Esposizione a microplastiche e nanoplastiche: effetti indesiderati e impatto biologico

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By Elisabetta Cretella

La plastica è un materiale molto resistente e per questo motivo si accumula facilmente nell’ambiente, sia marino che terrestre. La sua produzione è aumentata notevolmente negli ultimi 50 anni. Inoltre, se sottoposta all’azione di agenti biologici, chimici e fisici, si frammenta in pezzi di piccole dimensioni chiamati microplastiche (MP) e nanoplastiche (NP). Le microplastiche hanno dimensioni comprese tra circa 0,1 e 5000 micrometri (μm) mentre le nanoplastiche tra 0,001 e 0,1 μm. Un micrometro (μm), detto anche micron, equivale a un milionesimo di metro. Quindi, 1 μm corrisponde a 10-6 metri ovvero 0,000001 metri (m). A causa delle loro piccolissime dimensioni, l’esposizione a microplastiche e nanoplastiche è molto semplice. Infatti, entrano facilmente negli esseri viventi tramite ingestione

La quantità di plastica nell’ambiente continua ad aumentare

Nel 2019 la produzione mondiale di plastica si aggirava intorno a 368 milioni di tonnellate (MT), di cui 57,9 milioni prodotte solo in Europa. Circa il 40% della produzione totale è destinata agli imballaggi, costituiti principalmente da polietilene, polipropilene, polietilene tereftalato e polistirene. Ogni anno circa 10 milioni di tonnellate raggiungono gli oceani.

Secondo il National Park Service degli Stati Uniti, la plastica resiste nell’ambiente circa 500 anni. I polimeri più piccoli, invece, possono restarvi anche 5000 anni. 

La plastica ormai è ovunque. È presente nelle acque, nell’atmosfera dei centri urbani e di luoghi remoti come l’Artico. Il mar Mediterraneo è uno dei più grandi serbatoi di plastica al mondo. L’utilizzo di imballaggi di plastica e di materie prime contaminate, come l’acqua o gli ortaggi, aumenta le sue possibilità di raggiungere il corpo umano.

L’utilizzo di imballaggi di plastica aumenta le possibilità della plastica di raggiungere il corpo umano.
Figura 1 – L’utilizzo di imballaggi di plastica aumenta le possibilità della plastica di raggiungere il corpo umano. [Fonte: pexels.com]

Esposizione a microplastiche e nanoplastiche: effetti indesiderati 

Generalmente la plastica preoccupa perché è vista come un vettore di contaminanti chimici. Tra questi ci sono i cosiddetti interferenti endocrini. Inoltre può assorbire composti tossici e rilasciarli negli alimenti con cui entra in contatto. Ancora, la sua assunzione accidentale può produrre ferite interne, lesioni e addirittura il blocco del tratto digestivo. In molti animali, in particolare mammiferi e uccelli marini, induce un senso di sazietà con conseguente diminuzione della fame, debolezza e persino morte.

Esposizione a microplastiche e nanoplastiche.
Figura 2 – Esposizione a microplastiche e nanoplastiche. [Fonte: Immagine creata da Elisabetta Cretella con Canva]

Tuttavia, se esposta ad agenti biologici, chimici e fisici (come la radiazione solare, il calore, i venti, le onde e l’acqua) la plastica si frammenta in piccoli pezzi rilasciando le molecole chimiche attaccate alla sua superficie. Tra questi ci sono sia i contaminanti chimici che gli additivi. Inoltre, antibiotici, microrganismi patogeni e virus aderiscono alla plastica formando dei biofilm microbici sulla sua superficie. 

Dall’assorbimento alla biomagnificazione dei piccoli frammenti di plastica

Micro e nanoplastiche possono essere ingerite da organismi di varie specie, sia acquatiche che terrestri. Inoltre possono essere assorbite anche attraverso le branchie, come accade ai granchi, oppure attraverso lo strato epiteliale. Piccolissimi frammenti di plastica possono essere anche inalati.

Studi recenti segnalano l’esistenza della biomagnificazione anche per microplastiche e nanoplastiche. La biomagnificazione (detta anche bioamplificazione o magnificazione ecologica) è il fenomeno che descrive l’accumulo di sostanze tossiche negli esseri viventi (bioaccumulo) e l’aumento di concentrazione man mano che si sale lungo la rete trofica.

Esposizione a microplastiche e nanoplastiche: gli effetti sulla salute del sistema gastrointestinale

I piccoli frammenti derivanti dalla degradazione della plastica inducono danni fisici al lume intestinale: lacerazioni, abrasioni e vere e proprie perforazioni. Questo porta alla compromissione delle cellule dei villi intestinali, deputate all’assorbimento dei nutrienti. L’entità del danno fisico dipende dalla forma dei frammenti di plastica (fibre, frammenti sfere). Alcuni, infatti, sono più appuntiti di altri e potenzialmente più dannosi.

In ogni caso, il danno intestinale provoca malnutrizione perché non solo limita l’assimilazione e l’assorbimento dei nutrienti ma aumenta la permeabilità intestinale a sostanze tossiche e microrganismi patogeni.

Inoltre, le microplastiche diminuiscono l’attività digestiva degli enzimi gastrici e alterano la secrezione di muco nell’intestino. La riduzione della secrezione da parte della mucosa intestinale può essere indotta direttamente dal danno meccanico causato alle ghiandole intestinali dalle microplastiche. Infatti, queste ultime creano una sorta di “tappo” che impedisce la normale secrezione.

L’ingestione della plastica può alterare, indirettamente, anche la composizione del microbiota. Anche se non si hanno prove sulla loro possibilità di indurre una disbiosi intestinale, comunque alterano fortemente la composizione e la diversità dei batteri presenti nell’ intestino.

Tutti questi cambiamenti sono tipici dei disturbi metabolici (come l’alterazione del metabolismo dei lipidi e del glucosio). Tuttavia, non sono ancora chiari i potenziali effetti dannosi dell’ingestione a basso dosaggio. Sono dunque necessari maggiori studi.

Le particelle di plastica inducono una risposta infiammatoria

L’ingresso di piccole particelle di plastica  induce una risposta infiammatoria localizzata. Queste possono entrare nel sistema linfatico e innescare una risposta immunitaria localizzata. Una volta arrivate nell’organismo, rilasciano le sostanze chimiche tossiche aggiunte durante la loro produzione o gli inquinanti assorbiti dall’ambiente. Se l’esposizione alle microplastiche è continuativa e prolungata, nel tempo si instaura un’infiammazione cronica dell’intestino. 

Le nanoplastiche possono essere ancora più pericolose delle microplastiche

Le nanoplastiche, invece, a causa delle dimensioni ancora più piccole entrano direttamente nelle cellule attraverso l’endocitosi. Qui interagiscono con varie molecole biologiche alterando le vie di segnalazione cellulare. Ad esempio, i macrofagi fagocitano (inglobano) le microplastiche spostando il metabolismo della cellula dalla respirazione mitocondriale alla glicolisi. Inoltre, possono indurre cambiamenti a livello epigenetico.

Le nanoplastiche possono arrivare in diversi tessuti come sangue, fegato, milza, reni, testicoli, timo, cuore, polmone e cervello. Hanno quindi una biodistribuzione maggiore. Riescono, infatti, ad attraversare anche l’epitelio intestinale e le membrane cellulari per endocitosi aumentando lo stato infiammatorio. Inoltre, possono interagire con diverse biomolecole (proteine, carboidrati e acidi nucleici) modificandone la struttura e/o le funzioni.

Le nanoplastiche a causa delle dimensioni ancora più piccole entrano direttamente nelle cellule.
Figura 3 – Le nanoplastiche a causa delle dimensioni ancora più piccole entrano direttamente nelle cellule. [Fonte: Pexels.com]

Esposizione a microplastiche e nanoplastiche: la biodisponibilità

Gli esseri umani entrano in contatto con le particelle di plastica principalmente mediante l’ingestione. In modo minore le assorbono per inalazione e per contatto dalla pelle. La loro biodisponibilità dipende dalla dimensione, forma, densità, dall’abbondanza e da altre variabili, come la carica superficiale (carica potenziale elettrostatica) e l’idrofobicità. Sono proprio le caratteristiche fisico-chimiche delle micro e nanoplastiche a determinare il tipo di interazione che avviene a livello cellulare e molecolare.

Le nanoplastiche, una volta entrate nelle cellule, si accumulano all’interno di organelli cellulari chiamati lisosomi. Le particelle più grandi non sono inglobate nei lisosomi e restano nel citoplasma cellulare innescando l’apoptosi ovvero la morte della cellula.

Micro e nanoplastiche interagiscono con le molecole biologiche

Gli effetti biologici delle micro e nanoplastiche sono ancora in fase di studio. Tuttavia, diverse ricerche indicano azioni potenzialmente dannose per la salute umana. L’esposizione a microplastiche e nanoplastiche attiva diversi geni implicati nell’infiammazione, nell’inibizione della crescita, nella riproduzione e nello stress ossidativo. Inoltre, influenzano anche l’espressione di geni coinvolti nel danno intestinale e nei disturbi endocrini. In generale, micro e nanoplastiche sembrano coinvolte nello sviluppo di alterazioni epigenetiche. Tra queste ci sono quelle che modificano la motilità gastrointestinale, la secrezione di mucine e il trasporto di ioni cloruro e acqua nel colon medio, inducendo stitichezza cronica. Questo almeno è quanto è venuto fuori da esperimenti condotti sui topi. Tuttavia, questi dati dovrebbero essere interpretati con cautela perché ci sono pochi studi sui mammiferi.

Nell’uomo i meccanismi d’azione responsabili di questi effetti sono ancora sconosciuti. Tuttavia, le microplastiche sembrano produrre alterazioni intestinali locali mentre le nanoplastiche possono entrare direttamente nelle cellule e alterarne la biochimica. 

Ad oggi, gli studi disponibili indicano che solo una piccola frazione di particelle plastiche è assorbita dalle cellule umane. Quindi, le concentrazioni con cui l’uomo entra in contatto non dovrebbero essere tali da indurre effetti citotossici, ovvero tossici per le cellule.

La plastica trasporta inquinanti e altre sostanze chimiche nell’organismo

Tra le sostanze chimiche presenti nella plastica ci sono gli ftalati e i bisfenoli, conosciuti come interferenti endocrini. Ad esempio, il bisfenolo A (BPA) è un elemento costitutivo della plastica in policarbonato, utilizzata per la conservazione di alimenti e bevande, e anche delle resine epossidiche usate per sigillare contenitori di alimenti e bevande. Il BPA può essere tossico per il sistema immunitario e nervoso. Gli ftalati, invece, sono noti perché influenzano negativamente la fertilità maschile e possono indurre aborti spontanei.

Le microplastiche possono legare anche gli antibiotici (come l’amoxicillina, la tetraciclina e la ciprofloxacina) e contribuire così al fenomeno dell’antibiotico-resistenza. Inoltre, possono assorbire anche metalli pesanti (come cromo, zinco, piombo, alluminio o mercurio) che sono poi rilasciati nell’organismo.

In ambiente acquatico, le particelle di plastica possono ospitare diverse specie microbiche, anche potenzialmente patogene (come Escherichia coli, Vibrio spp., Campylobacter spp.). La plastica, quindi, può agire come un vettore batterico e può contaminare anche l’acqua potabile diffondendo così malattie enteriche.

Esposizione a microplastiche e nanoplastiche: prospettive future

Fino ad ora, gli esperimenti sono stati condotti su organismi marini o organismi modello (come i topi). Tuttavia, alcuni studi indicano che anche l’uomo, accidentalmente, ingerisce la plastica. Queste evidenze hanno sollevato il problema dell’esistenza di possibili effetti dannosi di microplastiche e nanoplastiche anche per la sua salute. Infatti, la presenza di plastiche nella catena alimentare può avere ripercussioni sulla sicurezza alimentare e sulla salute dell’uomo. 

Attualmente, le prove disponibili sui modelli animali suggeriscono potenziali effetti dannosi a breve termine dovuti a danni fisici transitori e cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale. Questi, infatti, attivano la risposta infiammatoria. Le nanoplastiche, inoltre, interferiscono con molte vie di segnalazione cellulare responsabili della proliferazione e differenziazione cellulare.

Nonostante la crescente preoccupazione sollevata dall’ingestione della plastica, l’effetto reale della sua assunzione sulla fisiologia umana non è ancora chiaro. Senza una conoscenza approfondita dei tassi di ritenzione e di digestione delle microplastiche è difficile dedurre le conseguenze ecologiche. 

Sono necessari metodi standardizzati per misurare le loro concentrazioni, ad esempio, nei fluidi corporei e nelle feci. Allo stesso tempo è essenziale determinare gli effetti sull’uomo delle esposizioni di microplastiche e nanoplastiche sia a breve che a lungo termine.

Bibliografia:

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-persone-donna-giovane-3951628/ 
  • Figura 1 : https://www.pexels.com/it-it/cerca/plastica/  
  • Figura 2: Immagine creata da Elisabetta Cretella con Canva]
  • Figura 3 : https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-ravvicinata-di-bottiglie-di-plastica-2547565/

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