La patologia dell’Alzheimer

Il Morbo di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa cronica e progressiva, caratterizzata da un decorso lento, determinata dalla degenerazione e distruzione delle cellule nervose. E’ la forma più comune di demenza senile, contraddistinta da un’alterazione delle funzioni cognitive superiori come la memoria, il ragionamento, il linguaggio. Progressivamente l’ammalato perde l’autonomia nell’esecuzione degli atti quotidiani della vita e diventa completamente dipendente dagli altri. La malattia è stata descritta per la prima volta da Alois Alzheimer, da cui prende il nome, neurologo tedesco che analizzò il caso di una paziente 51enne con una forma di demenza progressiva non ancora caratterizzata.

                                    

Alois Alzheimer
Figura 1 – Alois Alzheimer [Fonte: wikipedia.org]

La patologia dell’Alzheimer è in continuo aumento a causa del fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. Nello specifico la malattia esordisce nella maggior parte dei casi dopo i 60 anni (7% dei casi tra 65 e 74 anni; 53% dei casi tra 75 e 84 anni; 40% dei casi dopo gli 85 anni), con un’incidenza che raddoppia ogni cinque anni, arrivando a interessare circa una persona su 3-4 dopo gli 80 anni. Ad essere più colpite sono le donne. La disparità d’incidenza sembra essere imputata alla diminuzione di estrogeni in post-menopausa, per i quali è stato riconosciuto un ruolo neuroprotettivo. Gli stessi ormoni, d’altro canto, sin dalla prima fase dello sviluppo, potrebbero favorirne l’insorgenza. Gli estrogeni tendono infatti a sfavorire nelle donne l’utilizzo dell’ippocampo, e proprio il suo minore uso potrebbe essere alla base di una sua maggiore vulnerabilità agli effetti dell’invecchiamento.

Cause e fattori di rischio della patologia dell’Alzheimer

Le precise cause del morbo di Alzheimer sono ancora poco chiare; a renderne difficile lo studio e la comprensione è, senza dubbio, la complessità del cervello umana. Alla base della malattia sembra esistere una combinazione di vari fattori, tra cui la genetica, i fattori ambientali, la familiarità e lo stile di vita. Questo insieme di fattori sembrerebbe in grado di alterare il patrimonio di alcune proteine cerebrali, al punto da avere effetti tossici sul cervello stesso.

Fattori di rischio alla base del morbo di Alzheimer
Figura 2 – Fattori di rischio alla base del morbo di Alzheimer
[Fonte: mdpi.com]

Patogenesi della patologia dell’Alzheimer

I neuroni del malato presentano a livello intracellulare grovigli neurofibrillari di proteina tau iperfosforilata, a livello extracellulare, invece, placche neuritiche costituite dal peptide β-amiloide. Sembra che le placche di beta-amiloide e gli ammassi di proteina tau interferiscano con la normale trasmissione nervosa interneuronale e siano in grado di provocare la morte della cellula nervosa.

Cervello di un soggetto sano e di un soggetto affetto da morbo di Alzheimer
Figura 3 – Cervello di un soggetto sano e di un soggetto affetto da morbo di Alzheimer [Fonte:appuntioss.it]

Nei primi stadi della patologia, i sintomi passano inosservati. Le placche amiloidi cominciano a formarsi nelle aree del cervello responsabili della memoria, dell’apprendimento, del pensiero e della pianificazione. I malati di Alzheimer, in questa fase, non riescono a ricordare eventi recenti mentre mantengono una memoria abbastanza viva su fatti avvenuti nel passato lontano.

Nella forma da lieve a moderata, le persone affette iniziano ad avere gravi problemi di memoria e di pensiero. Ciò è dovuto all’aumento di densità delle placche amiloidi nelle aree del pensiero e della memoria. In questo stadio i malati di Alzheimer possono avere difficoltà nell’esprimersi, nella gestione del denaro e nella pianificazione delle attività. Le placche amiloidi si diffondono anche nelle aree cerebrali che controllano il linguaggio, la posizione del proprio corpo nello spazio. Con il progredire della malattia i pazienti non riconoscono amici e familiari.

Nello stadio avanzato la maggior parte della corteccia cerebrale è danneggiata e il volume del cervello si riduce sempre di più. In questo stadio i malati di Alzheimer perdono la capacità di comunicare, riconoscere i propri cari e prendersi cura di loro stessi.

La morte si verifica per una broncopolmonite, perché la progressione della malattia indebolisce il sistema immunitario e complicanze relative alle cadute ed all’allettamento, come le fratture del femore e le piaghe da decubito.

Diagnosi del morbo di Alzheimer

Non abbiamo ancora un test unico che ci possa confermare in maniera indiscutibile la diagnosi di Morbo di Alzheimer. In genere la diagnosi si basa su informazioni proveniente da:

  • Analisi della storia medica del paziente
  • Test neuropsicologici come il Mini-Mental State Examination (MMSE), che valutano la capacità di contare, risolvere problemi, la capacità di memorizzare e il grado di attenzione
  • Esami clinici (del sangue, del liquor cefalorachidiano, delle urine)
  • TAC cerebrali per escludere patologie che portano sintomi simili.

Terapia farmacologica della patologia dell’Alzheimer

Attualmente non è disponibile una terapia causale che ritardi o arresti la progressione della malattia. I farmaci attualmente approvati sono “sintomatici”, cioè finalizzati all’attenuazione delle manifestazioni cliniche della malattia, migliorando in generale la qualità della vita dei pazienti.

  • INIBITORI DELL’ACETILCOLINESTERASI
Rivastigmina  
Figura 4 – Rivastigmina   [Fonte: wikipedia.org]
Donezepil
  Figura 5 – Donezepil [Fonte: wikipedia.org]

                                                 

Galantamina
Figura 6 – Galantamina [Fonte: wikipedia.org]

Tali farmaci sono indicati nella malattia di Alzheimer in fase lieve e moderata. Il loro impiego risiede nel riscontro nella malattia di Alzheimer di una carenza cerebrale della sostanza chimica acetilcolina, importante per la memoria e il pensiero. L’acetilcolina invia messaggi da una cellula all’altra e, dopo aver terminato il suo compito, viene distrutta dall’enzima acetilcolinesterasi in modo che non si accumuli tra le cellule. Gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, sostanze che bloccano l’attività dell’acetilcolinesterasi, mantengono la disponibilità cerebrale di acetilcolina e possono compensare, senza arrestare, la distruzione delle cellule provocata dalla malattia. Possono migliorare alcuni sintomi cognitivi (quali memoria e attenzione) e comportamentali (quali apatia, agitazione e allucinazioni), ma questa loro capacità diminuisce con la progressione della malattia. Tra i principali effetti collaterali vi sono la nausea e il rallentamento della frequenza cardiaca, motivo per cui sono necessari periodici controlli elettrocardiografici.

  • MEMANTINA
Memantina
Figura 7 – Memantina
[Fonte: wikipedia.org]

La Memantina è un antagonista del recettore NMDA, una molecola che nelle sinapsi si lega con l’acido glutammico. Quest’ultimo è un aminoacido che nel sistema nervoso svolge anche la funzione di neurotrasmettitore. Si ritiene che il farmaco abbia un duplice effetto: sintomatico, migliorando in alcuni casi i sintomi cognitivi e comportamentali, e neuroprotettivo. Tra i principali effetti collaterali vengono segnalati l’agitazione e la sensazione di capogiro.

Trattamenti farmacologici futuri

Gli approcci terapeutici finora esplorati dalla comunità scientifica internazionale non hanno purtroppo ancora portato all’identificazione di un composto in grado di contrastare efficacemente la malattia, se non addirittura prevenirla. Tuttavia, i risultati di decenni di ricerca scientifica finalizzata alla scoperta di un ‘magic bullet’ per il morbo di Alzheimer hanno dimostrato che impedire o rallentare la formazione di aggregati delle due proteine, che giocano un ruolo fondamentale in questa forma di demenza (la proteina beta-amiloide e la proteina tau), non è sufficiente a sconfiggere la malattia. È importante, infatti, inibire contemporaneamente gli effetti neurotossici di queste due proteine.

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Fonti

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