DNA microarray

La tecnologia dei DNA microarray è utilizzata in ambito di ricerca e di diagnostica per analizzare il genotipo, il profilo trascrizionale e altre applicazioni. I DNA microarray forniscono un elevato throughput (rendimento, numero di informazioni ricavate dalla tecnica), cioè per ogni campione possiamo testare centinaia di milioni di molecole d’interesse in una sola volta. Per questo motivo è una tecnica largamente utilizzata e diffusa fin da quando è stata inventata a metà degli anni ’90.

Probes e targets del DNA microarray

Il DNA microarray è una tecnologia basata sull’ibridizzazione di molecole di DNA. Infatti, le sequenze di DNA possono appaiarsi, cioè formare un doppio filamento, se tali sequenze sono complementari!

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Figura 1 – Sequenze di DNA complementari [Fonte: quora.com]

Un DNA microarray consiste in un chip che contiene molecole di DNA dette probes (sonde) attaccate al supporto solido. Queste probes servono a identificare la presenza di molecole di DNA dette targets (bersagli), infatti le probes sono altamente specifiche e affini per i propri targets. Il chip è suddiviso in moltissime posizioni (determinate e note, dette spot) in cui probes diverse sono immobilizzate, cioè ogni posizione contiene numerose copie di una sola probe. I targets sono marcati in modo fluorescente e, dopo l’ibridizzazione, solo i targets legati alle probes possono essere visualizzati e quantificati.

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Figura 2 – DNA Microarray chip [Fonte: learn.genetics.utah.edu]

Principali applicazioni dei DNA microarray

I DNA microarray sono ampiamente utilizzati sia in diagnostica sia nella ricerca di base. Qui descriviamo brevemente le principali applicazioni:

  • studio dell’espressione genica;
  • identificazioni di mutazioni geniche;
  • identificazioni di alterazioni genomiche;
  • chromatin immunoprecipitation assay (ChIP assay, saggio dell’immunoprecipitazione della cromatina).

Due popolazioni cellulari (es. sano e malato) differiscono per l’espressione genica. Con i DNA microarray possiamo studiare il profilo dell’espressione genica, quindi capire quali geni sono espressi e quanto. Questo tipo di analisi è utile per studiare pathways metabolici alterati nelle malattie, individuare marker molecolari associati a malattie o possibili bersagli per farmaci e terapie.

I polimorfismi a singolo nucleotide (single nucleotide polymorphisms, SNPs) sono mutazioni geniche a livello di singola base. Gli SNPs si trovano lungo tutto il genoma umano e possono essere usati come marker associati a specifiche malattie. Per distinguere due sequenze che differiscono solo per un nucleotide vengono disegnate due probes: una che appaia perfettamente alla sequenza con SNP e l’altra perfetta per la sequenza senza SNP.

L’individuazione di alterazioni genomiche come delezioni e amplificazioni di regioni è possibile con l’ibridizzazione genomica comparativa (comparative genomic hybridizations, CGH) . Le probes sono disegnate in modo da coprire tutto il genoma in modo omogeneo. In questo caso il genoma del campione controllo e test sono marcati con due fluorofori diversi e ibridizzano in modo competitivo per le sonde del DNA microarray.

L’immunoprecipitazione della cromatina (Chromatin immunoprecipitation or ChIP Assays) seguita da DNA microarray permette di studiare le regioni della cromatina che hanno determinate caratteristiche. Utilizzando specifici anticorpi contro una proteina d’interesse recuperiamo la cromatina con cui interagisce. Per individuare le regioni di legame utilizziamo probes che coprono l’intera sequenza genomica.

Metodo

Probes

Molti produttori di DNA microarray offrono chip standard per le più comuni applicazioni di espressione genica, identificazione di mutazioni geniche e di alterazioni genomiche per organismi modello come topo (Mus musculus) e zebrafish (Danio rerio), e ovviamente per l’uomo (Homo sapiens). In casi particolari, invece è possibile ordinare chip DNA microarray “su misura” con probes specifiche per la nostra ricerca disegnando delle sonde in modo opportuno e scegliendo il metodo di generazione e immobilizzazione delle probes sul supporto solido.

I DNA microarray richiedono la conoscenza pregressa del genoma e/o dei trascritti per disegnare probes appropriate. Questa conoscenza deriva dal sequenziamento del genoma e/o dei trascritti di una specie. Alternativamente, i trascritti possono essere predetti con la bioinformatica dal genoma.

Targets

La preparazione dei campioni in analisi consiste in: purificazione dell’acido nucleico DNA o RNA, amplificazione e labeling (marcatura). Questi passaggi sono effettuati seguendo il protocollo indicato dal produttore del DNA microarray utilizzato.

La purificazione del DNA o RNA rende adeguato il campione per le reazioni enzimatiche successive. Mentre, l’amplificazione consente di partire da una limitata quantità di acido nucleico e avere una quantità sufficiente di targets per avere un buon segnale. I targets sono marcati con molecole fluorescenti per la rilevazione del segnale dopo l’ibridizzazione con le probes. Solitamente l’amplificazione e il labeling avvengono contemporaneamente in una singola reazione di PCR.

Ibridizzazione

L‘ibridizzazione è definita come il processo che permette l’interazione tra i targets del campione e probes del chip. Le condizioni di ibridizzazione (come temperatura, concentrazione di sali, tempo,…) sono ottimizzate per avere la massima specificità. L’agitazione durante il processo garantisce l’omogeneità distribuzione del campione sulla superficie del chip. Dopo l’ibridizzazione, il chip è sottoposto a lavaggi per rimuovere cross-ibridizzazioni, cioè targets legati a probes sbagliate.

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Figura 3 – Metodo del DNA microarray [Fonte: microarray.lu]

Risultati attesi

Ricapitolando, se nel campione è presente uno specifico target questo viene prima marcato con molecole fluorescenti e poi si lega alla propria probe. Di conseguenza, la posizione (spot) che occupa nel chip del DNA microarray è rilevabile. Il segnale di tutto il chip è digitalizzato come immagine TIFF che viene analizzata con software specifici. Questi programmi identificano gli spot ed ad ognuno è assegnato la propria intensità di fluorescenza (sottraendo la fluorescenza del background). I DNA microarray consentono di confrontare due situazioni basandoci sull’intensità di fluorescenza. L’analisi statistica dei dati dipende dal disegno dell’esperimento, ma spesso è necessario normalizzare i dati per poterli confrontare.

Quality Control

I DNA microarray sono molto complessi e richiedendo diversi passaggi. Dopo i passaggi fondamentali sono presenti dei punti di controllo prima di procedere. Ad esempio, si valuta:

  • la qualità (assenza di contaminanti) e l’integrità dell’acido nucleico estratto;
  • l’incorporazione del fluoroforo nei targets, cioè l’efficienza del labeling;
  • la qualità dell’ibridizzazione, il segnale deve essere distribuito in modo omogeneo su tutta la superficie e il segnale del background deve essere basso.

Infine, se l’esperimento lo richiede, dopo l’analisi statistica i risultati sono validati con altre tecniche come qRT-PCR per l’analisi di espressione genica.

Fonti:

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: https://it.wikipedia.org/wiki/File:DNA_microarray.svg
  • Figura 1: https://www.quora.com/What-does-it-mean-when-a-DNA-strand-is-complementary
  • Figura 2: https://learn.genetics.utah.edu/content/labs/microarray
  • Figura 3: https://www.microarray.lu/en/MICROARRAY_Overview.shtml
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Silvia Scalabrin

Sono Silvia Scalabrin, laureata in Biotecnologie Industriali presso l'Università degli Studi di Padova. Attualmente sto conseguendo il dottorato di ricerca in Bioscienze curriculum Genetica, Genomica e Bioinformatica all'Università degli Studi di Padova.

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