Gli studi sui resti umani antichi testimoniano la presenza dei tumori sin dalla Preistoria, nonostante l’incidenza non fosse così alta come nei tempi attuali. Le mummie, grazie alla conservazione dei tessuti molli, sono un eccezionale archivio di dati biologici. Lo studio sui resti umani in Egitto, e non solo, ha permesso di indagare il fenomeno più nel dettaglio.
Le cause dei tumori nell’antichità
Innanzitutto occorre considerare i fattori che causano l’insorgenza dei tumori nell’antichità. Certamente non c’era il fumo di tabacco, l’inquinamento atmosferico ed altri agenti moderni, ma erano presenti comunque dei fattori di rischio.
Altamente cancerogeni erano gli idrocarburi policiclici liberati nei processi di preparazione e conservazione delle carni (la cottura a fuoco vivo o l’affumicatura).
Inoltre, in passato si faceva uso dell’amianto per le sue proprietà senza sapere quanto fosse nocivo. Le fibre di amianto che si liberavano e che venivano inalate portavano alla formazione di tumori come il cancro polmonare o altri problemi respiratori.
Le aflatossine prodotte da alcuni funghi su prodotti cerealicoli sono genotossiche e, a lungo termine, possono causare l’insorgenza di forme tumorali, in particolare al fegato.
I tumori della cute, tra cui il melanoma, sono invece causati dall’esposizione alle radiazioni ultraviolette dei raggi solari che nel Nord Africa sono particolarmente significative.
Anche i virus oncogeni costituiscono un fattore di rischio considerevole per l’insorgenza di tumori nell’antichità. Il papilloma virus (HPV), il virus di Epstein-Barr (EBV), i virus dell’epatite B e C (HBV e HCV) sono senz’altro i più conosciuti.
Infine, il fattore genetico è una ulteriore causa, ma, in generale, le condizioni ambientali, di sussistenza e le abitudini individuali e della comunità possono influenzare lo sviluppo di queste patologie.
Gli studi sulle popolazioni antiche
Le considerazioni sull’incidenza dei tumori nell’antichità non possono non tenere conto delle condizioni storiche e di preservazione.
Un importante elemento di valutazione è il periodo in cui solitamente i tumori si manifestano e cioè l’età adulta, dai 40-50 anni in su. Nel passato, però, difficilmente si superavano i 50 anni di vita perciò veniva meno la classe d’età in cui questa patologia solitamente insorge.
Occorre poi considerare i bias della ricerca che non ci consentono di avere un riflesso puntuale della realtà del passato. Innanzitutto il record archeologico è naturalmente frammentario: emerge solo una minima parte della realtà passata. A ciò si aggiunge il mercato delle mummie nel XIX secolo in cui moltissimi esemplari sono finiti nelle mani dei privati. Inoltre, tutte le mummie scoperte in quel periodo sono state studiate con metodi invasivi che ne hanno intaccato irreparabilmente lo stato di conservazione.
Dati questi fattori, è verosimile che molti casi di tumori nell’antichità non siano stati rilevati e quindi studiati.
I tumori del tessuto osseo
La maggior parte dei tumori antichi sono stati scoperti proprio sui resti scheletrici e si tratta di quei tumori che lasciano dei segni a livello osseo.
Il caso di tumore più antico ad oggi è un mieloma multiplo, proviene dall’Austria e risale al Neolitico (4000 a.C. circa). Il caso più antico in Egitto, invece, proviene da Giza (Antico Regno, 3000 a.C. circa). Si tratta di una metastasi forse dovuta a un tumore originato nella regione nasofaringea, piuttosto comune nelle mummie egizie.
Tre individui rinvenuti a Tebe (1500 e il 500 a.C.) riportano i segni di un carcinoma metastatico che in due casi origina da un mieloma.
Un altro caso è del 1200 a.C. circa, proviene da Amara Ovest (odierno Sudan, all’epoca sotto il controllo faraonico) e si tratta di un uomo adulto di 25-30 anni. Considerata l’età e le metastasi in molte zone del corpo, risalta subito l’età di insorgenza del tumore molto bassa rispetto la media.
HPV e altri tumori nelle mummie dell’oasi di Dakhla
Sei casi di tumori maligni provengono dalle necropoli dell’oasi di Dakhla, in Egitto (databili dal Primo periodo intermedio, 2200-2050 a.C. circa). In tre casi le zone lesionate sono quelle genitali, sia maschili che femminili, e dalla diagnosi è stato individuato l’HPV come agente cancerogeno. A questi se ne potrebbe aggiungere un altro sebbene le lesioni interessino solo il cranio. Di questi quattro, tre hanno un’età compresa tra i 25 e i 35-40 anni che solitamente è l’età di insorgenza di questi tumori. Nel quarto caso si tratta di una donna di 55-60 anni. Dagli stessi scavi proviene la mummia di un uomo adulto di 55-60 anni con un adenocarcinoma del retto. L’ultimo caso riguarda un bambino di 3-5 anni a cui è stata diagnosticata una leucemia linfatica cronica.
Se consideriamo che le necropoli contano oltre duemila inumati che coprono un arco cronologico che arriva sino all’età romana, è evidente come l’incidenza dei tumori nell’antichità fosse piuttosto bassa.
Conclusioni
Nonostante l’accertata esistenza dei tumori nell’antichità, è chiaro che la loro incidenza era nettamente inferiore rispetto al nostro secolo. Ciò che risalta è come i tumori possano insorgere anche in giovane età, in particolare quelli dovuti alle infezioni.
Gli studi sulle popolazioni moderne sono ancora in corso per cercare di individuare altri fattori nello sviluppo di tumori, oltre a quelli ambientali e comportamentali già citati. Per avere altre risposte sono indispensabili gli studi sulle popolazioni pre-moderne, perciò si auspica una sempre maggior attenzione a quest’ambito di ricerca.
Fonti
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