La “nuova” variante olandese di HIV

La notizia di una nuova variante di HIV olandese ha destato preoccupazioni: ecco il punto della situazione su Microbiologia Italia.

E’ stato ampiamente dimostrato il rischio rappresentato dai virus che evolvono verso una maggiore virulenza, ovvero causando maggiori danni ai loro ospiti. L’esempio recente più notevole è il lignaggio B.1.617.2 (variante Delta) della sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2). La variante delta è stata segnalata per una maggiore probabilità di morte, oltre a una maggiore trasmissibilità. I virus a RNA sono stati a lungo considerati particolarmente preoccupanti, poiché la loro replicazione è soggetta a errori e si traduce nel più alto tasso di mutazione noto. Di conseguenza questo porta, tra le altre cose, ad un alto potenziale di adattamento e resistenza farmacologica.

La variante HIV olandese

Una maggiore virulenza potrebbe avvantaggiare un virus se non è controbilanciato da una ridotta possibilità di trasmissione. Queste pressioni selettive antagoniste possono portare a un livello intermedio di virulenza ottimale per l’idoneità virale, come osservato per l’HIV. Esempi concreti di tale evoluzione in azione, tuttavia, sono ancora sfuggenti. Il monitoraggio continuo della virulenza dell’HIV è importante per la salute globale. 38 milioni di persone attualmente convivono con il virus che ha causato circa 33 milioni di morti.

Varianti circolanti di HIV, oltre quella olandese

Il principale gruppo (M) di HIV-1, è emerso per la prima volta intorno al 1920 nell’area di quella che oggi è Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. I sottotipi e le forme ricombinanti circolanti (CRF) più comuni tra essi hanno preso strade diverse per la diffusione globale. Hanno stabilito forti associazioni con la geografia, l’etnia e la modalità di trasmissione. Sono state riportate differenze nella virulenza tra sottotipi e CRF diversi. Sebbene sia difficile associare le alterazioni genotipiche delle CRF agli effetti fenotipici caratterizzanti la virulenza del patogeno è stata dimostrata un’evidenza: il co-recettore utilizzato per l’ingresso nelle cellule influenza la virulenza di HIV. Quest’ultimo è stato proposto come un meccanismo alla base delle differenze di virulenza tra sottotipi e CRF.

La virulenza dell’HIV-1 è più comunemente misurata dalla carica virale (la concentrazione di particelle virali nel plasma sanguigno) e dalla conta dei Linfociti CD4 (la concentrazione di cellule T CD4+ nel sangue periferico, che tiene traccia dei danni al sistema immunitario causati dal virus). Il successo del trattamento con farmaci antiretrovirali sopprime la carica virale e interrompe il calo della conta dei CD4 che altrimenti porterebbe all’AIDS. Sia la carica virale che il tasso di declino delle cellule CD4 sono proprietà ereditabili, ovvero queste proprietà sono causalmente influenzate dalla genetica virale, portando alla correlazione tra un individuo e chiunque infetti. Ci si aspettava quindi che la carica virale e il declino delle cellule CD4 potessero cambiare con l’emergere di una nuova variante virale.

Figura acquisita con il microscopio elettronico a scansione di HIV in gemmazione
Figura 1 – Immagine al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) del virus HIV (verde) in gemmazione da una cellula

Peculiarità di virulenza della variante olandese di HIV

I cambiamenti nella carica virale e il declino dei linfociti T CD4+ sono perciò segnali attesi dell’evoluzione dell’HIV. Esaminando i dati di coorti europee ben caratterizzate, Wymant et al. segnalano un sottotipo di HIV eccezionalmente virulento che circola nei Paesi Bassi da diversi anni. Sono stati trovati 109 individui infettati con un caratteristico lineage di sottotipo B dell’HIV-1 che hanno sperimentato un tasso di diminuzione della conta delle cellule CD4+ doppia rispetto al previsto. Quando sono stati diagnosticati, questi individui erano soggetti allo sviluppo dell’AIDS entro 2 o 3 anni.

L’analisi della sequenza genetica suggerisce che questa variante è nata negli anni ’90 da una mutazione de novo, non da una ricombinazione, con una maggiore trasmissibilità e un meccanismo molecolare di virulenza sconosciuto. Questo lignaggio virale, mostra estesi cambiamenti nel genoma che interessano quasi 300 aminoacidi, il che rende difficile discernere il meccanismo dell’elevata virulenza.

Senza trattamento, si prevede che la conta delle cellule CD4+ con infezione da HIV avanzata, sia inferiore a 350 cellule per millimetro cubo, con conseguenze cliniche a lungo termine. Questa conta cellulare viene raggiunta, in media, 9 mesi dopo la diagnosi per gli individui sulla trentina con questa variante di HIV. Età, sesso, modalità di trasmissione e luogo di nascita per i suddetti 109 individui erano tipici delle persone sieropositive nei Paesi Bassi. Questi dati suggeriscono che l’aumento della virulenza è attribuibile al ceppo virale variante.

Caratterizzazione della variante VB di HIV-1

Il totale di 109 individui con la nuova variante, individuati attraverso il progetto BEEHIVE-studio ATENA, per la maggior parte sono di origine olandese. E’ stata osservato un grande aumento della carica virale in questi soggetti. Tale aumento è di circa 0,54 log10 copie virali/ml (cioè ~ 3,5 volte aumentata). La dimensione dell’effetto era la stessa in un modello di regressione lineare che includeva l’età alla diagnosi e il sesso come co-variate e persisteva nel tempo negli individui di nuova diagnosi. D’ora in poi, per brevità, ci riferiamo a questa variante virale come “variante VB” (per il sottotipo B virulento), agli individui infettati da questa variante come “individui VB” e agli individui infettati con un ceppo diverso di HIV come “non- Individui VB”.

Peculiarità della variante olandese di HIV
Figura 2

Spiegazione figura 2

In questa figura, gli individui VB sono rappresentati in rosso; quelli infetti da qualsiasi altro sottotipo B di virus (individui non VB) sono mostrati in blu. (A) Grafici relativi alla carica virale, per anno di diagnosi. Le date di diagnosi sono state raggruppate per produrre confini che coincidono con gli anni e un numero più o meno uguale di individui VB (39 nel 2002–2006, 35 nel 2007–2008 e 27 dopo il 2008; il modello è solido per altri raggruppamenti). (B) Declino previsto nella conta dei Linfociti CD4 in assenza di trattamento.

Il modello è stato ottimizzato per sesso ed età della diagnosi. I valori mostrati si riferiscono ai maschi diagnosticati all’età di 30-39 anni. Le regioni ombreggiate indicano l’intervallo di confidenza del 95% nella previsione del modello dei valori medi, data l’incertezza nella stima dei valori dei parametri (non riflette la variabilità tra gli individui in ciascuno dei due gruppi, che è molto maggiore). La linea nera tratteggiata indica un conteggio di CD4 di 350 cellule/mm cubi. (C) Probabilità di essere ancora in vita in un dato momento dopo la diagnosi.

Origine e filogenesi della variante VB di HIV

Sono stati recuperati e sequenziati due campioni aggiuntivi dall’individuo VB che è stato diagnosticato nel 1992. Tale diagnosi è avvenuta 10 anni prima delle diagnosi successive di altri individui VB. L’analisi filogenetica ha suggerito che questo individuo fosse stato infettato da un virus che si era evoluto per la maggior parte, ma non del tutto, verso il virus della variante VB tipici di date successive. Questo individuo è stato diagnosticato ad Amsterdam, coerentemente con la suddetta ricostruzione ancestrale della regione.

Nei 10 anni prima di questa prima diagnosi di VB, la percentuale di individui diagnosticati nei Paesi Bassi per i quali era disponibile una sequenza virale era di circa un terzo. Ciò significa che molto probabilmente la persona che infettò il primo paziente VB del 1992 non è stato campionato, e in effetti due o tre fasi della catena di trasmissione potrebbero non essere campionati.

Conclusione sulla variante HIV olandese

Il trattamento riduce la possibilità totale di trasmissione totale nel corso dell’infezione cronica, indipendentemente dalla virulenza. In parole povere, “i virus non possono mutare se non possono replicarsi” e “il modo migliore per impedirne il cambiamento è fermarlo” [Marc Lipsitch].

Il trattamento precoce impedisce anche che il declino delle cellule CD4 porti a morbidità e mortalità successivi. Di conseguenza le considerazioni cliniche, epidemiologiche ed evolutive sono allineate. La scoperta di una variante virale altamente virulenta e trasmissibile sottolinea quindi l’importanza dell’accesso a test diagnostici frequenti per gli individui a rischio. Inoltre sottolinea l’adesione alle raccomandazioni per l’inizio immediato del trattamento per ogni persona che convive con l’HIV.

Fonti

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