Effetti terapeutici dei cannabinoidi sull’infezione COVID-19

Il sistema endo-cannabinoide

Esiste veramente un legame tra i fitocannabinoidi (THC e CBD i più famosi) e l’infezione COVID-19? Per capirlo bisogna approfondire la fisiologia umana dei cannabinoidi.

Il sistema endocannabinoide (ECS) agisce come modulatore nell’attivazione del microcircolo, del sistema immunitario e del sistema nervoso autonomo. Inoltre questo influenza delle funzioni farmacologiche come le risposte emotive, l’omeostasi, le funzioni motorie, la cognizione e la motivazione. Gli attori del sistema endocannabinoide sono i cannabinoidi endogeni, i recettori dei cannabinoidi (CBR) ed enzimi che ne regolano la biosintesi, il trasporto e la degradazione. Questo sistema è coinvolto in tutte le interazioni interne del corpo umano, e per quanto riguarda l’influenza sul sistema immunitario agisce su leucociti, milza, timo, midollo osseo e sistema linfatico.

figura rappresentativa dell'ECS - cannabinoidi
Figura 1 – I componenti del sistema endocannabinoide: gli endocannabinoidi (AEA, 2-AG), i relativi recettori (CB1R, CB2R, GPR55, TRPV1 e PPAR) , gli enzimi biosintetici (NAPE-PLD o DAGL) e catabolici (FAAH, MAGL o enzimi ossidanti alternativi).

Cannabinoidi esogeni

I cannabinoidi però non sono solo endogeni. Essi sono un gruppo eterogeneo di composti biologicamente attivi che hanno il potenziale per legare ed attivare i recettori dei cannabinoidi. Tra questi recettori, due molto importanti sono CB1 e CB2, presenti abbondantemente nel corpo che ritroveremo più avanti. Esistono tre tipi principali di cannabinoidi che influenzano l’ECS:

  • fitocannabinoidi (CBD, THC)
  • farmaci contenenti cannabinoidi sintetici o naturali
  • endocannabinoidi animali e umani (AEA, 2-AG)
malattie relative ad alterazione dell'ECS - cannabinoidi
Figura 2 – Il coinvolgimento del sistema endocannabinoide in vari processi modulatori lo rende un bersaglio promettente nel trattamento di diversi disturbi tra cui le infezioni virali

Notevoli cambiamenti nell’attività dell’ECS sono stati monitorati in condizioni patologiche inclusi disturbi neurologici, tumori, malattie dell’umore e del comportamento, dolore, insonnia e disturbi gastrointestinali. Pertanto, oggi, la modulazione farmaceutica dell’ECS mediata da fitocannabinoidi è a tutti gli effetti un’efficace strategia terapeutica in molte condizioni.

I recettori CB1 e CB2: dei GPCR molto importanti

I GPCR sono recettori di membrana accoppiati a proteina G costituiti da una singola catena polipeptidica formata anche da 1100 residui. La caratteristica struttura è rappresentata da 7 alpha eliche transmembrana con un dominio extracellulare N-terminale di lunghezza variabile e un dominio intracellulare C-terminale. Attraverso l’attivazione di vari meccanismi di trasduzione del segnale, i GPCR controllano diversi aspetti della funzione cellulare. La proteina G è il primo collegamento tra il recettore e il primo stadio di trasduzione del segnale. Cambiamenti conformazionali del recettore e variazioni di affinità per la proteina G inducono la fosforilazione di GDP in GTP che a sua volta attiverà la serie di pathway a valle coinvolti. I recettori dei cannabinoidi sono i recettori GPCR più comuni nel cervello.

Il recettore CB1 è espresso prevalentemente nel sistema nervoso centrale (SNC) e in vari tessuti periferici non neurali, inclusi l’intestino e il sistema vascolare (ruoli neuromodulatori). Altresì i recettori CB2 sono espressi nei Linfociti T4, linfociti B, linfociti T8, macrofagi, cellule mononucleate, microglia, mastociti, cellule natural killer e in diversi organi e tessuti. I recettori CB2 sono noti per la modulazione della risposta immunitaria e dell’infiammazione.

CBR nel sistema immunitario - cannabinoidi
Figura 3 – Espressione dei recettori dei cannabinoidi su
strutture dell’apparato respiratorio e su cellule del sistema immunitario
reclutate nelle malattie respiratorie

Infezione COVID-19

Un’infezione virale si sviluppa a seguito della contesa tra la risposta del sistema immunitario adattativo e innato dell’organismo e il potenziale infettivo del virus. L’infezione da COVID-19 è solitamente caratterizzata da un quadro infiammatorio simile:

  • una eccessiva risposta infiammatoria manifestata da una produzione elevata di citochine pro-infiammatorie (IL-1, IL-6, TNF-alfa),
  • aumento della conta dei granulociti neutrofili;
  • aumento di Proteina C reattiva e D-dimero;
  • uremia.

Le proteine ​​​​spike del virus si legano ai recettori ACE2 sulla superficie delle cellule polmonari dell’ospite. Successivamente, la fusione delle membrane è mediata dalla proteasi TMPRSS2 e precede il rilascio dell’RNA virale nella cellula tramite endocitosi. Il genoma SARS-CoV-2 codifica per circa 25 proteine di cui il virus ha bisogno per infettare gli esseri umani e replicarsi. Tra queste, oltre alla famigerata Spike, vi è anche la proteina SARS-CoV-2Mpro che, insieme alla proteasi “papain-like” è essenziale per il processamento delle poliproteine di SARS-CoV-2 nella cellula ospite.

Azione terapeutica dei cannabinoidi

I cannabinoidi hanno il potenziale per inibire la secrezione di molte citochine pro-infiammatorie con conseguente prevenzione delle sindromi da rilascio di citochine (CRS). Inoltre, molto recentemente, in uno studio computazionale ed in vitro è stata riportata un’analisi preliminare che dimostra come il CBD ha una doppia azione in grado di agire sia come agonista dei recettori CB2 nei polmoni riducendo i livelli di citochine pro-infiammatorie, che come antagonista di SARS-CoV-2 Mpro bloccandone la traduzione.

azioni anti-covid del cannabidiolo - cannabinoidi
Figura 4 – L’effetto dei cannabinoidi (CBD) sul sistema immunitario nell’infezione da SARS-CoV-2.
A) Caratteristiche della struttura di SARS-CoV-2 e della sua tasca principale di legame SARS-CoV-2 Mpro.
 B) Il ciclo di vita di SARS-CoV-2 nelle cellule polmonari ospiti viene avviato dal legame del recettore cellulare ACE2 alla glicoproteina della punta virale.

Evidenze precliniche e cliniche

Gli studi preclinici mostrano che la somministrazione di CBD attraverso interventi terapeutici ha effetti antivirali, pro-infiammatori e antinfiammatori sugli organi colpiti dal Coronavirus. Tali effetti possono essere dovuti principalmente alle azioni del CBD stesso o da sostanze chimiche sinergiche, come i terpeni, che contribuiscono a questa azione. Sebbene i meccanismi esatti non siano stati completamente chiariti, diversi studi hanno dimostrato che la modulazione del sistema endocannabinoide può rivestire un ruolo terapeutico nell’infezione da Sars-Cov-2.

Gli studi clinici che dimostrano le potenziali proprietà terapeutiche dei cannabinoidi, indicano che il CBD o il THC o i loro derivati sintetici potrebbero essere utilizzati anche nel trattamento dei disturbi correlati al COVID-19. Sebbene gli studi clinici su COVID-19 siano agli inizi, molti altri hanno dimostrato che ci sono effetti terapeutici del CBD sul dolore cronico, sulle malattie respiratorie, sulla dipendenza da sostanze di abuso, sull’infiammazione e disturbi correlati e inoltre mostra proprietà ansiolitiche. Pertanto, il CBD da solo o in combinazione con il THC può essere utilizzato come terapia adiuvante per migliorare la qualità della vita dei pazienti con COVID-19 e persino per ridurre i sintomi di stress che possono svilupparsi dopo la guarigione.

Conclusione

Dei molti ceppi di virus corona (SARS, MERS e COVID 19) osservati negli ultimi quasi due decenni, il COVID-19 è stata la pandemia di Coronavirus più letale nella storia umana. In questo contesto, l’uso dei cannabinoidi della cannabis, in particolare il CBD da solo come cannabinoide non psicoattivo o in combinazione con THC o terpeni,  può supportare l’azione dei vaccini esistenti. Tali connessioni terapeutiche dovrebbero essere attentamente studiate per massimizzare la protezione contro il COVID-19. Tuttavia, sono necessarie ulteriori prove per l’uso di routine dei cannabinoidi e in particolare del CBD non psicoattivo nel trattamento del COVID-19.

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Damiano Squitieri

Sono Damiano Squitieri, laureato magistrale in Biotecnologie per la medicina personalizzata. La mia esperienza di laboratorio si concentra su ricerca e sviluppo in microbiologia, con un focus particolare per l'utilizzo di nanomateriali per prevenire l'adesione di biofilm su dispositivi medici.

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