Virus SARS-CoV-2

Caratteristiche del virus SARS-CoV-2

Il virus SARS-CoV-2 è il settimo virus della famiglia dei Coronavirus umani (hCoV) ad essere stato identificato dopo il 229E, NL63, OC43, HKU1 (scoperti a partire dagli anni ’60) e i più recenti MERS-CoV (2012, Arabia Saudita) e SARS-CoV (2002, Hong Kong). I Coronavirus sono classificati come virus respiratori che possono manifestarsi nell’ospite con sintomatologie da lievi, come comune raffreddore, a gravi come nel caso di SARS-CoV-2 con la Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS).

Scoperta e diffusione

Da studi retrospettivi sappiamo che il primo caso registrato di SARS-CoV-2 risale all’8 Dicembre 2019 quando nella città di Wuhan, nella provincia di Hubei (Cina), iniziarono ad essere riportati casi di polmoniti anomale di origine ignota. I sintomi erano sempre quelli di una polmonite virale accompagnata da febbre, tosse, oppressione al petto, dispnea e infiltrazione bilaterale dei polmoni. Il 31 Dicembre 2019 vennero registrati i primi 27 pazienti infetti, accomunati da un’assidua frequentazione del Huanan Seafood Wholesale Market, un mercato umido di Wuhan in cui sono venduti prodotti ittici, pollame, selvaggina e anche animali vivi. Il 9 Gennaio 2020 fu annunciata l’identificazione di un nuovo Betacoronavirus mai visto prima. A distanza di un mese la Commissione Internazionale per la Tassonomia dei Virus (ICTV) gli attribuì il nome di SARS-CoV-2 e di COVID19 alla patologia correlata.

Già a partire da inizio Febbraio 2020 iniziarono a essere confermati più di 3000 nuovi casi al giorno. Nonostante la città di Wuhan fosse già in regime di quarantena la stessa situazione venne riscontrata di lì a poco in tutti i paesi del mondo, confermando una facile diffusione del virus a livello mondiale. Infatti l’11 Marzo Tedros Adhanom Ghebreyesu, direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in una conferenza dichiarò lo stato di pandemia mondiale con le seguenti parole:

“Nelle scorse due settimane il numero di casi di COVID19 fuori dalla Cina è aumentato di 13 volte. Ci sono oggi più di 118.000 nuovi casi in 114 paesi e 4.291 persone hanno perso la loro vita. […] Abbiamo quindi fatto la valutazione che il COVID19 può essere caratterizzato come una pandemia […] la prima causata da un coronavirus. […] Permettetemi di riassumerela in quattro aree chiave. Primo, preparatevi e siate pronti. Secondo, rilevate, proteggete e trattate. Terzo, riducete la trasmissione. Quarto, imparate e innovate.”

Filogenesi

Il virus SARS-CoV-2 si colloca nell’ordine Nidovirales, famiglia Coronaviridae, sottofamiglia Orthocoronavirinae, genere Betacoronavirus e sottogenere Sarbecovirus. Al genere Beta appartengono anche OC43, HKUI, SARS-CoV e MERS-CoV. Al genere alfa appartengono i virus 229E e NL63.

Classificazione dei coronavirus umani e di SARS-CoV-2
Figura 1 – Classificazione dei coronavirus umani [Fonte: V.Ravi et al., 2022]

Ipotesi sull’origine filogenetica di SARS-CoV-2

La specie virale filogeneticamente più vicina a SARS-CoV-2 è RaTG13, con un’identità del 96,2%, trovata nel pipistrello Rhinolophus affinis (pipistrello ferro di cavallo) diffuso nella provincia di Yunnan (Cina). Negli anni è stata riconosciuta vicinanza filogenetica anche con altri CoV di altre specie di pipistrelli, suggerendo che questo sia l’animale serbatoio di SARS-CoV-2. Tuttavia, le divergenze identificate rappresentano il frutto di un’evoluzione genetica iniziata almeno 20 anni fa. Questo suggerisce perciò che, sebbene sia probabile che i CoV di pipistrelli siano i precursori del virus SARS-CoV-2, è molto improbabile che ne siano i diretti progenitori.

Altro ospite attenzionato è il pangolino maltese (Manis javanica), animale di forte contrabbando in Cina tra il 2017 e il 2019. I CoV individuati in questa specie hanno identità genetica del 92,4% con SARS-CoV-2 e la regione RBD perfettamente identica (essenziale per legare e infettare le cellule target). Tuttavia, se i pipistrelli sono portatori sani del virus, il pangolino sviluppa una serie di sintomi come polmonite interstiziale, infiammazione multi-organo e segni clinici evidenti. Questo perciò lo esclude come animale serbatoio del virus, ma molto più probabilmente lo ha acquisito in seguito al salto di specie dall’ospite naturale. Infatti si ipotizza che sia stato l’ospite intermedio, così come la civetta delle palme e il dromedario rispettivamente per SARS-CoV e MERS-CoV.

Tuttavia, è anche ipotizzato che SARS-CoV-2 abbia acquisito mutazioni genetiche direttamente nell’uomo a seguito del trasferimento dall’animale. In questo modo è durante trasmissioni asintomatiche uomo-uomo (antecedenti all’inizio della pandemia) che ha acquistato la capacità di diffondersi fino allo stato pandemico. Altre ipotesi sono invece state dichiarate altamente improbabili o impossibili, tra cui la suggestiva fuga da un laboratorio. Infatti non solo non ci sono prove a riguardo, ma non ci sono tracce nel genoma che possano supporre uno scenario del genere.

Struttura e genoma del virus SARS-CoV-2

Il virus SARS-CoV-2 come gli altri coronavirus è caratterizzato da un genoma a singolo filamento positivo di RNA della lunghezza di circa 30kb protetto da un nucleocapside a simmetria elicoidale costituito dalla proteina N. Esternamente è avvolto da un envelope lipidico formato da tre proteine: la proteina di membrana (M), la proteina dell’envelope (E) e la proteina Spike (S) che crea una specie di corona intorno al virione. Queste quattro proteine sono le così dette strutturali. Ci sono anche 16 proteine non strutturali (nsp1-nsp16, non structurals proteins) di cui quelle codificate dalle ORF1a/b (Open Reading Frame) all’estremità 5′ svolgono un ruolo fondamentale per assemblare il complesso di replicazione e trascrizione genomica. Le altre ORF presenti nel genoma codificano per le quattro proteine strutturali e altre non strutturali la cui funzione o non è nota o non è coinvolta nella replicazione virale come le proteine accessorie (con ruolo immunoevasivo).

Struttura di SARS-CoV-2
Figura 2 – Struttura del virus SARS-CoV-2 [Fonte: Jamison et al., 2022]

Proteina Spike (S)

La proteina Spike (S) è una glicoproteina omotrimerica dell’envelope costituita da 1273 amminoacidi. Si suddivide in un peptide segnale (amminoacidi 1-13), la subunità S1 (aa 14-685) e la subunità S2 (aa 686-1273). S1 a sua volta contiene il RBD (Receptor Binding Domain), mentre S2 il FP (Peptide di Fusione), HR1 e HR2 (domini utili per la fusione virale) e il dominio transmembrana idrofobico.

RBD è capace di legare l’enzima di membrana ACE2 (Angiotensin-Converting Enzyme 2) di cellule polmonari, ma anche cardiache, arteriose, renali e intestinali. Il legame tra Spike e ACE2 promuove la fusione del virus con la membrana cellulare e conseguente rilascio del materiale nucleico. Questo avviene in seguito al clivaggio di S tra le subunità S1 e S2 a carico della furina che lascia soltanto la proteina di fusione (FP), HR1 e HR2. Ulteriori proteasi tagliano nel sito S2′ esponendo il peptide di fusione idrofobico che si inserisce nella membrana. La proteina S2 viene detta a questo punto “attiva”, infatti i domini HR1 e 2 si avvicinano facendo contattare le due membrane fino alla fusione e internalizzazione del genoma.

Rappresentazione grafica della fusione di SARS-CoV-2 a opera dei tagli enzimatici della proteina S.
Figura 3 – Rappresentazione grafica della fusione virale a opera dei tagli enzimatici della proteina Spike [Fonte: Rangu et al., 2023]

Complesso di replicazione e trascrizione genomica (RTC)

La fase successiva alla fusione virale è la sintesi di RNA. Giocano un ruolo fondamentale le ORF1a/b (Open Reading Frame) che codificano le proteine del complesso di replicazione e trascrizione (RTC) che trascrive due forme di RNA: genomico e sub-genomico. La prima è usata tal quale come genoma delle nuove particelle virali, la seconda serve a produrre le proteine virali, tra cui quelle strutturali N, S, M ed E. Questo processo avviene mediante la formazione di filamenti negativi intermedi come se fossero mRNA (RNA messaggero). In questa fase si mettono in atto eventi di ricombinazione omologa e non omologa con ruolo significativo nell’evoluzione del virus e formazione di nuove varianti.

Le proteine così sintetizzate formano il nuovo virione: la proteina N avvolge le copie a singolo filamento positivo di RNA, mentre le proteine S, M ed E vengono inserite nel compartimento intermedio tra reticolo endoplasmatico e Golgi (ERGIC). Da quest’ultimo origina l’envelope che completa l’assemblaggio virale e l’esocitosi ne permette la fuoriuscita.

Rappresentazione del processo di replicazione e trascrizione del genoma di SARS-CoV-2 con esocitosi finale
Figura 4 – Rappresentazione del processo di replicazione e trascrizione del genoma del virus SARS-CoV-2 con esocitosi finale [Fonte: Abu-Farha et al., 2020]

Patogenesi

Trasmissione e sintomatologia

Il virus SARS-CoV-2 è trasmesso mediante droplets e aerosol potendo depositarsi direttamente nelle mucose di persone tra loro vicine oppure su superfici, ma anche a lunga distanza nel caso di goccioline di piccole dimensioni. Una volta immesso nell’ambiente può sopravvivere circa 9 ore sulla cute, 7 ore sulla plastica, 3-4 ore su carta/cartone e 1 ora nell’aria. Se un soggetto sano tocca una superficie infetta e poi i propri occhi, naso o bocca, il virus ha accesso diretto alle mucose e inizia l’infezione. Si sottolinea perciò l’importanza e la necessità di avere cura a lavarsi bene le mani. Inoltre sono state trovate tracce virali anche in feci, urine e secrezioni oculari e si può avere trasmissione anche per via sessuale e con un bacio tra un soggetto infetto e uno sano.

Rappresentazione delle modalità di trasmissione di SARS-CoV-2
Figura 5 – Rappresentazione delle modalità di trasmissione del virus SARS-CoV-2 [Fonte: Mahdi et al., 2020]

Il tempo di incubazione è di circa 4-5 giorni prima della comparsa dei sintomi, anche se in alcuni casi l’infezione è asintomatica. In genere i sintomi giù gravi compaiono dopo 2 settimane dall’inizio della sintomatologia.

L’infezione da SARS-CoV-2 si ritrova in soggetti di tutte le età, tuttavia la gravità dei sintomi è diversa. In generale bambini e giovani adulti (<50 anni) sono asintomatici o con sintomi non più gravi di febbre, tosse secca e fatica. Dopodiché il rischio di incorrere in difficoltà respiratorie, problemi cardiaci, complicazioni multi-organo e necessità di ospedalizzazione fino al decesso aumenta con l’età. Da notare che invece non sono riportati in letteratura rischi o problemi correlati alla gravidanza. Ci sono solo rare descrizioni di trasmissione verticale madre-feto, ma del tutto isolate e non significative.

Infezione delle vie aeree superiori

Le prime cellule attaccate dal virus SARS-CoV-2 sono le cellule ciliate di nasofaringe e trachea e le cellule della mucosa olfattiva. In seguito all’ingresso del virus, oltre alla replicazione virale, si attivano alcuni sistemi di sorveglianza cellulare. Tra questi troviamo recettori citoplasmatici immunitari, detti pattern recognition receptors (PRRs), abili a individuare profili molecolari patogenetici. Una delle molecole più allarmanti è l’RNA a doppio filamento (intermedio di replicazione e trascrizione del genoma virale) che è assolutamente estraneo a una cellula eucariotica. Al contempo, la presenza virale viene riconosciuta da cellule immunitarie, come macrofagi e neutrofili, mediante i loro recettori di membrana TLRs (Toll-Like receptors). In questo modo si innesca una segnalazione antivirale mediata da citochine e interferoni che coinvolge anche l’immunità acquisita (linfociti B e T). In questa condizione compaiono generalmente sintomi non specifici come febbre, mialgia, mal di testa e perdita transiente di gusto e olfatto.

Infezione delle vie aeree inferiori

Se il virus non viene eliminato può diffondersi fino al tratto respiratorio inferiore fino a polmoni e alveoli. La produzione di molecole infiammatorie inizia perciò a prolungarsi nel tempo, convertendo l’infiammazione da processo fisiologico a patologico con una vera e propria tempestacitochinica (uno dei tratti caratteristici che distingue i pazienti ospedalizzati in terapia intensiva). Questo comporta un abbassamento delle difese immunitarie (linfopenia), aumentata produzione di fibrinogeno con ipercoagulazione, aumentando perciò il rischio di mortalità.

Uno dei problemi principali è che si ha il danneggiamento degli pneumociti di tipo 2 imputati sia alla secrezione del surfactante, lubrificante dei polmoni, sia allo scambio di gas, aumentando perciò le difficoltà respiratorie e di ossigenazione sanguigna (ipossiemia). Inoltre, il recettore ACE2 si ritrova anche nell’intestino, fegato e endotelio, spiegando le ulteriori complicazioni multi-organo che accompagnano in alcuni casi la sintomatologia respiratoria.

Metodi di identificazione

Ci sono due categorie di test approvati dall’FDA (Food and Drug Administration) per identificare la presenza di SARS-CoV-2:

  • test diagnostici, comprendono test di amplificazione di acidi nucleici (NAATs) e test antigenici. Permettono di valutare la presenza del virus SARS-CoV-2 e diagnosticare la patologia da COVID19. Il tipo di campione più utilizzato è di tipo respiratorio raccolto con tampone eseguito a livello nasale e/o orale. Altri test diagnostici prevedono l’utilizzo di raccolti orofaringei, nasofaringei o salivari.
  • test sierologici anticorpali, valutano nel sangue la presenza di anticorpi prodotti dal sistema immunitario dell’ospite nei confronti del virus. Questa tipologia di test non viene utilizzata a scopo diagnostico, bensì per controllare la risposta immunitaria del paziente.

Tipi di campione biologico prelevabile

Il tipo di campione biologico per identificare la presenza del virus SARS-CoV-2 dipende in larga parte dai sintomi presenti e dal tempo trascorso dalla loro comparsa.

  • Campione respiratorio. Se deriva dal tratto superiore è adatto a casi di infezione agli stadi iniziali, anche se asintomatici. Si tratta di tamponi nasofaringei o orofaringei che possono essere raccolti con due tamponi diversi e messi in un unico tubino di analisi, oppure raccolti con un unico tampone. In pazienti fragili (anziani o bambini) si può ricorrere alla raccolta dei fluidi orali come la saliva. Per casi di sintomatologia grave si ricorre invece alla raccolta dell’espettorato e/o aspirato endotracheale o lavaggio bronchiolo-alveolare.
  • Campione fecale o sierologico. Si utilizzano in casi in cui il sospetto di infezione persiste nonostante risultati negativi su campioni respiratori. Nel caso del siero si può prelevare un campione durante la fase acuta e uno a distanza di 2-4 settimane per valutare il titolo anticorpale o la sierocoversione per capire se il soggetto è mai entrato in contatto con il virus.
  • Campione post-mortem. Nel caso in cui il paziente decede si può fare un tampone, biopsia con ago o raccolta di tessuto (per esempio polmonare) per analisi istologiche o microbiologiche.

Test di amplificazione di acido nucleico (NAATs)

Si basa su metodiche di amplificazione del materiale genetico su uno o più geni target, in genere usando RT-PCR, LAMP (amplificazione isotermica) o TMA (amplificazione mediata da trascrizione). La RT-PCR (Reverse-Transcriptase PCR) prevede di estrarre e isolare l’RNA virale dal campione, retrotrascriverlo in cDNA (DNA copia) e amplificarlo in un numero elevato di copie usando una Taq DNA polimerasi.

Test di tipo NAAT mediante PCR per l'identificazione di SARS-CoV-2.
Figura 6 – Test di tipo NAAT mediante PCR per l’identificazione della presenza del virus SARS-CoV-2. [Fonte: https://asm.org/Articles/2020/April/COVID-19-Testing-FAQs]

I limiti principali di questo metodo sono la conservazione del campione, la bassa qualità dell’estratto di RNA, costi alti e tempi di attesa prolungati. Nonostante ciò è ad oggi il gold standard nell’identificazione del virus SARS-CoV-2. Infatti il vantaggio è che possiamo partire da pochissime copie di RNA e avere comunque risultati attendibili, per questo è considerato un test altamente sensibile (riduce al minimo i falsi negativi).

Test antigenici

E’ un test immunocromatografico, noto anche come test rapido, che si basa sulla raccolta di campione nasale e/o orale che viene depositato su uno strumento in un apposito alloggio in presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 marcati con molecole cromogene. Dopodiché ci sono altre due bande con anticorpi immobilizzati in corrispondenza delle lettere C e T riportate sullo strumento. Il primo corrisponde al controllo positivo, che certifica l’avvenuta reazione, il secondo è la banda che discrimina la positività dalla negatività del test. Poiché le proteine virali sono riscontrabili esclusivamente in presenza del virus, una positività a questo test indica inequivocabilmente che è in corso l’infezione.

Interpretazione dei risultati del test rapido antigenico anti-SARS-CoV-2
Figura 7 – Interpretazione dei risultati del test rapido antigenico anti-SARS-CoV-2 [Fonte: https://www.westburg.eu/products/genomics-research/dna-genome-analysis/pathogen-detection/covid-19-antigen-rapid-test]

Uno dei vantaggi è che il tempo di attesa del test sono di 10-15 minuti, rivelandosi molto utile in casi di urgenza. Il limite principale è che per rendere la reazione colorimetrica apprezzabile è necessario avere un quantitativo importante di materiale virale. Infatti con questa metodica è molto difficile individuare soggetti con bassa carica ed è quindi alto il rischio di avere risultati falsi negativi.

Test sierologici anticorpali

I test sierologici vengono utilizzati per la ricerca di anticorpi contro proteine del virus SARS-CoV-2 nel sangue. La loro presenza in circolo si riscontra in più dei 50% dei pazienti entro 7 giorni dall’infezione e nel 100% dopo 14 giorni. Gli anticorpi ricercati con maggiore interesse sono le IgM e IgG:

  • IgM: aumentano durante la prima settimana e raggiungono la massima presenza al 14° giorno, dopodiché iniziano a diminuire fino a scomparire. La positività alle IgM indica che il paziente ha un’infezione in corso.
  • IgG: sono individuabili dopo la prima settimana e, a differenza delle IgM, permangono per molto tempo, anche dopo 48 giorni. La positività alle IgG non indica la certezza che il paziente sia infetto e capace a sua volta di trasmettere il virus, suggerisce però che vi è già entrato in contatto.

Di uso comune sono la reazione ELISA (Enzyme-linked immunosorbent assay) e la LIFIA (Lateral flow immunoassay) con manifestazione colorimetrica. Gli strumenti di maggiore uso sono fatti da una membrana con due o tre siti di rilevazione. In figura 8 si riporta il caso in cui si hanno tre siti spot (C, G, M). Il sito C è il controllo positivo in cui gli anticorpi vengono sempre rilevati (riconosciuti da generici anticorpi anti-uomo), mentre nei siti M e G la positività si ha solo in presenza di IgM o IgG. Altri strumenti hanno solo due siti, di cui uno è il controllo positivo e l’altro valuta indistintamente le due classi anticorpali.

Rappresentazione del test sierologico LFIA. E' possibile distinguere i casi di non infezione (a), infezione in corso (b), infezione pregressa (c) e reinfezione (d).
Figura 8 – Rappresentazione del test sierologico LFIA. E’ possibile distinguere i casi di non infezione (a), infezione in corso (b), infezione pregressa (c) e reinfezione (d). [Fonte: Pradhan M. et al., 2021]

Terapie contro il virus SARS-CoV-2, come trattare il COVID19

In questa sezione sono elencate le principali strategie adottate in questi anni di pandemia per bloccare la replicazione virale o a ridurre la sintomatologia da COVID19. Per la prevenzione, dunque l’importante capitolo vaccinazioni contro SARS-CoV-2, si rimanda all’incontro “Vaccini contro SARS-COV-2: differenze, benefici e dubbi” del dott. Salvatore Gemmellaro, tenuto in occasione del webinar “V per Virus – Varianti e Vaccini” organizzato da Microbiologia Italia.

Antivirali

L’utilizzo degli antivirali è rivolto a soggetti non sottoposti a ossigenoterapia ad alto rischio di complicazioni. E’ raccomandato in presenza di fattori di rischio come età superiore a 50 anni, non vaccinati, con patologie croniche e deficit immunitari.

  • Paxlovid, è il primo farmaco autorizzato dall’EMA per il trattamento di adulti e bambini (da 12 anni in su con peso ≥40kg) con sintomatologia lieve-moderata in peggioramento. Sviluppato da Pfizer, consiste in due medicinali, Nirmatrelvir (riduce la replicazione virale) e Ritonavir (prolunga la disponibilità del nirmatrelvir) che vengono presi insieme per bocca 2 volte al giorno per 5 giorni. Tra gli effetti collaterali più comuni troviamo l’alterazione del gusto e diarrea. Tra le reazioni gravi si annoverano reazioni allergiche e problemi epatici.
  • Remdesevir (Veklury), è stato il primo farmaco approvato negli Stati Uniti e Europa contro SARS-CoV-2. E’ raccomandato per trattare adulti e bambini con età superiore ai 28 giorni e peso ≥3kg con sintomatologia lieve-moderata ad alto rischio di peggioramento. Il trattamento deve essere iniziato entro 7 giorni dalla comparsa dei sintomi e mantenuto per 5 giorni in pazienti ospedalizzati, altrimenti sono sufficienti 3 giorni. La prima somministrazione il primo giorno vede una dose di attacco di 200mg, dopodiché le dosi successive sono di 100mg.
  • Molnupamivir (Lagevrio), è un analogo nucleotidico che introduce mutazioni nell’RNA virale impedendone la replicazione. Viene prescritto per il trattamento di adulti con forma lieve-moderata di COVID19 a alto rischio di peggioramento, ospedalizzazione o morte. Il trattamento prevede l’assunzione di 4 compresse ogni 12 ore per 5 giorni. Tra gli effetti collaterali più severi si ritrovano reazioni allergiche, mentre effetti comuni sono diarrea, nausea e vertigini. In data 24/02/2023 l’EMA (Agenzia Europea per i medicinali) ne ha sospeso l’autorizzazione a causa della mancanza di evidenze di benefici in termini di riduzione di mortalità e ospedalizzazione.

Antibiotici

L’Azitromicina è un antibiotico utilizzato per trattare le infezioni batteriche delle alte e basse vie respiratorie. Essendo membro della famiglia dei macrolidi inibisce la sintesi proteica bloccando le subunità dei ribosomi batterici. Nonostante la sua azione sia ovviamente limitata a infezioni batteriche, ha trovato applicazione anche nel trattamento del COVID19. Infatti, studi in vitro e in vivo hanno dimostrato la capacità di ridurre l’infiammazione tessutale, la sintesi di citochine e molecole pro infiammatorie e stimolare il sistema immunitario delle vie respiratorie. Tuttavia, la mancanza di evidenze e di un razionale solido hanno portato l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e altre agenzie mondiali a ribadire la non efficacia degli antibiotici nel trattare l’infezione del virus SARS-CoV-2.

Corticosteroidi ed Eparina

L’attuale standard di cura per pazienti ospedalizzati è rappresentato ad oggi da corticosteroidi e ed eparina. L’uso di corticosteroidi rappresenta uno standard per i pazienti adulti e adolescenti (da 12 anni in su e ≥40kg di peso corporeo) che necessitano di ossigenoterapia, essendo l’unico trattamento capace di ridurre significativamente la mortalità. Le evidenze più robuste derivano dal desametasone, somministratile per via orale o tramite iniezione o infusione in vena. Tuttavia è comprovata l’efficacia anche di molecole alternative come il prednisone, metilprednisolone o idrocortisone.

L’uso di eparine a basso peso molecolare è indicato per profilassi e trattamento della trombosi venosa profonda e embolia polmonare in pazienti allettati o con ridotta mobilità. La sua attività è rivolta a ridurre infatti la probabilità di formazione di coaguli nel sangue. Complicanze di questo tipo sono comuni della malattia da COVID19, raggiungendo l’incidenza del 28% nei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Perciò questo trattamento rientra nelle strategie di contenimento non della replicazione del virus, bensì dell’infiammazione e delle sue conseguenze.

Anticorpi monoclonali

Sono proteine prodotte sinteticamente per legarsi a target coinvolti nella patogenesi. Per esempio il Tocilizumab e il Sarilumab sono anticorpi monoclonali contro il recettore dell’interleuchina 6 (mediatore dell’infiammazione) sia di membrana che solubile per bloccare i segnali da esso mediati. Altro target possono essere invece proteine virali, tra cui la nota proteina Spike, con lo scopo di limitare l’infezione con due meccanismi principali. Il primo è la neutralizzazione del patogeno, impedendo il legame Spike-ACE2 ed il conseguente ingresso nella cellula target. Il secondo è la distruzione del virione mediante meccanismi immunomediati attivati dal riconoscimento dell’anticorpo.

Tuttavia gli anticorpi monoclonali mostrano non poche criticità.

  • Soffrono particolarmente le varianti, facendo emergere problematiche di farmaco resistenza dovute alle mutazioni del genoma virale.
  • E’ una terapia limitata a certi pazienti nelle fasi precoci dell’infezione, mentre è meno utile per coloro che hanno già montato una risposta immunitaria. Infatti il trattamento con anticorpi monoclonali deve essere iniziato preferenzialmente entro 72 ore dalla comparsa dei sintomi.
  • La protezione anticorpale che si viene a creare decresce nel tempo e si pensa possa proteggere soltanto per pochi mesi.
  • Accessibilità ridotta a causa della necessità di somministrazione per infusione intravenosa o intramuscolare, costi di produzione elevati e difficoltà di stoccaggio.

Altri farmaci

Oltre ai farmaci precedentemente citati, l’AIFA ne elenca altri nel trattamento della malattia COVID19. Tra questi troviamo:

  • Anakinra (Kineret®), è un farmaco di uso ospedaliero rivolto a soggetti ospedalizzati con forma severa di infezione da SARS-CoV-2. Il razionale alla base del suo utilizzo è che è un antagonista del recettore dell’interleuchina 1 utilizzato in patologie del sistema immunitario come l’artrite reumatoide. Si pensa che possa contribuire a ridurre la risposta infiammatoria aberrante che si viene a generare con l’infezione da SARS-CoV-2. Tuttavia, non rientra nelle maggiori linee guida internazionali per il trattamento di COVID19.
  • Baricitinib (Olumiant®), è un farmaco ospedaliero rivolto a forme gravi di COVID19. E’ un inibitore di enzimi cellulari, detti Jak1 e 2 (Janus chinasi) coinvolti nella risposta immunitaria e infiammatoria. Come l’Anakinra è utilizzato nel trattamento dell’artrite reumatoide e altre patologie del sistema immunitario.
  • Idrossiclorochina (Plaquenil) è un antimalarico in uso in campo reumatologico. Il suo utilizzo fu preso in considerazione essendo capace di alterare il pH cellulare e quindi di limitare la fusione virus-cellula (essendo un processo pH dipendente), e poichè possiede attività immunomodulante. Tuttavia nel maggio 2020 l’AIFA ha sospeso l’autorizzazione in ambito ospedaliero e domiciliare per trattare casi di infezione da SARS-CoV-2.

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Alessandro Fani

Sono Alessandro Fani, studente di biotecnologie mediche e farmaceutiche magistrale presso l'Università degli studi di Firenze. Sono appassionato di innovazione in ogni suo settore con particolare interesse alla biologia e biotecnologie. Fare divulgazione scientifica lo ritengo un importante strumento sia per chi legge sia per chi scrive per poter, in entrambi i casi, aumentare e ampliare le proprie conoscenze.

1 commento su “Virus SARS-CoV-2”

  1. Buondì, spiace leggere che, ancora a luglio 2023, si citi la trasmissione via aerosol (che è quella PREVALENTE) *ma non si indica* che la prevenzione più corretta di quest’ultima sono le *mascherine FFP2 e l’aerazione meccanica* dei locali al chiuso… l’igiene delle mani è utile ma insufficiente, con un *virus aereo* 🙂

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