Microplastiche negli alimenti e nelle bevande

Le microplastiche sono un po’ ovunque, dagli ecosistemi marini, d’acqua dolce e terrestri alle località remote. Sono facilmente ingerite dagli animali e dall’uomo e aderiscono anche alla superficie degli organismi marini. Hanno dimensioni molto piccole, comprese tra 1 micrometro (µm) e 5 millimetri (mm). Sono proprio le piccolissime dimensioni che rende l’uomo sempre più esposto ad esse. Infatti, le microplastiche si trovano anche negli alimenti e nelle bevande, compresa l’acqua. La loro ingestione è la principale fonte di esposizione per l’uomo. A seguire ci sono l’inalazione e l’ingestione mediante il contatto mano-bocca.

Microplastiche negli alimenti e nelle bevande: come avviene la contaminazione

Le microplastiche sono ingerite da organismi marini e terrestri e assorbite dalle piante. Arrivano poi all’uomo mediante la catena alimentare.

La plastica è il materiale più usato per le confezioni alimentari. Il cosiddetto packaging a contatto con gli alimenti può rilasciare piccole particelle di plastica. Un ulteriore contaminazione può avvenire durante il processo di produzione, trasporto e imballaggio sia degli alimenti che delle bevande.

Anche le materie prime possono esserne contaminate. Ad esempio, l’acqua è alla base della preparazione di bevande e alimenti. Tuttavia, nei sistemi di acqua dolce sono presenti grandi quantità di microplastiche. Quindi, già in origine, l’acqua può rappresentare una delle principali fonti di contaminazione per le bevande commerciali e i cibi. Anche in questo caso le microplastiche possono essere introdotte attraverso il processo di lavorazione, stoccaggio, trasporto e confezionamento.

Quindi le microplastiche in alimenti e bevande rappresentano la principale via di esposizione alla plastica per l’uomo.

Microplastiche nell’acqua

Le microplastiche si trovano sia nell’acqua di rubinetto che in quella in bottiglia. Su 159 campioni di acqua di rubinetto, provenienti da 14 paesi, l’81% contiene microplastiche. Da un’analisi del 2018 condotta su 11 marche di acqua in bottiglia di provenienza globale, per un totale di 259 campioni, il 93% risultava contaminato.

Le dimensioni delle microplastiche variano da 6,5 ​​a 100 micrometri (µm). I frammenti sono i detriti di plastica più comuni (circa il 65%).

Fonti di microplastiche nell’acqua potabile

L’acqua di rubinetto è trattata, attraverso molteplici procedure, nell’impianto di trattamento dell’acqua potabile. È poi trasportata lungo le tubazioni fino alla destinazione finale. Le microplastiche possono essere presenti nell’acqua non trattata oppure derivare dal processo di purificazione e dal trasporto. I frammenti di microplastiche contenuti nelle acque grezze (non trattate) provengono principalmente dalla degradazione di vari prodotti in plastica e dallo scarico delle acque domestiche. Inoltre, i serbatoi di stoccaggio degli impianti di trattamento sono rivestiti con resina epossidica per prevenirne la corrosione. Anche le tubature di trasporto sono costituite da polimeri plastici. Per la maggior parte sono realizzate in cloruro di polivinile (PVC) o in polietilene (PE) mentre i raccordi sono realizzati in poliammide (PA).

Le microplastiche si trovano anche nell'acqua in bottiglia e derivano soprattutto dal suo contenitore.
Figura 1 – Le microplastiche si trovano anche nell’acqua in bottiglia e derivano soprattutto dal suo contenitore. [Fonte: pexels.com]

Per l’acqua in bottiglia, le microplastiche derivano principalmente dall’imballaggio. Infatti, l’acqua conservata nelle bottiglie di vetro risulta meno contaminata. Secondo alcuni studi, la quantità di microplastiche rilasciate dalle bottiglie in PET riciclate è maggiore rispetto a quelle usate una sola volta. In entrambi i casi, più del 70% delle particelle è di dimensioni comprese tra i 5 e i 20 μm.

Microplastiche nelle bevande

L’acqua è la componente principale delle bevande. La contaminazione da microplastiche dell’acqua potabile può portare alla contaminazione delle bevande preparate con essa. Ad esempio, sono state trovate microplastiche in tutti e 24 i campioni analizzati di birra tedesca. Le birre tedesche sembrano avere una quantità maggiore di microplastiche rispetto a quelle degli Stati Uniti e del Messico. Tuttavia, i diversi metodi di analisi possono spiegare la differente concentrazione.

Le microplastiche si trovano anche nelle bibite analcoliche, nelle bevande energetiche e nel tè freddo. Inoltre, si rilevano solo fibre di plastica. Tra queste predominano quelle di colore blu seguite da quelle marroni e rosse. La dimensione delle particelle varia da 100 a 3000 µm.

Anche nel latte sono presenti le microplastiche. Le particelle principali sono le fibre (97,5%) mentre i frammenti sono solo il 2,5%. Anche in questo caso sono maggiori quelli di colore blu, marrone e rosso. Il polimero più abbondante è il polietere solfone (PES), il materiale di cui sono costituite le membrane usate durante il processamento dei latticini.

Anche quando l’acqua non è direttamente un ingrediente delle bevande è comunque utilizzata per la pulizia dei macchinari. Inoltre, anche l’aria degli ambienti di lavorazione e confezionamento può essere fonte di microplastiche. Così come possono esserlo i materiali e le attrezzature utilizzati nel processo produttivo.

Microplastiche negli alimenti: il packaging

I contenitori di plastica sono i principali imballaggi degli alimenti. Proprio per questo motivo possono essere un’importante fonte di microplastiche per l’uomo. Pertanto, è essenziale studiare le microplastiche che rilasciano.

Ad esempio, le bustine di tè in plastica vuote se immerse in acqua per 5 minuti a 95 °C rilasciano microplastiche e nanoplastiche. Le loro dimensioni variano da 520 nm a 270 μm. Lo stesso accade con i contenitori usa e getta. In questo caso le dimensioni variano da 0 a 210 nm.

Microplastiche negli alimenti e nelle bevande. Spesso derivano dal packaging.
Figura 2 – Le microplastiche negli alimenti e nelle bevande spesso derivano dal packaging. [Fonte: pexels.com]

Le vaschette per alimenti, come quelle in cui è venduta la carne confezionata, spesso sono realizzate in polistirene estruso (XPS). Infatti, nella carne confezionata sono stati trovati da 4 a 19 pezzi di microplastiche per chilogrammo circa. Inoltre, le caratteristiche di queste particelle sono le stesse della vaschetta in XPS. Ciò ha fatto pensare che fosse proprio il contenitore a rilasciarle.

Tuttavia, le microplastiche possono essere prodotte anche durante l’apertura della pellicola di imballaggio.

Microplastiche negli alimenti: frutta e verdura

Tra i frutti, le mele sono le più contaminate. Le carote, invece, sono le verdure più ricche di microplastiche, al contrario della lattuga.

Le microplastiche sono più concentrate nella frutta rispetto alla verdura. Perché? Sono in grado di penetrare nel seme, nella radice, nel fusto, nelle foglie e nelle cellule vegetali dei frutti. L’altissima vascolarizzazione della polpa del frutto, la dimensione e la complessità della radice e l’età degli alberi spiegano perché nella frutta si accumulano più microplastiche.

Microplastiche nel sale

Indipendentemente dall’origine (mare, lago, pozzo o rocce), il sale di tutto il mondo contiene microplastiche.

Il sale marino contiene una quantità di microplastiche elevata (circa 550–681 particelle per chilogrammo). Questo perché esso proviene da acque costiere con un’elevata densità di popolazione e un elevato livello di inquinamento da plastica. Seguono il sale di lago (circa 43–364 particelle per chilogrammo) e il salgemma (circa 43–364 particelle per chilogrammo).

In particolare, l’abbondanza di microplastiche nel sale marino dipende dal livello di inquinamento del sistema acquatico di origine. Principalmente si trovano frammenti e fibre, seguiti da filamenti, film, fogli, granuli, pellet e schiume. Tra tutti i campioni, i polimeri più comuni sono PET, PP e PE.

Microplastiche nel sale: le fonti

Per il sale marino e quello di lago, la principale fonte di microplastiche è l’acqua di origine. Infatti, il sale si ricava dalla sua evaporazione. Dopo l’evaporazione, le impurità presenti nell’acqua rimangono nel sale. Più è inquinato il corpo idrico, più è ricco di microplastiche il sale.

Il salgemma (proveniente dalle rocce) e il sale da pozzo contengono una minore quantità di microplastiche. Questi sono raccolti sottoterra dove i polimeri sintetici difficilmente penetrano.

Inoltre, le microplastiche possono essere introdotte anche durante la lavorazione e il confezionamento del prodotto.

Microplastiche negli organismi acquatici: i pesci

I prodotti alimentari acquatici (come pesci, crostacei e molluschi bivalvi) sono le fonti più studiate di assunzione alimentare di microplastiche. Queste ultime sono ampiamente presenti nel pesce commerciale di tutto il mondo, dall’Europa agli Stati Uniti alla Cina. Ad esempio, la frequenza di assunzione di microplastiche per le sardine e le acciughe è rispettivamente del 58% e del 60%.

Il nasello europeo, lo sgombro, la sardina, la sogliola comune, il tonno rosso, la platessa e le acciughe sono grandi consumatori di microplastiche. La concentrazione varia da 1 a 5 pezzetti di microplastica per esemplare.

Microplastiche nei pesci.
Figura 3 – Microplastiche nei pesci. [Fonte: pexels.com]

Le dimensioni delle microplastiche trovate vanno da 20 µm a 5 mm. I polimeri più abbondanti sono il polietilene tereftalato (PET), il polipropilene (PP), la poliammide (PA), il polietilene (PE) e il nylon.

Microplastiche negli organismi acquatici: i molluschi

I molluschi bivalvi filtrano e accumulano microplastiche. La concentrazione varia da 0 a 10,5 elementi per grammo. Nelle cozze se ne trovano di più mentre le ostriche sono gli organismi marini che ne accumulano di meno. Grandi concentrazioni di microplastiche sono ingerite da cozze (circa 0,3-0,07 particelle per grammo) e vongole (circa 0,3 particelle per grammo). Le microplastiche si accumulano principalmente nel loro tratto gastrointestinale.

I molluschi, come le vongole, filtrano le plastiche che arrivano così sulle nostre tavole.
Figura 4 – I molluschi, come le vongole, filtrano le plastiche che arrivano così sulle nostre tavole. [Fonte: pixabay.com]

La concentrazione di microplastiche per esemplare nei pesci è inferiore rispetto alle cozze e alle vongole. Il dato è in accordo con il fatto che questi ultimi sono animali filtratori che aspirano, e poi accumulano, le microplastiche.

I polimeri più rilevati sono PP, PE, polistirene (PS) e PET, cioè simili a quelli presenti nei pesci. Le fibre sono le particelle più abbondanti in tutti i campioni, seguite dai frammenti.

Microplastiche negli organismi acquatici: le fonti

In generale, tutti gli organismi acquatici accumulano microplastiche soprattutto nello stomaco e nell’intestino. Tuttavia, possono essere accumulate anche nei muscoli, nella pelle, nelle branchie e nel fegato. Normalmente il tratto gastrointestinale dei pesci non viene mangiato dall’uomo e quindi la maggior parte delle microplastiche non viene ingerita insieme ad esso. Una minima parte comunque viene mangiata attraverso i suoi tessuti. Dei molluschi e di alcuni pesci piccoli, invece, si ingeriscono anche gli organi digestivi.

Le microplastiche presenti negli ambienti acquatici derivano principalmente dalla terraferma e/o dalle attività umane. Tra queste ci sono la degradazione di lenze e reti da pesca, il lavaggio domestico, le abitudini alimentari e gli imballaggi. La fonte principale di microplastiche sono i corpi idrici che accumulano e trasportano le microplastiche provenienti dalle acque reflue domestiche e dalla pesca, oltre che dalle attività umane.

Queste si disperdono in modo diverso nella colonna d’acqua e nei sedimenti a seconda della densità del polimero che le compone. Alcune hanno dimensioni simili alle uova di pesce e al plancton. Restano, quindi, sospese e sono ingerite dagli organismi acquatici zooplanctonici. Le microplastiche si accumulano anche nei sedimenti dove sono ingerite dalle specie bentoniche.

Le microplastiche sono ampiamente rilevate negli alimenti e nelle bevande

I rifiuti plastici riversati nei fiumi o direttamente in mare finiscono per degradarsi rilasciando microplastiche. Queste sono ingerite da pesci e molluschi che sono poi pescati. In questo modo arrivano fino alle nostre tavole.

La letteratura scientifica dimostra che le microplastiche sono ampiamente rilevate negli alimenti e nelle bevande. Tuttavia, la loro abbondanza dipende dal livello di inquinamento ambientale e dai metodi di rilevamento.

Bibliografia:

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: https://www.pexels.com/it-it/foto/frutta-a-fette-in-bicchieri-usa-e-getta-1745745/
  • Figura 1: https://www.pexels.com/it-it/foto/primo-piano-della-bottiglia-che-versa-acqua-sul-vetro-327090/
  • Figura 2 : https://www.pexels.com/it-it/foto/cibo-salutare-menu-vegetariano-4033160/
  • Figura 3 : https://www.pexels.com/it-it/foto/sabbia-pesce-ambiente-inquinamento-4813983/
  • Figura 4 : https://www.pexels.com/it-it/foto/cibo-pentola-cucinando-vongole-8958372/

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Elisabetta Cretella

Elisabetta Cretella Dopo la laurea magistrale in Genetica e Biologia molecolare conseguita presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza e l'abilitazione alla professione di biologo, si appassiona alla divulgazione scientifica. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza presso l'Università degli studi di Ferrara e inizia a scrivere per il webmagazine 'Agenda17' del Laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara. Intanto intraprende la strada dell'insegnamento. Ad oggi è docente di Matematica e Scienze presso le Scuole Secondarie di primo grado e di Scienze naturali alle Scuole Secondarie di secondo grado. Nel suo curriculum c'è anche un tirocinio svolto in un laboratorio di ricerca dell'Istituto di Biologia e Patologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBPM-CNR) e due pubblicazioni su riviste scientifiche peer reviewed.

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