La storia del paziente zero e l’AIDS: una lunga ricerca

AIDS e HIV

Il termine AIDS, coniato nel luglio 1982, è l’acronimo di Acquired Immune Deficency Syndrome (Sindrome da immunodeficienza acquisita), malattia del sistema immunitario umano causata dai Lentivirus HIV (Human Immunodeficiency Virus) di tipo 1 e 2. La malattia di AIDS è caratterizzata da un lento ma progressivo indebolimento del sistema immunitario, tale da permettere l’insorgenza di tumori ed infezioni opportunistiche. Lo studio delle origini e delle vie di diffusioni dell’HIV è stato molto difficoltoso e lastricato di false credenze. L’utilizzo di tecniche avanzate quali Western Blot, ELISA (Enzyme-Linked Immunosorbent Assay) ed il sequenziamento di ultima generazione hanno contribuito al miglioramento della conoscenza sulla diffusione di questi parassiti endocellulari tristemente noti e sull’identificazione del “paziente zero” AIDS.

Qualcosa di insolito

Atlanta, 5 Giugno 1981. A seguito degli studi del giovane immunologo Michael Gottlieb, il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) di Atlanta divulga un paper dal titolo “Pneumocystis pneumoniae – Los Angeles“.  Lo scarno testo riportava, in meno di due pagine, il curioso caso di cinque omosessuali sessualmente attivi gravemente infettati da Pneumocystis jirovecii. Il sopracitato agente eziologico è un fungo benigno normalmente neutralizzato dal sistema immunitario umano. Tutti e cinque i pazienti soffrivano, inoltre, di stomatite da Candida albicans, comune nelle persone immunodepresse, e mostravano una carenza allarmante dei linfociti T .

Da Los Angeles a New York

Circa due mesi dopo, il 3 luglio 1981, il dermatologo newyorkese Alvin E. Friedman-Kien riporta un altro insolito caso riguardante 26 giovani pazienti omossessuali affetti dal Sarcoma di Kaposi. Scoperto dall’ungherese Moritz Kaposi nella seconda metà dell’800, il sarcoma di Kaposi è un raro tumore che colpisce prevalentemente maschi di mezza età dell’area meridionale e che origina dalle cellule che ricoprono l’interno dei vasi sanguigni o linfatici. La crescita incontrollata delle cellule endoteliali induce la formazione di macchie rosso-violacee a livello della pelle, che possono mutare in vere e proprie lesioni nodulari. 

AIDS a Miami

Nello stesso periodo, a Miami, venti immigranti haitiani eterosessuali, da poco in territorio statunitense, vengono ricoverati con quadri clinici sorprendentemente simili ai casi sopra citati: polmonite da Pneumocystis, candidosi, drastica diminuzione dei linfociti e sarcoma di Kaposi in forma aggressiva. Cos’hanno in comune questi singolari casi clinici? Questi studi apparentemente non correlati, sono i primi casi documentati di AIDS negli Stati Uniti.

Perchè il paziente zero?

Secondo il Cambridge English Dictionary, si definisce “paziente zero” o “index trace” il primo individuo ad essere infettato durante un evento epidemico. L’uso di questo termine fu introdotto nel 1984 dal CDC in America per identificare uno dei primi casi di AIDS. Inizialmente, il termine era l’acronimo di “patient out of California”, “patient O”, che alcuni lettori interpretarono come zero. In ambito medico epidemiologico, l’individuazione di questa figura è uno strumento fondamentale per tracciare le origini di un evento epidemico, facilitarne il suo contenimento ed impedirne la diffusione. Tale ricerca, però, risulta molto ardua e richiede non solo una notevole conoscenza delle malattie infettive, ma anche una buona dose di testardaggine abbinata al piacere per le sfide.

Il paziente zero sbagliato

Il canadese Gaëtan Dugas (Fig. 1) fu erroneamente il primo super villan della storia dell’AIDS; tuttavia, pur non essendo il vero paziente zero AIDS, ha giocato un ruolo fondamentale nella diffusione della malattia tra gli anni 70′ e i primi anni 80′. Come steward dell’Air Canada, viaggiò giornalmente verso le principali città del Nord-America e fu un assiduo frequentatore della comunità gay. Descritto come un uomo attraente e sessualmente vorace, Dugas si vantava di aver avuto almeno 2500 partner in circa dieci anni di “amore libero” e non protetto. Nel 1981 arrivò la diagnosi di AIDS. Sviluppò il sarcoma di Kaposi, soffrì di polmonite da Pneumocystis, intraprese cicli di chemioterapia e morì il 30 marzo 1984 per insufficienza renale.

Killing Patient Zero profiles Quebec man unfairly targeted in AIDS epidemic  | CBC Radio
Figura 1 – un giovane Gaëtan Dugas, erroneamente considerato il “paziente zero” AIDS degli Stati Uniti

Gaëtan “scagionato”

Il 26 Ottobre 2016, la rivista Nature pubblicò un importante articolo di filogenetica, dimostrando che Gaëtan non potesse essere considerato il primo untore americano di HIV. Lo studio analizzava campioni antecedenti anni alla diagnosi di Gaëtan, mostrando come l’ingresso del tristemente noto Lentivirus in suolo americano avvenne probabilmente tra il 1963 ed il 1971 ad Haiti, dopo una precedente importazione dal continente Africano. La domanda sorge spontanea: dall’Africa raggiunse anche l’Europa?

AIDS non solo in America

Kinshasa, Luglio 1977. La chirurga danese Margrethe “Grethe” Rask (Fig. 2), si dirige a Copenaghen da Kinshasa, capitale dell’attuale Repubblica Democratica del Congo. Non riesce a respirare e necessita dell’ausilio di bombole d’ossigeno. Dal tardo 1974 è perseguitata da una malattia che le procura stanchezza, frequenti diarree, perdita di peso e linfonodi perennemente ingrossati. Gli accertamenti svolti in Danimarca rivelarono una serie di infezioni opportunistiche da Staphylococcus aureus, candidosi, polmonite da Pneumocystis ed una conta pressoché inesistente di linfociti T. Si trasferì nel suo cottage nei fiordi, dove seguì una serie di trattamenti senza successo. Nel Dicembre 1979 le sue condizioni peggiorarono e morì di polmonite il 12 Dicembre. Nel 1984 un primo rudimentale test per HIV sui campioni di sangue della Rask risultò negativo; solo nel 1987 si ripeté l’indagine tramite tecniche avanzate, con esito positivo.

After hard working days she rested by the beautiful Ebola River –  University of Copenhagen
Figura 2 – Margrethe “Grethe” Rask, una delle prime vittime accertate di AIDS in Europa

Il paziente zero AIDS confermato negli Stati Uniti

New Orleans, 1987. Il Dottor Robert Garry della Tulane University Medical School testa una tecnica recente, chiamata Western Blot, su un campione di sangue del 1969. Il campione, proveniente da un paziente di colore deceduto per cause insolite, risultò positivo per tutte e nove le proteine allora individuabili per HIV. La storia di questo paziente inizia ufficialmente nel 1968, ufficiosamente nel 1966. Nel 1968, si presenta presso il Barnes-Jewish Hospital di St. Louis il quindicenne Robert Rayford, affetto da severe tumefazioni sugli arti inferiori e sui testicoli. Robert, inoltre, mostrava linfoadenopatia, un respiro affannoso, perdite di sangue tramite tosse ed una grave infezione da Clamydia.

Il silenzio uccide

Raccogliere informazioni sui trascorsi di Robert fu alquanto difficile. Robert, diffidente e schivo nei confronti dei medici bianchi, affermò di non aver mai lasciato gli Stati Uniti, di non aver mai visitato città come Los Angeles, focolaio dei primi casi ufficiali di AIDS, di non fare uso di droghe per via endovenosa e di non aver mai fatto una trasfusione di sangue. Inoltre, Robert negò continuamente un suo coinvolgimento in rapporti omosessuali e riferì di soffrire dei sintomi riportati in ospedale dal 1966 a seguito di un rapporto eterosessuale. Tuttavia, Robert si oppose ad un esame rettale, facendo ipotizzare un suo coinvolgimento nella prostituzione minorile maschile nel ghetto di Saint Louis. Nel marzo 1969 le sue condizioni si aggravarono: il suo sistema immunitario smise di funzionare e morì il 15 Maggio 1969 alle 23.30.

Conclusioni

Non è stato facile riuscire a tracciare le origini e le vie di diffusione di un virus così letale e “silenzioso”, che per anni si è annidato nella popolazione animale selvatica e successivamente ha subito un salto di specie, lo spillover, così vantaggioso per la sua sopravvivenza e diffusione. E’ importante ricordare come la ricerca continua, utilizzando tecniche sempre più avanzate, e l’unione di risorse scientifiche siano fondamentali non solo per la conoscenza dei microrganismi in sé, ma anche per la prevenzione di future epidemie, se non pandemie.

Fonti

Foto dell'autore

Vittoria Mattioni Marchetti

Sono ricercatore Post-Doc presso il Biomedical Center di Plzen, in Repubblica Ceca. Dal 2014 mi occupo dei meccanismi di antibiotico resistenza nei microrganismi Gram-negativi. Sono specializzata nell'utilizzo di tecniche di sequenziamento di ultima generazione e dal 2021 studio i meccanismi che stanno alla base della resistenza alla Fosfomicina negli Enterobacterales.

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