Anche le meduse mangiano la plastica

Sempre più studi analizzano gli impatti dei rifiuti di origine antropica sugli organismi marini. Ad oggi è stata documentata l’ingestione di plastica da parte di circa 230 vertebrati marini. Nonostante siano gli invertebrati la componente principale della biodiversità marina, l’ingestione di rifiuti è stata segnalata solo in poche specie. Uno studio, pubblicato sulla rivista scientifica Scientific Reports, dimostra che anche le meduse mangiano la plastica.

L’ingestione della plastica è associata sia a danni fisici, come il blocco intestinale e la riduzione del senso di fame, sia alla potenziale tossicità delle sostanze con cui è trattata. Un esempio sono gli ftalati e i ritardanti di fiamma, sostanze note per la loro funzione di interferenti endocrini. Quindi, i rifiuti di plastica (soprattutto se di piccolissime dimensioni) forniscono a queste sostanze chimiche una via facile per entrare negli organismi marini.

Tutta colpa del vento e delle correnti marine

Le meduse si spostano grazie all’effetto combinato dei venti e delle correnti marine. Questi, però, sono responsabili anche della distribuzione dei rifiuti di plastica galleggianti. Di conseguenza le meduse e i rifiuti di plastica tendono ad accumularsi nelle stesse aree.

La medusa Pelagia noctiluca, molto presente nel mar Mediterraneo, si nutre di zooplancton. A sua volta è la preda preferita di molti grandi predatori pelagici, in particolare del pesce luna e della tartaruga marina Caretta caretta.

Le meduse mangiano la plastica e a loro volta sono mangiate dalle tartarughe marine.
Figura 1 – Le meduse mangiano la plastica e a loro volta sono mangiate dalle tartarughe marine. [Fonte: pixabay.com]

Molti altri pesci di interesse commerciale si nutrono di meduse, come il tonno rosso, il pesce spada e il pesce burro. In questo modo le plastiche e le sostanze con cui sono trattate entrano nella catena alimentare fino ad arrivare al consumatore finale ovvero l’uomo. Quindi, l’ingestione di plastica da parte delle meduse ha ricadute sia sui suoi predatori che sulla salute umana.

Anche le meduse mangiano la plastica: i rifiuti si bloccano tra i lobi orali

A largo dell’isola di Ponza, nel mar Tirreno, sono stati trovati vari esemplari della medusa P. noctiluca insieme a rifiuti galleggianti di diversa dimensione, colore, forma e tipologia. Alcuni di questi materiali sono intrappolati tra i lobi orali delle meduse o trattenuti all’interno della loro cappa. I detriti plastici possono accumularsi anche nella cavità gastrovascolare. Gli organismi marini, infatti, ingeriscono la plastica a seguito di un’errata identificazione visiva o tattile. In particolare, le meduse possono essere attratte anche dai composti organici aromatici presenti sulla sua superficie. Infatti, molte delle sostanze utilizzate per trattare la plastica appartengono a questo gruppo di composti.

Le meduse mangiano la plastica. La medusa Pelagia noctiluca ha intrappolato tra i lobi orali una striscia di plastica di una famosa marca di sigarette.
Figura 2 – Le meduse mangiano la plastica. La medusa Pelagia noctiluca ha intrappolato tra i lobi orali una striscia di plastica di una famosa marca di sigarette. [Fonte: Macali et al., 2018]

Le meduse mangiano la plastica grazie alle nematocisti

Il polietilene (PE), uno dei principali polimeri prodotti a livello mondiale, costituisce la maggior parte dei rifiuti marini (circa il 52%) rinvenuti nelle acque superficiali del mar Mediterraneo. Poiché galleggia vicino alla superficie del mare, comportandosi quindi come gli organismi neustonici (cioè piccoli organismi che vivono in prossimità o a contatto con lo strato superficiale delle acque), è scambiato per cibo. Quando le meduse si avvicinano ad una possibile preda si attivano specifici recettori, sia meccanici che chimici. Questi, a loro volta, inducono la fuoriuscita delle nematocisti e l’ingestione delle prede. In questo caso, però, sono ingerite microplastiche.

Anche altri inquinanti marini, come i metalli pesanti adsorbiti sulla plastica, attivano i chemocettori (detti anche recettori chimici) di P. noctiluca e quindi la fuoriuscita delle nematocisti e l’ingestione.

La medusa P. noctiluca può ingerire prede corrispondenti a più del 50% del suo peso corporeo al giorno. Questa sua caratteristica supporta l’ipotesi di un’ingestione attiva di grandi frammenti di plastica.

Cosa sono le nematocisti?

Le nematocisti, dette anche cnidocisti, sono degli organi urticanti presenti in alcune cellule ectodermiche. Queste cellule si chiamano nematociti o cnidociti. Le nematociti sono formate da una capsula, la nematociste, che contiene un filamento sensorio, detto cnidociglio. All’interno della capsula ci sono anche del liquido urticante e un altro filamento, anch’esso urticante. Allo stato di riposo, il filamento urticante è nascosto nella capsula.

Le meduse mangiano la plastica grazie alle nematocisti.
Figura 3 – Le meduse mangiano la plastica grazie alle nematocisti. [Fonte: commons.wikimedia.org]

Quando lo cnidociglio, cioè il filamento sensorio, è stimolato induce l’estroflessione del filamento urticante e il rilascio del liquido urticante. Poiché sia il contatto fisico che gli stimoli chimici attivano il cnidociglio, le nematocisti sono usate dalle meduse per difesa e per paralizzare le prede di cui poi si nutrono. Tuttavia, è stato dimostrato che anche le microplastiche possono attivare il cnidociglio. In parte la colpa è delle sostanze chimiche con cui queste sono trattate.

Le meduse mangiano la plastica e la trasferiscono lungo la catena alimentare

Le meduse sono vulnerabili all’inquinamento da plastica.

In precedenza si riteneva che l’ingestione della plastica da parte delle meduse avesse conseguenza negative unicamente sulla loro salute e sopravvivenza. Oggi, invece, si sa che le meduse possono agire come vettori di plastica attraverso la catena alimentare. Questa scoperta ha sollevato ulteriori preoccupazioni per l’impatto della plastica, e delle sostanze con cui è trattata, su altri organismi marini e sull’uomo.

Bibliografia:

  • Macali A, Semenov A, Venuti V, Crupi V, D’Amico F, Rossi B, Corsi I, Bergami E. Episodic records of jellyfish ingestion of plastic items reveal a novel pathway for trophic transference of marine litter. Sci Rep. 2018 Apr 17;8(1):6105. doi: 10.1038/s41598-018-24427-7. PMID: 29666447; PMCID: PMC5904158.

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: https://pixabay.com/it/photos/acquario-blu-esotico-medusa-rosa-1851003/
  • Figura 1 : https://pixabay.com/it/photos/messico-tartaruga-nuotare-2086549/
  • Figura 2 :Macali A, Semenov A, Venuti V, Crupi V, D’Amico F, Rossi B, Corsi I, Bergami E. Episodic records of jellyfish ingestion of plastic items reveal a novel pathway for trophic transference of marine litter. Sci Rep. 2018 Apr 17.
  • Figura 3 : https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Grafik_Nesselzelle_gl.png
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Elisabetta Cretella

Elisabetta Cretella Dopo la laurea magistrale in Genetica e Biologia molecolare conseguita presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza e l'abilitazione alla professione di biologo, si appassiona alla divulgazione scientifica. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza presso l'Università degli studi di Ferrara e inizia a scrivere per il webmagazine 'Agenda17' del Laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara. Intanto intraprende la strada dell'insegnamento. Ad oggi è docente di Matematica e Scienze presso le Scuole Secondarie di primo grado e di Scienze naturali alle Scuole Secondarie di secondo grado. Nel suo curriculum c'è anche un tirocinio svolto in un laboratorio di ricerca dell'Istituto di Biologia e Patologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBPM-CNR) e due pubblicazioni su riviste scientifiche peer reviewed.

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