Glucagone: caratteristiche ed utilizzo terapeutico

Introduzione

Il glucagone è un ormone peptidico prodotto dalle cellule alfa di Langherans del pancreas, fondamentale per diverse funzioni metaboliche. In particolare, ha un ruolo centrale nel controllo della glicemia (concentrazione di glucosio nel sangue), in cui è l’antagonista naturale dell’insulina. Ma mentre quest’ultima è usata per ridurre il livello di glicemia, il glucagone ne stimola invece l’aumento quando suddetto livello è troppo basso. Per questo, tale ormone rappresenta un altro importante aiuto nelle terapie per la cura del diabete, in particolare per il trattamento dell’ipoglicemia.

Caratteristiche del glucagone

Il glucagone viene prodotto inizialmente come preproglucagone, formato da 179 amminoacidi, in seguito tagliato per formare proglucagone (160 amminoacidi) tramite un enzima proteasi chiamato furina. Il glucagone vero e proprio, derivante dal taglio del proglucagone, si presenta come una proteina a 29 amminoacidi formata da una sola alfa elica. Possiede un’istidina sull’estremità terminante in un gruppo amminico (NH2-) e una tronina sull’estremità terminante in un gruppo carbossilico (COOH-).

Struttura del glucagone
Figura 1 – Struttura del glucagone [Fonte: www.chimica-online.it]

La sua principale funzione è la gluconeogenesi, ovvero la produzione di glucosio da fonti organiche, in particolare da glicogeno (zucchero complesso di riserva), acidi grassi e amminoacidi accumulati nei tessuti corporei (soprattutto nel fegato). Questo causa un aumento della glicemia e la riduzione della glicolisi, andando a contrastare l’effetto di riduzione del glucosio dato invece dall’insulina. Glucagone e insulina operano dunque insieme per regolare correttamente i livelli di glucosio (o zucchero) del sangue. Con la sua azione, il glucagone può anche regolare l’appetito, dato che riduce la fame e l’apporto necessario di cibo nell’alimentazione. Inoltre, è in grado di stimolare il dispendio di energia del corpo e di incrementare il battito e la contrattilità del muscolo cardiaco.

Ipoglicemia: legame col diabete e generalità

Il glucagone è un ormone tipicamente usato durante i digiuni per aumentare i livelli di glucosio nel sangue. Tuttavia è usato anche come salvavita nella cura dell’ipoglicemia riscontrata in certi soggetti affetti da diabete.

Il diabete è una patologia cronica del metabolismo caratterizzata da livelli eccessivamente elevati di glucosio nel sangue. Le sue principali tipologie sono: diabete di tipo 1 (T1D) e di tipo 2 (T2D). Il primo è causato da una mancata produzione d’insulina del pancreas, il secondo invece da un’insufficiente produzione di insulina del pancreas.

Il suo trattamento viene tipicamente fatto con terapie a base di insulina, per riequilibrare la corretta produzione di tale ormone e, di conseguenza, il livello glicemico del sangue.

Cause dell’ipoglicemia

Tuttavia, in queste terapie c’è spesso il rischio di incorrere nell’ipoglicemia, ovvero un abbassamento eccessivo della glicemia (sotto i 70 mg/dl) a causa dal mancato equilibrio tra quantità di insulina presente in circolo, carboidrati ingeriti e ormoni controregolatori. Le cause più comuni sono solitamente:

  • Mancata o ritardata assunzione di cibo dopo un trattamento con insulina per il diabete di tipo 1 o 2, con conseguente sbilanciamento dei livelli di glucosio.
  • Insulino-dipendenza; in questo caso si verifica quando una persona è in terapia di cura del diabete da troppo tempo. Questo potrebbe portarla ad avere livelli eccessivi d’insulina nel sangue, con conseguente ipoglicemia.

L’ipoglicemia è caratterizzata da numerosi sintomi, soprattutto legati al sistema nervoso centrale. Quando è lieve, può causare semplicemente nausea, mal di testa, vista offuscata e stress. Quando scende sotto un certo livello, però, entrano in azione gli ormoni catecolamine (adrenalina e noradrenalina), che indicano il passaggio a un’ipoglicemia moderata o anche grave. In questi casi, i sintomi vanno da stanchezza, cambi repentini di umore e confusione a tremori, disorientamento e convulsioni, fino ad arrivare nel peggiore dei casi alla perdita di coscienza e al coma.

Attivazione del glucagone

La produzione di glucagone da parte del pancreas è legata fondamentalmente a stimoli metabolici, soprattutto a un calo del livello di glicemia nel sangue, di amminoacidi o di acidi grassi liberi. Al contrario, è proprio l’aumento della concentrazione di glucosio a causare la successiva inibizione del rilascio dell’ormone. Le cellule pancreatiche alfa lavorano dunque con un meccanismo di controllo a feedback negativo del glucosio, prodotto dalle reazioni metaboliche attivate dal glucagone.

In condizioni di ipoglicemia, il livello intracellulare di ATP nelle cellule alfa pancreatiche cala, causando la chiusura di canali transmembrana di potassio sensibili ai livelli di tale nucleotide (canali-KATP). La riduzione del flusso di potassio provoca a sua volta una depolarizzazione della membrana cellulare, che porta all’apertura di canali per gli ioni Ca2+, aumentando il loro flusso dentro la cellula. L’incremento intracellulare di Ca2+, infine, funge da innesco primario per il rilascio tramite esocitosi del glucagone dalle cellule alfa.

Al contrario, quando il livello di glucosio cresce, genera un incremento dell’ATP intracellulare che provoca la riapertura dei canali-KATP. Questo causa una variazione del potenziale di membrana che porta alla chiusura dei canali per gli ioni Ca2+ e, di conseguenza, all’inibizione del rilascio di glucagone.

Meccanismo di rilascio del glucagone
Figura 2 – Attivazione e rilascio del glucagone [Fonte: www.ncbi.nlm.nih.gov]

Meccanismo d’azione

Una volta rilasciato, l’ormone procede legandosi al suo recettore, una proteina della membrana plasmatica dotata di 7 eliche transmembrana e accoppiata a una proteina G. Dopo che il glucagone si è legato al recettore, questo cambia conformazione causando il distacco della subunità Gsα della proteina G, che va ad attivare a sua volta l’enzima adenilato ciclasi. Questo aumenta la produzione intracellulare di cAMP, che in seguito si lega alla protein chinasi A (PKA), attivando le sue subunità catalitiche e spostandola verso il nucleo. Qui la PKA fosforila e innesca fattori di trascrizione, in particolare il CREB, i quali attivano una cascata di fosforilazioni che inibiscono la piruvato chinasi (disattivando così la glicolisi) e la glicogenosintesi. Il tutto causa una diminuzione dell’accumulo di glicogeno e un forte aumento della produzione di glucosio.

Un altro modo in cui agisce il glucagone è legando e causando l’attivazione della subunità Gqα della proteina G, che attiva a sua volta la fosfolipasi C (PLC) con conseguente incremento della produzione di IP3. Quest’ultimo aumenta il rilascio di calcio dal reticolo endoplasmatico e, così facendo, innesca un co-attivatore della trascrizione regolata dal CREB, il CRTC2. Viene così aumentata l’espressione genica legata al CREB, con conseguente diminuzione della glicogenosintesi e della produzione di glucosio.

Quando i livelli di glucosio tornano normali, il glucagone viene degradato ed eliminato tramite endocitosi mediata da recettori e proteolisi da parte dell’enzima dipeptidil peptidasi 4.

Azione del glucagone
Figura 3 – Meccanismo d’azione del glucagone [Fonte: www.ncbi.nlm.nih.gov]

Cura e somministrazione

Normalmente la cura dell’ipoglicemia segue la cosiddetta “Regola del 15”, ovvero l’assunzione di 15 g di carboidrati semplici tramite fonti come zollette di zucchero, miele o frutta in piccole quantità per alzare la glicemia. Se dopo 15 minuti i sintomi non sono ancora del tutto spariti, bisogna replicare la terapia mantenendo sempre attenzione che il livello glicemico non superi i 100 mg/dl.

L’utilizzo del glucagone per curare l’ipoglicemia avviene proprio nei casi più gravi, quando la persona che ne è affetta rischia di non essere nemmeno in grado di rimanere cosciente.

In Italia, la somministrazione del glucagone avveniva unicamente tramite iniezione endovenosa o intramuscolare fino al 2020. In seguito, è stata introdotta una nuova formulazione spray che permette di somministrare l’ormone per via nasale. Gli ormoni peptidici come glucagone e insulina, infatti, non devono essere ingeriti perché verrebbero demoliti nello stomaco, per questo la somministrazione deve avvenire per via venosa o nasale. A differenza dell’insulina, è sufficiente una sola dose importante di glucagone per essere efficace.

Spray glucagone
Figura 4 – Spray nasale per glucagone [Fonte: www.ilmessaggero.it]

La sua quantità dev’essere ben controllata perché livelli troppo alti di glucagone potrebbero portare a una produzione eccessiva di glucosio, con conseguente iperglicemia nei pazienti sia diabetici che non.

Bibliografia

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