Campionare le microplastiche

Il campionamento è una delle fasi più delicate dell’intera analisi perché influenza tutti i passaggi successivi e i risultati finali. Indipendentemente dal tipo di acque (marine, interne, etc.), per campionare le microplastiche in modo efficace è necessario prelevare volumi d’acqua adeguati e in tempi piuttosto brevi. È importante, ma quasi impossibile, campionare particelle di tutte le dimensioni di microplastiche (da circa 1 μm a 5mm).

Prelevare microplastiche di tutte le dimensioni non sempre è possibile

Per campionare le microplastiche si usano reti o filtri che sfruttano la filtrazione meccanica. Con questa tecnica si intrappola tutto ciò che si trova al di sopra dell’apertura dello strumento. Inoltre, i filtri impiegati possono facilmente intasarsi e non svolgere più il loro compito correttamente. Esistono metodi più recenti, basati sull’utilizzo di setacci posti in serie e sulla centrifugazione a flusso continuo, che permettono di campionare microplastiche di varie dimensioni. Tuttavia, sono ancora in fase di studio.

Per ottenere campioni rappresentativi, cioè che indicano realmente lo stato globale dell’intero corpo d’acqua da cui sono prelevati, è necessario acquisire volumi d’acqua adeguati. Non solo. È necessario anche che siano rappresentativi di tutte le possibili dimensioni delle microplastiche. Solo dall’analisi di campioni rappresentativi si può effettuare una adeguata valutazione del rischio ambientale (Environmental Risk Assessment – ERA) e del rischio per la salute umana (Health Risk Assessment – HERA).

Procedere a ritroso semplifica la procedura di campionamento. Quindi, bisogna conoscere le dimensioni delle microplastiche che possono causare danni all’uomo o all’ambiente. In questo modo si campionano solo le microplastiche di quelle specifiche dimensioni. In caso contrario, si otterrebbero dei risultati poco significativi e inutili per la valutazione del rischio.

Le microplastiche possono causare danni all'uomo e all'ambiente.
Figura 1 – Le microplastiche possono causare danni all’uomo e all’ambiente. [Fonte: pixabay.com]

Il volume di acqua da analizzare: uno dei parametri più importanti

Per una corretta analisi delle microplastiche si parte dalla dimensione del campione cioè del volume di acqua da prelevare. Infatti, il campione è rappresentativo quando è in grado di rispecchiare la reale concentrazione delle microplastiche dell’intera area di analisi.

La scelta del volume adeguato all’analisi dipende da diversi fattori. Sicuramente deve essere adeguato alla strumentazione utilizzata. Deve poi rispettare il criterio statistico. Se si campiona un volume troppo ridotto, diminuisce la probabilità di trovare determinate particelle. In questo modo, aumenta il margine di errore e diminuisce la rappresentatività dell’analisi.

Bisogna poi considerare l’intervallo di dimensioni delle microplastiche da analizzare. Ad esempio, le piccole microplastiche (minori di 100 μm) sono quelle più abbondanti e per analizzarle correttamente bastano piccoli volumi di acqua. Invece, per analizzare le microplastiche più grandi (maggiori di 100 μm) servono volumi d’acqua maggiori, così da evitare di sottostimarne la quantità.

Anche la tipologia di acqua da analizzare influenza il volume da campionare.

Linee guida per campionare le microplastiche

I volumi d’acqua ideali da campionare sono indicati nelle apposite linee guida. Queste servono ad indirizzare l’analisi ma non costituiscono un limite invalicabile. In alcuni casi potrebbero servire volumi maggiori. Al contrario, in altre situazioni non si riescono ad ottenere i volumi di riferimento, ad esempio perché i filtri si intasano più velocemente. È quello che succede quando sono usati in acque con un alto contenuto organico. In questi casi è consigliato campionare fin dove è possibile, riportando fra i dati il volume d’acqua raggiunto.

Campionare le microplastiche più grandi

Il volume di riferimento per il campionamento delle microplastiche più grandi (maggiori di 100 μm) in acque superficiali è 500 litri. A questo valore si è giunti considerando le basse concentrazioni delle microplastiche e la maggiore suscettibilità alle condizioni atmosferiche. Sono richiesti volumi maggiori se il campionamento è effettuato in località remote e ipoteticamente meno contaminate.

Per il campionamento dell’acqua degli impianti di depurazione delle acque reflue si considerano separatamente il flusso in entrata e quello in uscita. I flussi in entrata, cioè quelli da depurare, sono molto più contaminati da microplastiche rispetto a quelli in uscita, cioè depurati. Quindi per le acque in entrata è sufficiente campionarne un solo litro mentre per quelle in uscita servono all’incirca 500 litri.

Per l’acqua di distribuzione il volume di campionamento consigliato è di 1000 litri. Si tratta, infatti, di acqua che può aver subito trattamenti di potabilizzazione e quindi con concentrazioni di microplastiche decisamente più basse.

Il volume ideale per l’acqua in bottiglia supera i 10 litri. Si crea quindi un unico campione unendo l’acqua di più bottiglie della marca in esame.

Campionare le microplastiche più piccole

Al momento non esistono linee guida specifiche per il campionamento di microplastiche di dimensioni inferiori ai 100 μm. Se l’obiettivo della ricerca sono unicamente le piccole microplastiche si possono campionare volumi d’acqua minori.

Tuttavia, spesso l’analisi è estesa anche alle microplastiche di dimensioni maggiori. In altri casi, non è definita una precisa classe dimensionale rendendo la scelta di un volume adeguato (e il metodo di campionamento più adatto) molto difficoltosa.

Nella letteratura scientifica si trovano molti studi che mirano a identificare e quantificare le piccole microplastiche, soprattutto nelle acque potabili e in quelle reflue. Tuttavia, in entrambi i casi si osserva una grande variabilità nei volumi d’acqua raccolti. Se il campionamento è effettuato con bottiglie, generalmente, si prelevano dai 500 millilitri ai 5 litri. Invece, se si usano sistemi di filtrazione in situ si raccolgono fino a centinaia di litri.

Campionare le microplastiche: quale metodo scegliere?

La scelta del metodo di campionamento dipende dalla:

  • classe dimensionale delle particelle
  • natura della matrice (acqua superficiale, sotterranea, ecc.)
  • porzione di colonna d’acqua di interesse (in caso di bacini estesi)

Come si sceglie il metodo migliore per campionare le microplastiche?

Per prima cosa si decide la classe dimensionale da analizzare. Da essa dipende la tipologia di strumentazione da usare e i volumi minimi da campionare. Le microplastiche più grandi, generalmente, si campionano seguendo le linee guida al contrario di quelle più piccole che non ne hanno. Quindi, sono la tipologia di acqua e le sue caratteristiche intrinseche ad influenzare la scelta del metodo di campionamento più adeguato.

Le microplastiche delle acque interne si studiano campionando l’acqua di superficie. Infatti, la maggior parte di esse tende a galleggiare a causa della bassa densità. Tuttavia, le plastiche di uso comune hanno un intervallo di densità ampio (da 0,85 a 1,41 g/cm3). Per questo motivo, alcune di esse si trovano con minore probabilità nello strato superficiale della colonna d’acqua.

Le tecniche di campionamento, utilizzabili per studiare i grandi specchi d’acqua, sono numericamente maggiori (per questioni logistiche).

Al contrario, per le acque sotterranee, fiumi di piccole dimensioni e impianti di depurazione/ potabilizzazione la disponibilità dei mezzi di campionamento è minore. Le loro caratteristiche intrinseche rendono difficile l’utilizzo di reti (spesso del tutto impossibile). In questi casi si usano metodi di campionamento alternativi come quelli basati su pompe o con allaccio diretto al rubinetto.

Impianto di depurazione delle acque.
Figura 2 – Impianto di depurazione delle acque. [Fonte: pixabay.com]

La strumentazione più adatta non sempre è disponibile

Un altro parametro da considerare, spesso sottovalutato, è la disponibilità della strumentazione.

Ad esempio, alcuni strumenti sono molto costosi e quindi non sempre reperibili. È il caso delle pompe e delle reti che non sempre possono essere utilizzate. La possibilità di allaccio ad un rubinetto o l’utilizzo di bottiglie a capienza ridotta, invece, consente di abbattere i costi e di procedere alle analisi con minore difficoltà.

Bibliografia:

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: https://pixabay.com/it/photos/acqua-mare-sabbia-plastica-3569659/
  • Figura 1: https://pixabay.com/it/photos/multicolore-perline-di-plastica-717633/
  • Figura 2: https://pixabay.com/it/photos/impianto-di-trattamento-delle-acque-7382931/
Foto dell'autore

Elisabetta Cretella

Elisabetta Cretella Dopo la laurea magistrale in Genetica e Biologia molecolare conseguita presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza e l'abilitazione alla professione di biologo, si appassiona alla divulgazione scientifica. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza presso l'Università degli studi di Ferrara e inizia a scrivere per il webmagazine 'Agenda17' del Laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara. Intanto intraprende la strada dell'insegnamento. Ad oggi è docente di Matematica e Scienze presso le Scuole Secondarie di primo grado e di Scienze naturali alle Scuole Secondarie di secondo grado. Nel suo curriculum c'è anche un tirocinio svolto in un laboratorio di ricerca dell'Istituto di Biologia e Patologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBPM-CNR) e due pubblicazioni su riviste scientifiche peer reviewed.

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