Gli Organoidi: mini-organi a cavallo tra in-vitro, in-vivo e UOMO

Cenni storici

Nel 1975, i ricercatori James Rheinwald e Howard Green, combinando cheratinociti freschi isolati e fibroblasti, descrissero per la prima volta una coltura di cellule umane a lungo termine. I due ricrearono una stratificazione tipica della vera pelle umana, caratterizzata da divisione cellulare confinata a livello basale mentre, a livello superficiale, cellule cheratinocitiche differenziate a formare lo strato corneo. Per dimostrare la potenzialità della loro scoperta, nel 1983, la metodica fu applicata su di un bambino di 6 anni presentante il 95% del corpo ustionato, lo salvarono. Quindi, nel 1975, inconsapevolmente, Rheinwald e Green diedero vita ad un nuovo modello di laboratorio 3D, definito ufficialmente solo più di 30 anni dopo: gli organoidi.

Definizione di organoide

Un organoide è una struttura multicellulare in 3D, derivante da cellule staminali (pluripotenti o adulte) che, sotto precisa stimolazione, a poco a poco differenziano in diversi tipi di cellule organo-specifiche in grado di auto-organizzarsi in strutture riflettenti aspetti cruciali dei tessuti a cui sono destinate. Questo rende, ad oggi, gli organoidi, l’unico modello di coltura 3D più similare e, a volte, istologicamente indistinguibile, all’organo umano.

Queste caratteristiche fanno sì che, gli organoidi costituiscano un modello a cavallo tra l’in-vitro, l’in-vivo e l’uomo, conferendo alla ricerca scientifica grandi potenzialità nell’ambito della farmacologia, medicina e della biologia.

Modelli in-vitro, in-vivo e…. organoidi

Basandosi sull’idea fondamentale che i meccanismi biologici si conservino durante l’evoluzione, la ricerca scientifica si è sempre concentrata su alcuni organismi modello: le colture cellulari (in-vitro) ed i modelli animali (in-vivo).

Modelli in-vitro

La tecnologia delle colture cellulari consiste nel far crescere e proliferare cellule, eucariotiche o procariotiche, in ambienti artificialmente controllati (Es: 37 °C e 5% CO2), con appositi nutrienti necessari per la loro sopravvivenza (aminoacidi, fattori di crescita ecc.). Per quanto concerne la loro origine, queste possono derivare direttamente dalla dissociazione di un tessuto (colture cellulari primarie), con limitata capacità proliferativa tendenti quindi ad andare incontro a senescenza, o possono derivare da colture precedenti (ad esempio colture secondarie o terziarie). In aggiunta, esistono “linee cellulari” in grado di replicare indefinitamente in coltura e che vengono spesso usate come modelli sperimentali. Le cellule di tali linee derivano da colture primarie di tumori o da manipolazioni genetiche di colture primarie non tumorali e per le loro caratteristiche vengono definite immortalizzate.

Nonostante le colture cellulari abbiano condotto la ricerca scientifica verso grandi scoperte, ad ogni modo presentano grandi limitazioni (Fig.1).

In particolare, non sono in grado di rappresentare contemporaneamente tutte, o la gran parte, delle tipologie cellulari presenti a livello tissutale, non rappresentano la complessità fisiologica dell’organo da cui derivano e non ne riflettono lo sviluppo, presentano instabilità genetica e perdita dell’architettura tissutale.  

Modelli in-vivo

Per cercare di avvicinarsi sempre di più alla realtà, ai modelli in-vitro sono stati poi affiancati studi in-vivo. In altre parole, modelli animali che nella loro biologia, funzionalità e fisiologia possano avvicinarsi all’uomo.

Mentre alcuni organismi modello, come il lievito (Saccharomyces cerevisiae), i moscerini della frutta (Drosophila melanogaster) e topi (Mus musculus), hanno una lunga tradizione di utilizzo nella ricerca, altri sistemi modello sono stati stabiliti più di recente, come ad esempio il verme Caenorhabditis elegans o Danio rerio (Zebrafish), contribuendo ad ampliare le conoscenze e presentando una nuova serie di strumenti sperimentali. Anche in questo caso però, i modelli presentano delle limitazioni. C. elegans presenta un metabolismo ed un sistema immunitario molto diversi dalla fisiologia umana (Fig.1). Il cervello umano, ad esempio, è molto più complesso della controparte nel topo. Di fatti i neuroni umani derivano da un tipo di cellula, glia radiale esterna, che non è presente o poco presente nei roditori.

Gli organoidi, cercano di inserirsi proprio qui, costituendo un miglioramento nella generazione di sistemi modello (Fig.1), con tipi cellulari che somigliano e che sono in condizioni simili a quelli che si trovano nel corpo umano. Delle vere e proprie miniature di organi e tessuti umani.

vantaggi e svantaggi a confronto tra i diversi modelli sperimentali oggi in nostro possesso
Figura 1: limitazioni e vantaggi a confronto tra i diversi modelli sperimentali fino ad oggi in nostro possesso e gli organoidi umani. Credit to: [Jihoon Kim et al. 2020]

Ad oggi, esistono organoidi per molteplici tessuti umani: cervello (Fig.2), stomaco, retina, intestino, fegato, pancreas, polmoni, trachea e tanti altri.

mini brain, organoide di cervello umano
Figura 2: mini-brain, immagine rappresentante un organoide di cervello umano. Credit to: [Clevers. 2016]

Origine

Con riferimento al primo paragrafo, un organoide prende origine da cellule staminali, sia pluripotenti (IPSC) che adulte (ADSC). Queste, sotto giuste condizioni, simulano la nicchia staminale naturale, dando origine all’organoide del tessuto da cui sono state prelevate (ADSC), o differenziano potenzialmente in qualsiasi tessuto (IPSC). Queste cellule possono essere comprate da aziende specializzate o, ad esempio, possono essere prelevate anche da paziente (Es: un organoide intestinale può essere coltivato a partire da cellule staminali ricavate da biopsie intestinali).

Le cellule staminali sono la materia prima per la formazione dell’organoide, ma essenziale è il controllo del loro differenziamento tramite l’utilizzo di stimolazioni che possono essere:

  • Dirette: inserzione di frammenti di DNA, sostituzioni, delezioni, genome editing;
  • Indiretto: modifiche del microambiente cellulare tramite sostanze esogene di natura enzimatica, chimica o meccanica.

Per quanto riguarda la metodica indiretta, il metodo più utilizzato per garantire una crescita in 3D è l’utilizzo del Matrigel. Quest’ultimo è una miscela gelatinosa atta a ricostituire una sorta di matrice extracellulare in grado di garantire la crescita e l’adesione cellulare. In generale, il matrigel è caratterizzato da una composizione eterogenea di laminina, entactina, collagene, fattori di crescita, ecc. La sua funzione è quella di prevenire il differenziamento e promuovere la proliferazione e, al contempo, con modifiche adeguate, indurre il differenziamento stesso.

Vantaggi e Limitazioni del modello

I vantaggi dell’utilizzo di questo modello sperimentale sono:

  • Presenza di interazioni cellula-cellula e cellula-matrice;
  • Possibile controllo della nicchia con manipolazione o genome editing;
  • Possibilità di crioconservazione;
  • Stabilità genetica;
  • Organizzazione architetturale e mantenimento della funzione dell’organo;
  • Riproduzione della situazione in vivo.

Le limitazioni invece sono:

  • Difficili da realizzare;
  • Maggior tempo di realizzazione;
  • Assenza di protocolli unificati;
  • Costi elevati rispetto ai soliti metodi in-vitro.

Applicazioni

Rappresentando gli organoidi un modello comunque facilmente accessibile e di ampie potenzialità, essi hanno la possibilità di rispondere a domande finora irrisolte. Questo risulta particolarmente vero per l’uomo, ambito nel quale le loro possibili applicazioni (Fig.3) sono molteplici:

  • Studio del meccanismo regolatorio dell’organogenesi;
  • Modellizzazione dei disturbi umani: Malattie infettive, Malattie ereditarie, Neoplasie;
  • Test di tossicità ed efficacia farmacologica;
  • Medicina personalizzata;
  • Medicina rigenerativa;
  • Ingegneria genetica.
esempi di applicazioni degli organoidi
Figura 3: alcune possibili applicazioni nell’utilizzo degli organoidi umani come modello sperimentale. Credit to: [Rossi et al. 2018]

1- Organoidi e Malattie Infettive

Poiché gli organoidi rappresentano idealmente tutti i componenti cellulari di un dato organo, sono teoricamente adatti per gli studi sulle malattie infettive. In particolare, grandi applicazioni si riscontrano per agenti patogeni limitati all’uomo e dipendenti da cellule specializzate.

Nel 2015, è stato svolto uno studio su organoidi derivanti da IPSC di un bambino con mutazione del gene 7 e affetto da un’influenza molto grave. Gli organoidi del paziente presentavano un difetto nella produzione di interferone di tipo I e ciò li rendeva in grado di permettere una maggior attività replicativa del virus.

E’ stato inoltre dimostrato che, organoidi prodotti a partire da IPSc o ADSc dello stomaco, possono essere infettati con H.pylori e fornire risultati e meccanismi biologici reali.

Nel 2011, il ricercatore M. Lancaster è stato in grado di generare organoidi eterogenei contenenti diverse regioni del cervello ma tra loro interdipendenti, i cosiddetti mini-brain. Le potenzialità di questa scoperta sono state davvero grandi, ad esempio permettendo una modellizzazione della microcefalia associata al virus Zika. In uno studio del 2015, infatti, l’infezione di organoidi in via di sviluppo con il virus Zika (ZIKV) ha determinato l’infezione preferenziale di progenitori neurali. Questo meccanismo ha determinato: morte cellulare, diminuzione della proliferazione e volume ridotto dello strato cellulare neuronale.

Questo modello è stato proposto come altamente versatile ed utile per ricerche riguardanti lo studio dei meccanismi patogenetici del virus e per test di terapie innovative.

2- Organoidi e malattie ereditarie

Importanti passi avanti si stanno svolgendo nell’ambito organoidi-fibrosi cistica. La fibrosi cistica (CF) è una malattia genetica autosomica recessiva causata da una mutazione del gene CF codificante per il CFTR (proteina canale per il cloro). Il fattore CFTR è assente negli organoidi del polmone di pazienti affetti da CF, ma, ad esempio, può essere reintrodotto tramite trattamento con piccole molecole che correggono alcune delle più comuni mutazioni della CF.

3- Organoidi e cancro

La possibilità di riprodurre organoidi tumorali rappresenta un’opportunità unica per la conoscenza di particolari meccanismi di base e per test funzionali per la sensibilità ai farmaci.

Il fattore importante di questo nuovo modello è il fatto che le neoplasie ed il loro microambiente possono essere ricreati in laboratorio a partire da cellule sane. A tal proposito, in uno studio condotto nel 2014, è stata indotta una combinazione di mutazioni nel colon di un topo sano ed è stato osservato un progressivo sviluppo di un adenocarcinoma invasivo simile a quello osservato in vivo.

In organoidi pancreatici l’espressione dei geni mutanti KRAS e/o TP53 induce una strutture anomala dei dotti e una morfologia nucleare consistente con la trasformazione neoplastica in coltura e in vivo. In aggiunta, il connubio tra organoidi e CRISPR/CAS9, sta dando ottimi risultati. Nel 2015, due studi indipendenti hanno determinato la formazione di un’adenoma-carcinoma, introducendo quattro mutazioni sequenziali in cellule staminali di organoidi del colon umano. Lo xenotrapianto ha rivelato infatti la progressiva trasformazione delle cellule staminali wild-type in adenocarcinomi.

4- Medicina personalizzata

Gli organoidi derivanti da staminali adulti di pazienti hanno permesso dei test ex vivo basati sulla risposta a determinati farmaci. In questo modo si può effettuare facilmente una terapia cucita ad hoc sul paziente con efficacia assicurata.

La medicina personalizzata sfruttando gli organoidi ha permesso di:

  1. amplificare in vitro biopsie da tessuti di pazienti malati in modo da ottenere sufficiente materiale per il successivo sequenziamento atto a rivelare la causa delle mutazioni o il profilo fenotipico al fine di ottenere trattamenti più mirati;
  2. identificare e trattare con successo pazienti con una rara mutazione del CFTR, i quali altrimenti non avrebbero potuto accedere ai farmaci;
  3. effettuare esperimenti che possano rivelare la validità e l’applicabilità di organoidi affetti da cancro nella valutazione della risposta dei farmaci a livello individuale;
  4.  Identificare trattamenti più efficaci riducendo gli effetti collaterali.

5- Medicina rigenerativa

Le potenzialità del modello al centro di questo articolo possono condurre molto lontano. Ad esempio, verso un’idea di medicina rigenerativa dove tessuti del paziente vengono prelevati, trattati e poi trapiantati al fine di curare patologie di cui è affetto (Fig.4).

potenziale applicativo  in medicina rigenerativa degli organoidi
Figura 4: Esempio applicativo di medicina rigenerativa mediante l’utilizzo di organoidi prelevati dal paziente, trattati in laboratorio e trapiantati. Credit to: [Rossi et al. 2018]

In questo modo ad esempio si ovvierebbe ai vari problemi di donatori sani e compatibilità. Tutto ciò si sta già sperimentando con trapianti di organoidi su modelli animali. In questa ottica, lo sviluppo e l’ottimizzazione di organoidi pancreatici potrebbero rivoluzionare il trattamento diabetico oppure la creazione di un organoide neurale potrebbe permettere il trattamento di malattie neurodegenerative come il Parkinson.

Quanta strada ancora c’è da fare

Che, ad oggi, gli organoidi, stiano meritatamente spopolando tra i progetti scientifici è ormai ovvio ed è dovuto ovviamente alle grandi opportunità che questi nuovi modelli mettono al servizio della ricerca. Di fatto però ancora, rispetto ad altri sistemi, il loro utilizzo si trova in una fase acerba, che necessita di miglioramenti. Ad esempio questi potrebbero comprendere:

  1. Una unificazione di protocolli;
  2. Una riduzione dei costi;
  3. Sviluppo di organizzazione su macroscala;
  4. Studio e miglioramento di tecniche atte ad esempio a permettere l’utilizzo di sistemi in grado di far comunicare tra loro organoidi differenti.

Il fatto che lo sviluppo degli organoidi possa essere ancora ai suoi primi passi e che già mostri tutte queste potenzialità fa davvero ben sperare. Chissà andando avanti quanto ancora ci sarà da scoprire.

Ilaria Bellini

Fonti

  • Jihoon Kim, Bon-Kyoung Koo & Juergen A. Knoblich. Human organoids: model systems for human biology and medicine. Nature Reviews Molecular Cell Biology. vol. 21, pages 571–584. 2020.
  • Immagine 1: Jihoon Kim, Bon-Kyoung Koo & Juergen A. Knoblich. Human organoids: model systems for human biology and medicine. Nature Reviews Molecular Cell Biology. vol. 21, pages 571–584. 2020.
  • Yuan-Hung Lo, Kasper Karlsson, Calvin J. Kuo. Applications of Organoids for Cancer Biology and Precision Medicine. Nat Cancer. 2020. 761–773.
  • Hans Clevers. Modeling Development and Disease with Organoids. Cell. 2016.
  • Immagine 2: Hans Clevers. Modeling Development and Disease with Organoids. Cell. 2016.
  • Giuliana Rossi, Andrea Manfrin and Matthias P. Lutolf. Progress and potential in organoid research. Nature Reviews | GeneTicS. 2018.
  • Immagine 3-4: Giuliana Rossi, Andrea Manfrin and Matthias P. Lutolf. Progress and potential in organoid research. Nature Reviews | GeneTicS. 2018.
  • Immagine in evidenza: https://notiziescientifiche.it/organoidi-cerebrali-che-simulano-attivita-elettriche-dei-cervelli-usati-per-testare-farmaci/
Foto dell'autore

Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

Lascia un commento