivamente controcorrente. Questi formano il necton.

Il necton comprende organismi vertebrati e invertebrati. Tra i primi ci sono i pesci, i rettili (come le tartarughe marine), i mammiferi (come i cetacei e i pinnipedi) e anche gli uccelli in grado di nuotare (come i pinguini). Tra gli invertebrati ci sono alcuni molluschi cefalopodi (come le seppie e i calamari).

Gli animali acquatici si differenziano in tre grandi gruppi: il necton, il plancton (organismi he fluttuano nella colonna d’acqua, incapaci di opporsi ai movimenti del mare) e il benthos (organismi che vivono a stretto contatto con i fondali).

La pesca industriale, che cattura sempre più animali marini, la distruzione degli habitat e l’inquinamento incidono sempre più sulle risorse ittiche globali.

Anche le meduse contribuiscono alla riduzione dei pesci. Infatti, non solo si cibano di zooplancton sottraendolo alle loro larve ma possono mangiare direttamente le uova e larve dei pesci.

Gli habitat del mar Mediterraneo: le grotte marine

Nelle grotte marine dominano gli animali. Al contrario, sono assenti gli organismi vegetali. Questo accade poiché le grotte sono ambienti privi di luce, essenziale per la fotosintesi clorofilliana, già a pochi metri dall’ingresso.

La fauna sessile (che vive ancorata al substrato senza potersi spostare) è formata principalmente da spugne, idrozoi, antozoi, briozoi, vermi tubicoli e ascidie.

Le grotte marine sono usate da molte specie di pesci adulti come rifugio. Tuttavia, al loro interno si trovano anche molti stadi giovanili che usano le grotte come luoghi di accrescimento. Essendo luoghi particolari, le grotte marine sono meta prediletta del turismo subacqueo. L’intensa frequentazione, però, minaccia le popolazioni che vivono al loro interno.

Le biocostruzioni si possono formare anche nelle grotte. In questo caso, però, sono costituite da animali e non da alghe, come invece accade nelle barriere coralline. Nelle grotte salentine ci sono dei veri e propri stalattiti formati dalla sovrapposizione dei tubi calcarei di vermi policheti sedentari (Protula tubularia). Sono chiamati “biostalattiti” e possono raggiungere una lunghezza di circa due metri. I policheti sedentari sono organismi che vivono all’interno di tubi costruiti da loro stessi. Da questi tubi fuoriescono solo i tentacoli piumati per la respirazione e per la nutrizione.

I deserti marini

Lungo le coste rocciose di alcune regioni italiane si pesca Lithophaga lithophaga, un mollusco bivalve comunemente chiamato dattero di mare. I datteri scavano delle vere e proprie gallerie nella roccia. Questi cunicoli hanno l’apertura esterna più piccola rispetto alle camere interne dove si stabilisce il dattero. Per raccoglierli, dunque, si deve frantumare la roccia. In questo modo, si danneggiano anche tutti gli altri organismi che colonizzano queste rocce. Ad oggi la pesca dei datteri è proibita dalla legge ma i danni arrecati in passato sono ancora visibili.

I datteri di mare scavano delle vere e proprie gallerie nella roccia.
Figura 4 – I datteri di mare scavano delle vere e proprie gallerie nella roccia. [Fonte: wikimedia.org]

Le rocce scoperte (bianche) e piene di fori, un tempo casa dei datteri, potrebbero essere ripopolate in pochi anni. Tuttavia, due specie di riccio di mare (Paracentrotus lividus e Arbacia lixula) si nutrono delle larve e degli stadi giovanili degli organismi che colonizzano le rocce.

La diminuzione della pesca può favorire lo sviluppo dei pesci (come i saraghi) che si nutrono di questi ricci favorendo così la ricolonizzazione delle rocce costiere.

Gli habitat del mar Mediterraneo: il coralligeno di parete

Il coralligeno del Mediterraneo è molto diverso dalle comuni barriere coralline. Infatti, si sviluppa sulle pareti rocciose ed è costituito dalle alghe coralline. Il corpo delle alghe, chiamato tallo, riveste completamente il substrato roccioso. Quando l’alga muore, i talli restano adesi alla roccia e sono coperti dai talli di altre alghe. Sulla parete rocciosa, quindi, si susseguono varie generazioni di alghe che crescono le une sopra le altre. I loro scheletri calcarei, nel tempo, creano una costruzione biologica detta biocostruzione.

Oltre alle alghe coralline, altre specie con scheletro calcareo prendono parte alla formazione del coralligeno. Tra queste ci sono i poriferi, gli cnidari, i briozoi, i molluschi e gli anellidi.

Le alghe inglobano anche gli animali creando uno strato secondario che riveste il substrato primario (la parete rocciosa). Qui si sviluppano le foreste di gorgonie e/o le distese di spugne arborescenti.

Il coralligeno di piattaforma

In alcune aree del mar Mediterraneo, come la Puglia, il coralligeno non si forma sulla roccia. In questi casi si costruisce a partire da piccoli aggregati di ciottoli o conchiglie presenti sui fondali o sulle rocce piane.

Questi aggregati, nel tempo, si espandono e diventano delle isole di bioconcrezioni. Si tratta di biocostruzioni prodotte sempre dalle alghe calcaree, insieme ad altri organismi animali e vegetali, che hanno la particolarità di fissare il carbonato di calcio creando strutture simili alle barriere coralline.

Sebbene il coralligeno di piattaforma abbia molte specie in comune con il coralligeno di parete, ha una fisionomia molto diversa. Non si osserva, infatti, una parete continua ma isole di biocostruzioni separate da spazi sabbiosi. Così, su un fondale sabbioso e instabile si origina un substrato duro.

Il coralligeno di piattaforma, a differenza delle praterie di P. oceanica, non deriva da una sola specie strutturante a cui poi si aggregano le altre. Il coralligeno di piattaforma si forma grazie alla coesistenza di molte specie che, insieme, costruiscono questo habitat.

Le sabbie marine

Le sabbie marine ospitano comunità animali con elevata diversità biologica. Infatti, negli interstizi tra i granelli di sabbia vivono animali stranissimi. Si tratta di piccolissimi animali come cnidari, anellidi, nematodi, crostacei e molti altri che vivono solo in questo particolare habitat. Oltre a questi, che hanno dimensioni medie di un millimetro, nascosti sotto la sabbia vivono anche animali più grandi come le sogliole, i policheti, le oloturie e i ricci irregolari.

Generalmente le sabbie marine si popolano di notte, quando questi animali escono dai loro rifugi sotterranei in cerca di cibo.

Le formazioni coralline profonde

Si chiamano anche formazioni a coralli bianchi e sono tra gli habitat del mar Mediterraneo meno esplorati. Fino a poco tempo fa si pensava che fossero formate solo dagli scheletri dei coralli ormai morti. Questo perché comunemente si pensa che le formazioni coralline siano costituite solo da coralli e alghe simbionti. Quindi, non possono sopravvivere nelle profondità marine, dove l’assenza di luce non permette la fotosintesi delle alghe simbionti. In realtà, esistono due specie di coralli madreporari (Lophelia pertusa e Madrepora oculata) che vivono a partire dai 300 metri di profondità – fino a più di 500 metri – e possono formare biocostruzioni.

Bibliografia:

  • Ferdinando Boero, Alberto Gennari, Fabio Tresca, Anna Maria Miglietta. La biodiversità marina e il funzionamento degli ecosistemi. © 2010 CASPUR-CIBER Publishing. Pubblicazioni ecosostenibili Via dei Tizii, 6 – 00185 Roma (Italy) – eISBN 978-886561-003-9 (electronic version)

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: Fotografia scattata da Elisabetta Cretella
  • Figura 1 : Ferdinando Boero, Alberto Gennari, Fabio Tresca, Anna Maria Miglietta. La biodiversità marina e il funzionamento degli ecosistemi. © 2010 CASPUR-CIBER Publishing.
  • Figura 2 : Fotografia scattata da Elisabetta Cretella
  • Figura 3 : Montroni D, Simoni A, Pasquini V, Dinelli E, Ciavatta C, Triunfo C, Secci M, Marzadori C, Addis P, Falini G. A non-lethal method to assess element content in the endangered Pinna nobilis. Sci Rep. 2021 Sep 28;11(1):19244. doi: 10.1038/s41598-021-98535-2. PMID: 34584132; PMCID: PMC8478926.
  • Figura 4 : https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Lithophaga.JPG
Foto dell'autore

Elisabetta Cretella

Elisabetta Cretella Dopo la laurea magistrale in Genetica e Biologia molecolare conseguita presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza e l'abilitazione alla professione di biologo, si appassiona alla divulgazione scientifica. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza presso l'Università degli studi di Ferrara e inizia a scrivere per il webmagazine 'Agenda17' del Laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara. Intanto intraprende la strada dell'insegnamento. Ad oggi è docente di Matematica e Scienze presso le Scuole Secondarie di primo grado e di Scienze naturali alle Scuole Secondarie di secondo grado. Nel suo curriculum c'è anche un tirocinio svolto in un laboratorio di ricerca dell'Istituto di Biologia e Patologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBPM-CNR) e due pubblicazioni su riviste scientifiche peer reviewed.

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