In che modo la dieta incide sulla composizione del microbiota

Negli ultimi decenni si è sempre più diffusa la consapevolezza che svolgere una corretta alimentazione porta a numerosi effetti positivi sulla nostra salute, così come invece una dieta sregolata porta a molteplici complicanze. In questo articolo cerchiamo di capire come e perchè, confrontandoci con un vero e proprio organo che tutti abbiamo ma che non è noto ai più, ma che svolge ruoli fondamentali e che è molto influenzabile dalla nostra dieta: il microbiota.

L’importanza del microbiota

Con il termine microbiota si intendono tutti i microorganismi, batteri, archea e virus che popolano il corpo umano, sia nelle superfici interne che esterne. L’identificazione del microbiota inizia verso la metà del 1880 quando il pediatra tedesco Theodor Escherich osservò per la prima volta la presenza del batterio Escherichia coli (nome che deriva proprio da quello del medico bavarese) nel tratto intestinale di bambini affetti da diarrea. Da questa scoperta, tra fine XIX secolo e per tutto il secolo successivo furono isolati microorganismi in tutti i distretti corporei, stimando oggi che conviviamo con più di 100 trilioni di cellule microbiche (10 volte il numero delle cellule umane). La maggior parte di loro abitano l’intestino definendolo microbiota intestinale (che da solo costituisce più di 1,5kg della nostra massa corporea), ma possiamo distinguere anche il microbiota cutaneo, genito urinario, orale, del tratto respiratorio … insomma possiamo affermare con certezza che non siamo soli.

Se non bastassero queste informazioni per capire l’importanza del microbiota nella nostra vita, basti pensare a un altro aspetto molto importante, ovvero il microbioma. Con questo termine intendiamo infatti il patrimonio genetico di tutto il microbiota (ovvero l’insieme dei geni) ed è sorprendente (ma a pensarci neanche tanto) che dalla somma dei geni del microbiota e quelli dell’ospite (l’uomo) il 90% è rappresentato proprio dal microbioma, ovvero circa 3 milioni di geni microbici contro 23 mila geni umani. Si comprende allora perchè nel 2007 il Human Microbiome Project (MHP), un’organizzazione internazionale volta a caratterizzare e studiare il microbiota, arriva a definire il rapporto uomo-microbiota come un “superorganismo” in cui il microbiota svolge un ruolo di fondamentale importanza nel mantenimento e sviluppo del sistema immunitario e di regolazione di gran parte dei pathways metabolici.

Relazione tra dieta e microbiota intestinale

Gran parte del microbiota umano si ritrova nel colon, definito microbiota intestinale, un ecosistema dinamico la cui composizione precisa è unica da un individuo all’altro, ma di cui è invece estremamente conservata la funzione. Baceterioidetes e Firmicutes sono i microorganismi più abbondanti rappresentando infatti circa l’80% della popolazione microbica, Actinobacteria, Proteobacteria e Fusobacteria il restante 20%. Tra i ruoli principali del microbiota possiamo citare:

  • Svolge un ruolo chiave nel processo di digestione, estraendo, sintetizzando e assorbendo vari nutrienti (lipidi, aminoacidi, vitamine e acidi grassi).
  • Contribuisce a livello immunitario contro microorganismi potenzialmente pericolosi, inibendone la crescita, modificando il pH ambientale, consumando i nutrienti principali, producendo tossine antimicrobiche o segnalandone la loro presenza alle più vicine cellule immunitarie dell’ospite.
  • Garantisce l’integrità dell’epitelio intestinale. Svolgono in fatti la funzione di mantenere salde le tight junction tra le cellule della mucosa intestinale garantendo così integrità strutturale e anche riduzione degli stati infiammatori.

A fronte di una diversità inter-individuale la composizione microbica subisce variazioni quotidiane transitorie a livello intra-individuale, dove la dieta rappresenta la principale causa. L’influenza che l’alimentazione ha sul microbiota si può apprezzare fin dalla nascita. Infatti il bambino potremmo dire che nasce sterile dal punto di vista del microbiota e attraverso il tipo di parto (cesareo o naturale) si arricchisce di batteri. Successivamente attraverso l’allattamento vengono introdotti nutrienti come GOS e FOS (oligosaccaridi normalmente presenti nel latte materno) che iniziano a educare il microbiota del bambino. In seguito si registra un aumento delle specie batteriche associate al consumo di cibi solidi concludendo, infine, con una composizione microbica più tipica delle persone anziane e fragili, probabilmente legata a una minor varietà nell’apporto alimentare. Tale composizione può inoltre essere anche alterata dal consumo di farmaci, soprattutto antibiotici, e da fattori ambientali.

Meccanismi con cui la dieta modifica il microbiota intestinale

Possiamo distinguere tre meccanismi principali con cui la dieta può modificare il microbiota intestinale: meccanismo diretto, meccanismo indiretto e trasferimento passivo.

Meccanismo diretto

I nutrienti possono interagire direttamente con i microorganismi promuovendone o inibendone la crescita. In particolare i più rilevanti sono i carboidrati indigeribili detti glicani (cellulosa, lignina, pectina) che derivano da fonti vegetali, animali, fungine e algali. L’uomo infatti non possiede geni codificanti enzimi (come la glicoside idrolasi) capaci di degradare questi macronutrienti, tanto che passano indisturbati nell’intestino fino al colon dove risiede gran parte del microbiota intestinale. Qui risiedono batteri dei generi Bacteroides , Bifidobacterium e Ruminococcus che trovano vantaggio competitivo a causa della loro capacità di poter degradare questi glicani fermentandoli e producendo acetato e lattato. Da questi metaboliti viene ricavato il Butirril-CoA che viene convertito infine a Butirrato che ha grandi benefici per l’intestino (figura 1). A loro volta possono produrre anche metaboliti che influenzano direttamente la crescita o l’inibizione di altre comunità microbiche. Si crea quindi un network metabolico che incide sulla composizione del microbiota.

Sintesi del Butirrato a partire dalla degradazione di carboidrati da parte dei Bifidobacterium
Figura 1 – Sintesi del Butirrato a partire dalla degradazione di carboidrati da parte dei Bifidobacterium [Fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6071227/]

Meccanismo indiretto

La dieta può incidere sul metabolismo e sul sistema immunitario dell’ospite e quindi indirettamente anche sulla composizione del microbiota. Per esempio infatti un basso apporto di verdure crucifere (broccoli, cavoli, verze, cime di rapa, rafano, senape, rucola, ravanelli) causa uno squilibrio dei batteri del phylum Bacteriotedes generando un quadro riscontrabile anche in casi di obesità e infiammazione intestinale come Morbo di Chron o Colite ulcerosa. Questo si deve proprio al fatto che nelle verdure sopracitate sono contenute sostanze chimiche che attivano un recettore intestinale, ovvero il recettore degli idrocarburi arilici (AhR), che è importante nel regolare il sistema immunitario intestinale e l’integrità dell’epitelio. Quando non si attiva si ha un minor controllo offerto dai linfociti intraepiteliali dell’intestino favorendo così la disbiosi.

Trasferimento passivo

Alcuni membri del microbiota possono essere di origine alimentare e quindi passivamente inseriti nel tratto digestivo mediante l’assunzione di cibo. Tra questi troviamo anche funghi dei generi Candida e Penicillium.

Western diet vs dieta mediterranea, due modelli di dieta a confronto

Western diet

Con il termine Western diet si fa riferimento a una dieta tipica del Nordamerica priva di un contesto di tradizioni e che rispecchia l’industrializzazione. Predominano infatti zuccheri raffinati, alto contenuto di grassi, alto consumo di carne rossa e processata (insaccati), latte, latticini, grassi saturi, un basso apporto di fibre, frutta, verdura e legumi.

Evidenze consistenti dimostrano come la disbiosi causata della Western diet sia tipica di un intestino particolarmente infiammato, obesità, diabete di tipo 2, sindromi metaboliche, cancro al colonretto e patologie cardiovascolari. Tale disbiosi incide anche sul Gut Brain Axis (GBA), ovvero quella comunicazione bidirezionale tra sistema nervoso centrale e tratto gastrointestinale che incide sullo stato emotivo e mentale causando disturbi cognitivi, depressione, stress e ansia. Tra le cause troviamo il metabolismo delle proteine alimentari da parte del microbiota che genera metaboliti dannosi come fenoli, ammonio, CO2 o derivati dello zolfo che sono tutti potenzialmente cancerogeni e dannosi.

Dieta Mediterranea

La dieta Mediterranea è stata riconosciuta nel 2010 Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO, definita come dieta originante dalle culture e tradizioni alimentari delle antiche popolazioni che si sono sviluppate intorno al Mar Mediterraneo. Viene descritta come un’alimentazione basata su un consumo regolare di olio di oliva, alimenti vegetali (cereali, verdure, legumi, frutta), ma anche un moderato consumo di pesce, prodotti caseari, basso consumo di alcool e un consumo limitato di carne rossa e altri prodotti a base di carne.

Questo tipo di alimentazione permette di ridurre gli stati di disbiosi e migliorare l’omeostasi intestinale. Questo si traduce in un microbiota con una maggiore diversità e ricchezza di microorganismi (figura 2), soprattutto che producono acidi grassi a catena corta (SCFAs) come i Bacteroidetes e alcuni membri dei Firmicutes tra cui Lactobacilli e Faecalibacterium, che contribuiscono a ridurre il rischio di patologie infiammatorie, cardiovascolari e oncologiche.

Come la dieta Mediterranea e Western diet modificano il microbiota
Figura 2 – Come la dieta Mediterranea e Western diet modificano il microbiota [Fonte: https://dx.doi.org/10.2174/1573401317666210902122957]

L’uso della dieta in prospettiva futura per fare terapia e prevenzione

Attualmente sono in corso studi e ricerche volte a capire come il microbiota incide sull’insorgenza di tante patologie intestinali e non solo, di natura infiammatoria, oncologica, immunitaria, fino anche all’infarto e patologie cardiovascolari. La modulazione del microbiota rappresenta quindi un’arma di non trascurabile importanza sia per fare terapia che prevenzione verso questo tipo di malattie. Agire tramite la dieta rappresenterebbe quindi il mezzo più accessibile a chiunque per fare ciò e sicuramente garantirebbe anche una maggiore aderenza nel paziente rispetto a qualunque altro farmaco.

Fonti:

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Alessandro Fani

Sono Alessandro Fani, studente di biotecnologie mediche e farmaceutiche magistrale presso l'Università degli studi di Firenze. Sono appassionato di innovazione in ogni suo settore con particolare interesse alla biologia e biotecnologie. Fare divulgazione scientifica lo ritengo un importante strumento sia per chi legge sia per chi scrive per poter, in entrambi i casi, aumentare e ampliare le proprie conoscenze.

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