PDV: lo scioglimento dei ghiacci diffonde virus mortale per le foche

I cambiamenti climatici hanno generato conseguenze gravi per l’ambiente e per gli animali che popolano il pianeta. Lo scioglimento del ghiaccio causato dall’aumento delle temperature ha diffuso un virus che sta mettendo in pericolo la vita delle foche. Si tratta di Phocine Distemper Virus (PDV), un virus che fa parte del genere Morbillivirus.

Phocine Distemper Virus

Phocine Distemper Virus è un paramixovirus, ovvero un virus a RNA a singolo filamento. Possiede un capside provvisto di glicoproteine virali specifiche (emoagglutinina-neuraminidasi) per l’attacco e la fusione con la membrana della cellula ospite. Si tratta di un virus che colpisce i pinnipedi, in particolare le foche. I segni clinici dell’infezione comprendono difficoltà respiratorie, febbre e sintomi nervosi. Fu individuato per la prima volta nel 1988 a seguito di un’epidemia diffusasi nel Mare del Nord che causò lo spiaggiamento di migliaia di foche. PDV appartenente al genere dei Morbillivirus, lo stesso genere a cui appartengono noti virus patogeni come:

  • virus del morbillo o measles virus (MV): patogeno dei primati, compreso l’uomo;
  • virus della peste bovina o rinderpest virus (RPV): patogeno degli ungulati;
  • virus della peste dei piccoli ruminanti (PPRV): patogeno degli ungulati;
  • virus del cimurro del cane o canine distemper virus (CDV): patogeno dei carnivori;
  • virus del morbillo dei cetacei (CeMV): patogeno per i cetacei (delfini, balene, focene);
  • virus del morbillo dei delfini (DMV);
  • virus del morbillo delle balene pilora (PWMV);
  • virus del morbillo delle focene (PMV).

Recentemente è stato scoperto un virus nei gatti (feline morbillivirus, FmoPV) che possiede la stessa organizzazione genetica dei morbillivirus. Ciononostante, attualmente il virus non viene riconosciuto come appartenente al genere Morbillivirus perché le caratteristiche patologiche e molecolari sono diverse dai morbillivirus convenzionali.

RegnoOrtonavire
PhylumNegarnaviricota
ClasseMonjiviricetes
OrdineMononegavirales
FamigliaParamyxoviridae
GenereMorbillivirus
SpeciePhocine morbillivirus / Phocine Distemper Virus
Tabella 1: tassonomia di Phocine Distemper Virus.
Relazione evoluzionistica tra Phocine Distemper Virus e altri Morbillivirus. L'albero filogenetico è stato realizzato confrontando le sequenze della glicoproteina emoagglutinina (H) tra 17 ceppi virali: PDV, CDV, MV, RPV, PPRV, DMV. La lunghezza delle ramificazioni corrisponde alla distanza evoluzionistica.
Figura 1: relazione evoluzionistica tra Phocine Distemper Virus e altri Morbillivirus. L’albero filogenetico è stato realizzato confrontando le sequenze della glicoproteina emoagglutinina (H) tra 17 ceppi virali: PDV, CDV, MV, RPV, PPRV, DMV. La lunghezza delle ramificazioni corrisponde alla distanza evoluzionistica [Fonte: PubMed].

Caratteristiche antigeniche e molecolari

Il genoma di Phocine Distemper Virus è costituito da una molecola a RNA a singolo filamento, non segmentata, a carica negativa e lunga 15.696 nucleotidi. La molecola contiene 6 unità trascrizonali che codificano 6 proteine strutturali:

  • nucleocapside (N)
  • fosfoproteina (P)
  • proteina della matrice (M)
  • glicoproteina di fusione (F)
  • glicoproteina emoagglutinina (H)
  • la componente maggiore dell’RNA polimerasi-RNA dipendente, la cosìdetta large protein (L).

Le cellule infettate da PDV esprimono 2 proteine non strutturali chiamate fattori di virulenza (C e V) che interferiscono con la risposta immunitaria innata dell’ospite.

Rappresentazione di un Morbillivirus
Figura 2: Rappresentazione di un Morbillivirus [Fonte: ViralZone].

Patogenesi

Affinché l’infezione avvenga, è necessaria la fusione della glicoproteina H con uno specifico recettore presente sulla membrana della cellula ospite. A seguito dell’interazione con il recettore, la glicoproteina H e la glicoproteina F interagiscono per favorire la fusione del virus con la membrana cellulare dell’ospite. Dagli studi è emerso che PDV è in grado di interagire con il recettore CD150 (Signaling Lymphocyte Activation Molecules, SLAM) la nectina 4. Sembrerebbe che l’interazione con CD150 favorisca l’infezione di cellule dendritiche e linfociti, mentre PDV usi la nectina 4 per infettare gli epiteli. Tuttavia, poiché il virus infetta più di un tipo cellulare (leucociti, cellule epiteliali, endoteliali, neurali), si pensa che PDV sfrutti ulteriori tipi recettoriali. Inizialmente, la replicazione virale avviene a livello dei linfonodi, secondariamente PDV si diffonde alle cellle epiteliali di diversi organi e al sistema nervoso centrale.

Segni clinici dell’infezione da PDV

I segni clinici includono: piressia, secrezioni oculari e nasali sierose o mucopurulenti compatibili con la congiuntivite, cheratite, oftalmite, rinite. A livello respiratorio, le foche presentano tosse, cianosi delle mucose, dispnea con enfisema interstiziale e sottocutaneo nei casi più gravi. Quest’ultima condizione aumentano la galleggiabilità e impediscono alle foche di nuotare normalmente e di immergersi sott’acqua. Inoltre, le femmine infette durante la gravidanza tendono ad abortire. Sappiamo anche che le foche malate tendono a stare sulla terra ferma più a lungo. Ciò comporta un aumento del rischio di sviluppare necrosi da pressione e di infestarsi di parassiti. Infine, le foche affette da PDV presentano segni neurologici che si manifestano con letargia, depressione, tremori alla testa, convulsioni e crisi epilettiche.

La manifestazione più grave è la polmonite da PDV accompagnata da efisema. Spesso quest’ultimo non si limita ai polmoni, ma si espande a livello interlobulare, subpleurico, mediastinico, pericardico, retroperitoneale e sottocutaneo. Inoltre, la pomlonite primaria da PDV viene complicata da concomitanti parassiti (Parafilaroides), infezioni batteriche (Bordetella bronchiseptica, Streptococcus, Clotridium) e virali (Phocid Herpes Virus 1, virus dell’influenza A). Di conseguenza, si possono sviluppare polmoniti suppurative ed emorragiche, pleurite ed infarto.

L’epidemia di Phocine Distemper Virus

A partire dalla fine del 1987 iniziarono a diffondersi una serie di epidemie attraverso le popolazioni di pinnipedi dalla Siberia all’Europa occidentale. Il fenomeno causò la mortalità di massa delle foche del lago Bajkal (Pusa sibirica), lago senza sbocco sul mare. Test diagnostici dimostrarono che tale evento era causato dall’infezione da Canine Distemper Virus. Dunque, l’evento era seguito al focolaio di infezione da CDV che si era diffuso nei mammiferi terrestri locali.

Nell’aprile del 1988 un’ondata epidemica si diffuse nei mari baltici e nel mare irlandese tra le colonie di foche comuni (Phoca vitulina). In quell’occasione morirono circa 18.000 foche comuni e un centinaio di foche grigie simpatriche (Halichoerus grypus). Nonostante la manifestazione clinica fosse identica a quella da infezione da CDV, i test diagnostici dimostrarono che si trattava di un nuovo virus (PDV). Da quel momento, iniziarono gli studi relativi all’epidemiologia delle infezioni nei pinnipedi del Nord Atlantico e dell’Artico. Nacque così l’ipotesi che la fonte dell’infezione da PDV fosse la foca dalla sella (Pagophilus groenlandicus) che vive in Norvegia, Groenlandia e Canada. Infatti, dopo il diffondersi di infezioni endemiche in queste specie seguì l’epidemia dell’88.

Seconda epidemia di PDV nel 2002

Nel 2002 ci fu una seconda ondata epidemica devastante come la prima e di simile diffusione geografica. Data la somiglianza dei due fenomeni, pensarono che si trattasse dello stesso virus che dunque si era stabilizzato in ospiti marini o terrestri. Così, si eseguitono dei test per confrontare il profilo antigenico e filogenetico del virus PDV isolato durante l’epidemia dell’88 e del 2002. L’analisi filogenetica dimostrò che il gene codificante l’emoagglutinina presentava enormi differenze tra i due ceppi virali. Ciò significa che lo stesso virus non era rimasto in circolo per 14 anni, ma che era stato reintrodotto nel mare del nord.

Migrazione di Phocine Distemper Virus dal Mare del Nord all’Oceano Pacifico

Sorprendentemente nel 2004 vennero individuate in Alaska delle lontre marine settentrionali (Enhydra lutris) positive al PDV. A questo evento seguì una nuova ondata epidemica nel 2006 che colpì le foche comuni sempre nell’Oceano Pacifico. Le analisi filogenetiche dimostrarono che il virus isolato dalle foche colpite nel 2006 fosse più simile a quello diffusosi nell’88, rispetto a quello del 2002. A questo proposito, gli scienziati si chiesero come il virus avesse raggiunto il Pacifico in 15 anni.

Esemplari di foca comune (Phoca vitulina), la specie maggiormente colpita durate le epidemie di Phocine Distemper Virus.
Figura 3: esemplari di foca comune (Phoca vitulina), la specie maggiormente colpita durate le epidemie di Phocine Distemper Virus [Fonte: Michael Noonan].

Trasmissione del virus

I morbillivirus, Phocine Distemper Virus compreso, si trasmettono orizzontalmente tramite le vie respiratorie ed essudati orali, respiratori e oculari. Al momento, non è stato documentato nessun caso di trasmissione verticale nelle foche. Data l’estrema fragilità dell’involucro del virus nell’ambiente, è necessario che gli animali entrino in stretto contatto affinché il contagio avvenga. Generalmente, le foche si riuniscono in siti insieme ad altri individui della stessa specie per la muta e per la riproduzione. Dunque, l’affollamento di tali spazi favorisce la diffusione del virus. Non a caso, le epidemie di PDV sono iniziate in primavera, durante la stagione della riproduzione, o in inverno nei siti di ritrovo delle foche.

Le forme più importanti dell’infezione si manifestano soprattutto nelle foche comuni, meno frequentemente nelle altre specie. Sappiamo però che altre specie possono risultare positive a PDV ed esserne immuni, ovvero non presentano i sintomi dell’infezione. Tali animali sono per esempio leoni marini e otarie. Dunque queste specie possono diventare vettori che trasportano il virus e infettano le foche.

Lo scioglimento del ghiaccio marino

Lo scioglimento dei ghiacci, l’inquinamento e l’impoverimento degli habitat causato dalla pesca eccessiva stanno danneggiando l’ecosistema polare. In particolare, il Mar Glaciale Artico risulta essere la zona più colpita dal surriscaldamento globale e i suoi abitanti sono tra le specie più a rischio. Secondo il rapporto sugli oceani e la criosfera dell’Intergovernmental panel on climate change, tra il 1979 e il 2018 il ghiaccio marino si è ritirato ogni decennio di circa il 12%. Interessante è stata la scoperta che i picchi di infezione di PDV coincidono con le riduzioni dell’estensione del ghiaccio nel mare artico.

Relazione tra il surriscaldamento globale e l’epidemia di PDV

L’aumento delle temperature ha causato lo scioglimento del ghiaccio marino rimuovendo barriere fisiche che un tempo impedivano il contatto tra specie diverse. Inoltre, la perdita di ghiaccio favorisce lo spostamento dei grossi mammiferi marini, foche compese, per cercare nuovi habitat. In questo modo si sono aperti nuovi corridoi ecologici che hanno facilitato il contatto ta foche di specie diverse diffondendo malattie infettive, PDV compreso. L’apertura i queste nuove rotte percorse dalle foche ha introdotto Phocine Distemper Virus dall’Atlantico al Pacifico Settentrionale. Esiste un serio rischio di scatenare un’epidemia violenta in grado di sterminare le foche, in particolare le foche comuni che sono quelle più sensibili.

L’autrice dello studio, Elizabeth VanWormer, ricercatrice presso l’università della California, dice: “Mentre il ghiaccio marino continua la sua tendenza a sciogliersi, potrebbero diventare più comuni le opportunità per questo virus e altri agenti patogeni di attraversare il Nord Atlantico e del Nord Pacifico con i mammiferi marini”. Questo studio evidenzia la necessità di comprendere la trasmissione del PDV e il potenziale di focolai in specie sensibili in questo ambiente in rapido cambiamento”. Infatti, questi animali vivono in ambienti che stanno cambiando molto rapidamente a causa del surriscaldamento ambientale. “Gli animali non possono tenere il passo con il rapido cambiamento dei loro ambienti e ciò li rende più suscettibili alle malattie”.

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Alessandra Corso

Dottoressa in biologia molecolare e applicata

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